Leggerete di seguito le parole del professore. Personalmente, sintetizzando all'etremo il concetto, mi sembra di capire che Galli della Loggia voglia ricordare ai paesi del Nord Europa , Germania in primis, che l'Unione Europea o ha unna ragione fondante POLITICA, o NON ESISTERA' (come in effetti allo stato minaccia di essere).
I tedeschi, ricorda della Loggia, si muovono come creditori che vogliono giuste garanzie per i loro soldi, in questo ricalcando l'atteggiamento del Fondo Monetario Internazionale. Ma se questa posizione è giusta per il secondo, per Galli della Loggia non lo è per la Germania che esce da un'ottica di patto INTER PARES per assumere una posizione di supremazia, che non esiste in una unione ancorché federata di Stati.
Aggiungerei, a riprova di questa analisi, che anche i tedeschi stanno mostrando grande gelosia per la propria sovranità nazionale, accusa finora toccata agli inglesi, che infatti si guardano bene di rinunciare alla Sterlina,e soprattutto ai francesi.
La prima prova è stato l'immdiato ricorso alla Corte Costituzionale nazionale contro l'approvazione parlamentare del Fondo Salva Stati e del Fiscal Compact, con delibera comodamente spostata al 12 settembre mentre nel frattempo i mercati falcidiano le finanze degli stati in difficoltà, e la seconda all'attacco forsennato contro Mario Monti ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/08/accidenti-i-tedeschi-si-sono-incazzati.html ) che ha osato dire che la Germania dovrebbe cambiare passo e, preso atto dei cambiamenti avviati dai paesi in difficioltà, incoraggiarli con un'atteggiamento di maggiore fiducia. E questo anche a costo , dapa rte della Cancelleria, di "Guidare" il parlamento e un'opinione pubblica "restia".
Se questa fiducia non ce la meritiamo, come in molti sostengono anche in Italia e non senza argomenti validi, allora tanto vale farla finita con l'idea di una Europa Unita. In fondo, per poter viaggiare da un paese all'altro con la sola carta d'Identità, per fare gli erasmus e altre cose così mica c'è bisogno degli Stati Unti d'Europa . Bastano dei semplici trattati plurilaterali e amen.
L'Europa è sopravvissuta a due guerre mondiali, al nazismo e al comunismo (a est), potrà ben sopravvivere se si facesse marcia indietro su un sogno che non riesce a progredire e che nella palude in cui si è impantanato sta facendo più danni che altro.
Quindi o si recupera, come scriveva Sergio Romano ieri sempre sul Corsera, lo spirito dei grandi uomini di stato che hanno immaginato un'Europa Unita, parliamo di Schuman , Adenauer e De Gasperi, oppure non è che non si possano avere rapporti comuni senza la garrota che sta diventanto Bruxelles .
Negli anni 50 del secolo scorso, l'obiettivo di quei grandi uomini non era attrezzarsi per competere nell'economia globale - cosa che l'euro non sta affatto garantendo - ma stabilire dei rapporti continuativi, stretti, di natura commerciale ma non solo, per evitare che gli europei ( Francia e Germania in primo luogo, che per secoli non hanno fatto che combattersi) proseguissero ciclicamente a massacrarsi.
Per far questo si guardò AVANTI, perché voltandosi indietro non si sarebbe potuto che fare la fine di Orfeo che nell'Ade cede alla tentazione di girare la testa per vedere se Euridice lo segue , finendo per perderla per sempre.
E quindi questi uomini, a nmmeno 10 anni da un conflitto che aveva visto consumarsi atrocità mai viste nella storia dell'uomo, riescono a non parlarne, a non rinfacciarsi colpe che grondano ancora sangue, e ad immaginare invece un futuro INSIEME, che garantisca finalmente la pace.
Oggi c'è chi dice che si poté fare grazie all'aiuto americano (il piano Marshall) e al fatto che i maggiori fruitori di quella sorta di "azzeramento del passato" furono proprio i tedeschi.
SIccome i due dati oggettivi sono veri , potrebbe essere plausibile la conclusione.
Resta il fatto che andò così, e solo se si recupera quello spirito è possibile che il cammino della integrazione europea riprenda.
Se no, rassegniamoci e facciamola finita con scenari da armageddon. Il Mondo continuerà anche senza l'Euro. Costerà all'inizio, ma alla fine esisteremo ancora, e forse con più dignità.
Ecco l'articolo di Galli della Loggia
Non è solo una questione
di soldi
Ormai dovremmo saperlo, ma giova ripeterlo. Abbiamo vissuto per anni
indebitandoci allegramente. Per anni l’Italia ha rappresentato un esempio da
manuale di colpevole democrazia della spesa non coperta da entrate adeguate; cioè
di una classe politica irresponsabile (la stessa, peraltro, che tra poco più di
sei mesi ci chiederà il voto), la quale pensava sempre solo al suo consenso e
mai al futuro del Paese. E anche un esempio, per favore non dimentichiamolo, di
cittadini sempre avidi, ogni volta che ne avevano la forza, di chiedere soldi
pubblici e privilegi a carico dell’erario. Di questi fondatissimi dati di fatto
si fa forte Stefano Micossi sul Corriere di ieri, e con lui altri cortesi
critici del mio editoriale di domenica scorsa, per sottolineare che è vano
«stupirsi - come io avrei fatto - se il condominio dell’euro non si fida di noi
e ci mette sotto tutela», imponendoci condizioni lesive della nostra sovranità.
