domenica 12 agosto 2012

SE CHIUDO, COME LO PAGO LO STIPENDIO A 12.000 PERSONE ?

 

L'intervista all'ex Prefetto di Milano, Ferrante, oggi amministratore delegato dell'ILVA sottoposta a sequestro, mostra un uomo RAGIONEVOLE. Vale a dire munito di una dote che dovrebbe essere appannaggio anche della Magistratura, ma che a Taranto poco si sta vedendo da parte della GIP Patrizia Todisco.
Il Giudice in questione aveva, dopo aver letto la perizia dei suoi esperti, disposto il sequestro cautelare del reparto dell'ILVA dal quale provengono le immissioni inquinanti, disponendone lo spegnimento. Il che equivale a chiudere l'azienda. 12.000 persone a casa, più l'indotto, diciamo che abbiamo circa 50.000 persone messe sul lastrico.E mica so problemi del giudice ! Lui applica la legge ! Il che sarebbe anche vero, se non fosse che in tanti contestano il contenuto catastrofico di quelle perizie, sostenendo che si possa migliorare fino ad annullare l'impatto ambientale dell'ILVA senza chiudere la fabbrica. Certo, ci vorrà del tempo, ma l'importante è che si inizi subito e che si controlli che effettivamente la bonifica abbia corso.
E' stata la soluzione apparentemente adottata dai Giudici del Riesame, che nell'approvare il sequestro disposto dal GIP non ne hanno condiviso la chiusura dei reparti incriminati. 
Restava però il dubbio, in attesa delle motiviazioni del Tribunale, se il reparto che restava funzionante, lo fosse SOLO in funzione dei lavori di bonifica o potesse continuare anche a produrre. Fino ad oggi è stato così. Ma la Todisco, irragionevolmente e con arroganza da troppo potere, non ha atteso le motivazioni del Tribunale, organo a lei SUPERIORE, e ha chiarito LEI, come doveva intendersi l'ordinanza : stop alla produzione.
Scontate le asprissime critiche anche da parte della sinistra di governo ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/08/caso-ilva-terza-puntata-ma-questo-gip.html ).
In attesa di leggere quali fossero le vere intenzioni dei Giudici del Riesame, e/o che questi si pronuncino nuovamente, non vi è dubbio che tra Ferrante e la Todisco il primo appaia persona sensata e la seconda la nuona  invasata da furore giustizialista. Il Procuratore di Taranto dice che loro non fanno politica, applicano solo la legge...è una canzoncina nota  a cui in pochi ormai credono ancora.
Ecco l'intervista pubblicata dal Corriere della Sera


 Vertice straordinario a Milano. «Scelta che aumenta la tensione»
Ferrante: «E' chiaro che vogliono chiuderci»
 


Blu jeans, camicia casual, giacca sulla spalla e le carte del giudice fra le mani. Un Bruno Ferrante informale si presenta nella sede Ilva di Milano alle quattro di un pomeriggio deserto. Il presidente dell'acciaieria più grande d'Europa ha convocato al volo un consiglio d'amministrazione straordinario. Spegne il telefonino e si infila dritto nella sala consiliare.

Un paio d'ore dopo, faccia stanca e fogli d'appunti sotto braccio, si avvia verso la sua Smart con l'aria sconsolata. «Non ce l'aspettavamo, assolutamente. Per noi è una doccia fredda» dice. Preoccupati? «Beh, a questo punto direi che è chiaro che una parte dei nostri interlocutori vuole chiudere l'Ilva. Siamo preoccupati, sì, sorpresi e molto preoccupati. Ma arresi mai. Andremo avanti fino alla fine di questa strada, faremo tutto ciò che serve per far valere le nostre ragioni». L'ex prefetto di Milano, l'uomo delle istituzioni scelto alla guida del gigante d'acciaio per la sua capacità di tessere relazioni e dialoghi con istituzioni e magistratura, adesso si sente sott'attacco. «Se la mia persona serve a rendere più forte le ragioni di quel dialogo è un bene. Però provvedimenti così drastici aumentano la tensione e rendono tutto più difficile. Comunque anche qui: niente resa. Sono convinto che un punto d'incontro sia ancora possibile».