Insomma, «chi è causa del suo mal» con quel che segue. Sennonché le cose - a me
sembra - sono un pò più complicate. Cerco di spiegarmi aiutandomi con un
paragone. Quello con il Fondo monetario internazionale, il quale, come si sa,
presta aiuto finanziario ai Paesi in difficoltà a patto che questi seguano le
indicazioni di politica economica che esso di volta in volta suggerisce loro.
Anche qui, dunque, è implicata una cessione di sovranità, ma di essa nessuno si
è mai meravigliato. Da che mondo è mondo, infatti, la dura condizione
d’inferiorità del debitore obbliga questi a stare ai desiderata del creditore.
O fa come vuole lui, o niente. È a tutti evidente, però, la differenza tra
questo caso e il nostro attuale. Per due ragioni. La prima - fondamentalissima
- è che il fondo monetario non è uno Stato. La seconda sta nel fatto che dal
canto suo la Germania (parlo solo della Germania non per spirito antitedesco,
ma per comodità discorsiva, in quanto rappresentativa dell’intera area
economicamente forte e virtuosa dell’eurozona) non ha né può avere con
l’Italia, che le piaccia o meno, un rapporto come quello, a suo modo assai
semplice nella sua limpida brutalità, tra chi ha bisogno di soldi e chi ne
dispone. La Germania non è il rappresentante autorizzato né dei sottoscrittori
stranieri del nostro debito pubblico né del fondo salva Stati (e tra l’altro in
questa fase si sta avvantaggiando rispetto agli altri Paesi finanziandosi a
tassi negativi). È un Paese che ha con il nostro (e non solo, naturalmente) un
assai antico e complesso rapporto di solidarietà politica a tutto campo qual è
da decenni quello definito dalla costruzione europea e da una connessa,
amplissima, condivisione istituzionale. Entrambe queste ragioni hanno una
conseguenza decisiva. Squarciano l’involucro economico del discorso e ne fanno
emergere con forza il contenuto politico che alla fine è l’unico che conta, dal
momento che - qualunque cosa dicano i vari trattati, anche quelli di natura più
tecnica - il senso e la ragione ultima dell’Unione Europea sono per l’appunto
un senso e una ragione di natura intrinsecamente politica (anche se questa non
è mai riuscita a concretizzarsi in istituzioni adeguate). Ma proprio da un tale
punto di vista, proprio se tutto ciò è vero, come si fa allora a non vedere
l’immane incidenza politica che nell’ambito di un insieme unitario e paritario
di Stati, come finora ha detto di essere la Ue, avrebbe la perdita di sovranità
da parte di uno (o più) di essi? Come si fa a non mettere al centro del
problema il fatto che alla perdita di sovranità, e dunque di ruolo e di peso politico
da parte di uno Stato, corrisponderebbe necessariamente e immediatamente
l’accrescimento di ruolo e di peso di un altro (quello della Germania)? E come
si fa, infine, a considerare trascurabile l’effetto profondo ma inevitabile che
questo spostamento di pesi politici avrebbe sulla natura politica, ma prima di
tutto storica, della costruzione europea? Trasformandola definitivamente in
un’Unione euro-carolingia a dominazione tedesca, mille miglia lontana da
qualunque cosa l’europeismo di qualunque colore abbia mai pensato. È davvero
questo che si vuole all’Aia, a Helsinki, e pure a Berlino? Altro che debitori e
creditori, «è colpa vostra», «è merito nostro», e chiacchiere simili. Tutte
cose vere, per carità, verissime. Ma che non colgono il punto. Il punto vero è
che oggi sullo spread e sull’impiego del Fondo salva Stati a favore dei Paesi
dell’Europa mediterranea non si gioca un braccio di ferro finanziario: si
decide in realtà la questione, integralmente politica, di che cosa sarà in
futuro l’Unione Europea e di che cosa saranno i regimi politici di una parte di
essa.
P .S.: Cedendo all’antica tentazione nazionale di apparire sempre, di
qualunque cosa si tratti, come i primi della classe, molti politici e
commentatori tedeschi si sono trasformati nelle ultime ore in accigliati
maestrini di democrazia ai danni del nostro presidente del Consiglio. Accusato
- nientedimeno! - di aver manifestato in una intervista a Der Spiegel disprezzo
verso il controllo parlamentare sui governi, fondamento di ogni regime rappresentativo.
Ma è un gioco che mostra la corda. Estrapolando cinque parole si può far dire
qualunque cosa a chiunque. Altro discorso però è darlo a credere davvero a chi
conosce bene la personalità di Mario Monti. Come la conosce, per l’appunto, la
stragrande maggioranza degli italiani: salvo ahimè i pochi politicanti da
quattro soldi prestatisi anche questa volta, come spesso capita, a fare da
cassa di risonanza alle maldicenze d’Oltralpe.
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