La domanda del futuro è: se lo stabilimento non può produrre si può immaginare la cosiddetta «messa in libertà» per i lavoratori. Esiste il rischio del «tutti a casa»? Ferrante premette che «è prematuro parlare di qualunque cosa» ma aggiunge che di «tutti a casa» non vuole nemmeno sentirne parlare. E poi: «Io so soltanto che dire no all'attività produttiva vuol dire togliere la linfa vitale all'azienda. Viene meno la ragione stessa dell'esistenza dell'Ilva.  
E poi, banalmente: se non produco come faccio a pagare 12 mila persone?».

È sincero, l'ex prefetto, quando descrive la «sua» Ilva che «è vero, si è difesa male in sede processuale nel corso del tempo. Ha avuto un atteggiamento che poteva sapere un po' di arroganza e presunzione. C'è stato un difetto di comunicazione e un eccesso di conflittualità perché impugnava qualsiasi provvedimento». Ma adesso, almeno da quando è arrivato lui, le carte in tavola sono cambiate, «quell'atteggiamento è sparito» valuta lui. Possibile che nessuno ne tenga conto? Questo sembra chiedersi il presidente del gruppo siderurgico da 20 mila operai quando dice che «registro in tutti quelli con cui ho parlato un enorme sentimento di sorpresa. Dal ministro Clini al presidente della Regione Vendola ai sindacati... C'è stupore, specialmente dopo la decisione del Riesame che apriva la via di un risanamento possibile e dopo l'intesa che l'Ilva ha raggiunto con le istituzioni sulle cose da fare. Alcune di quelle cose le abbiamo proposte noi senza che ci sia nessun obbligo di legge».

C'è amarezza, nelle parole di Ferrante. Che proprio non si capacita di questa «grande differenza», come la definisce, fra la sentenza del Riesame e la nuova decisione del giudice Patrizia Todisco. «Il Riesame ci diceva "usate gli impianti al fine di risanare" e c'era in sottofondo anche la minaccia reale: "Se non risanate sappiate che chiuderete". Adesso il gip ribalta tutto. La sua logica è: "Non dovete produrre, dovete terminare l'attività". La chiusura è il suo obiettivo e non una possibilità alla quale si arriva se si è inadempienti».

Nel provvedimento del giudice c'è anche una riduzione degli incarichi che l'ex prefetto aveva avuto dal tribunale del Riesame. Non più custode e amministratore delle aree e degli impianti sotto sequestro ma responsabile delle questioni amministrative legate al personale. Un passaggio che Ferrante non vuole leggere come una dichiarazione di guerra. «Gli scenari di questa storia cambiano così velocemente che aggiorniamo le agende di ora in ora» dice. «Il mio compito, quello vero, è cercare di trovare una soluzione ragionevole per salvare l'azienda. Io ho sempre rispettato la magistratura, come credo che tutti possano riconoscermi. Ma in questo caso credo che fermare la produzione non sia per nulla ragionevole. Faremo ricorso e intanto aspetteremo le motivazioni del Riesame, come pensavamo che avrebbero fatto i nostri interlocutori della giustizia».

Fa un caldo moderato, all'ombra della sede milanese dell'Ilva. Il presidente guarda il telefonino che si illumina ogni dieci quindici secondi. Lo chiamano in mille. «Tutto lavoro per le prossime ore» sorride. Sale in macchina e torna a casa. «Vorrei riposare un po'». Oggi sarà un'altra giornata in salita. Per non parlare di domani: destinazione Taranto.

1 commento:

  1. ILVA DI TARANTO.??? Hanno spremuto raschiato il sudore degli schiavi di tutta italia la "Casta Politica"

    Ora si meravigliano perche le Istituzioni da loro occupate non hanno piu stima dal popolo.-

    "irta la china - ripida la scesa.!!!

    E' stanno ancora a "bofonchiare" fra di loro come stare al seggiolone. .- tanto gli italiani sono dei coglioni . f.to Berluska.-!!!

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