L'intervista all'ex Prefetto di Milano, Ferrante, oggi amministratore delegato dell'ILVA sottoposta a sequestro, mostra un uomo RAGIONEVOLE. Vale a dire munito di una dote che dovrebbe essere appannaggio anche della Magistratura, ma che a Taranto poco si sta vedendo da parte della GIP Patrizia Todisco.
Il Giudice in questione aveva, dopo aver letto la perizia dei suoi esperti, disposto il sequestro cautelare del reparto dell'ILVA dal quale provengono le immissioni inquinanti, disponendone lo spegnimento. Il che equivale a chiudere l'azienda. 12.000 persone a casa, più l'indotto, diciamo che abbiamo circa 50.000 persone messe sul lastrico.E mica so problemi del giudice ! Lui applica la legge ! Il che sarebbe anche vero, se non fosse che in tanti contestano il contenuto catastrofico di quelle perizie, sostenendo che si possa migliorare fino ad annullare l'impatto ambientale dell'ILVA senza chiudere la fabbrica. Certo, ci vorrà del tempo, ma l'importante è che si inizi subito e che si controlli che effettivamente la bonifica abbia corso.
E' stata la soluzione apparentemente adottata dai Giudici del Riesame, che nell'approvare il sequestro disposto dal GIP non ne hanno condiviso la chiusura dei reparti incriminati.
Restava però il dubbio, in attesa delle motiviazioni del Tribunale, se il reparto che restava funzionante, lo fosse SOLO in funzione dei lavori di bonifica o potesse continuare anche a produrre. Fino ad oggi è stato così. Ma la Todisco, irragionevolmente e con arroganza da troppo potere, non ha atteso le motivazioni del Tribunale, organo a lei SUPERIORE, e ha chiarito LEI, come doveva intendersi l'ordinanza : stop alla produzione.
Scontate le asprissime critiche anche da parte della sinistra di governo ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/08/caso-ilva-terza-puntata-ma-questo-gip.html ).
In attesa di leggere quali fossero le vere intenzioni dei Giudici del Riesame, e/o che questi si pronuncino nuovamente, non vi è dubbio che tra Ferrante e la Todisco il primo appaia persona sensata e la seconda la nuona invasata da furore giustizialista. Il Procuratore di Taranto dice che loro non fanno politica, applicano solo la legge...è una canzoncina nota a cui in pochi ormai credono ancora.
Ecco l'intervista pubblicata dal Corriere della Sera
Vertice straordinario
a Milano. «Scelta che aumenta la tensione»
Ferrante: «E' chiaro che vogliono chiuderci»
Blu jeans, camicia casual, giacca sulla spalla e le carte
del giudice fra le mani. Un Bruno Ferrante informale si presenta nella sede
Ilva di Milano alle quattro di un pomeriggio deserto. Il presidente
dell'acciaieria più grande d'Europa ha convocato al volo un consiglio
d'amministrazione straordinario. Spegne il telefonino e si infila dritto nella
sala consiliare.
Un paio d'ore dopo, faccia stanca e fogli d'appunti sotto
braccio, si avvia verso la sua Smart con l'aria sconsolata. «Non ce
l'aspettavamo, assolutamente. Per noi è una doccia fredda» dice. Preoccupati?
«Beh, a questo punto direi che è chiaro che una parte dei nostri interlocutori
vuole chiudere l'Ilva. Siamo preoccupati, sì, sorpresi e molto preoccupati. Ma
arresi mai. Andremo avanti fino alla fine di questa strada, faremo tutto ciò
che serve per far valere le nostre ragioni». L'ex prefetto di Milano, l'uomo
delle istituzioni scelto alla guida del gigante d'acciaio per la sua capacità
di tessere relazioni e dialoghi con istituzioni e magistratura, adesso si sente
sott'attacco. «Se la mia persona serve a rendere più forte le ragioni di quel
dialogo è un bene. Però provvedimenti così drastici aumentano la tensione e
rendono tutto più difficile. Comunque anche qui: niente resa. Sono convinto che
un punto d'incontro sia ancora possibile».
La domanda del futuro è: se lo stabilimento non può produrre
si può immaginare la cosiddetta «messa in libertà» per i lavoratori. Esiste il
rischio del «tutti a casa»? Ferrante premette che «è prematuro parlare di
qualunque cosa» ma aggiunge che di «tutti a casa» non vuole nemmeno sentirne
parlare. E poi: «Io so soltanto che dire no all'attività produttiva vuol dire
togliere la linfa vitale all'azienda. Viene meno la ragione stessa
dell'esistenza dell'Ilva.
E poi, banalmente: se non produco come faccio a
pagare 12 mila persone?».
È sincero, l'ex prefetto, quando descrive la «sua» Ilva che
«è vero, si è difesa male in sede processuale nel corso del tempo. Ha avuto un
atteggiamento che poteva sapere un po' di arroganza e presunzione. C'è stato un
difetto di comunicazione e un eccesso di conflittualità perché impugnava
qualsiasi provvedimento». Ma adesso, almeno da quando è arrivato lui, le carte
in tavola sono cambiate, «quell'atteggiamento è sparito» valuta lui. Possibile
che nessuno ne tenga conto? Questo sembra chiedersi il presidente del gruppo
siderurgico da 20 mila operai quando dice che «registro in tutti quelli con cui
ho parlato un enorme sentimento di sorpresa. Dal ministro Clini al presidente
della Regione Vendola ai sindacati... C'è stupore, specialmente dopo la
decisione del Riesame che apriva la via di un risanamento possibile e dopo
l'intesa che l'Ilva ha raggiunto con le istituzioni sulle cose da fare. Alcune
di quelle cose le abbiamo proposte noi senza che ci sia nessun obbligo di
legge».
C'è amarezza, nelle parole di Ferrante. Che proprio non si
capacita di questa «grande differenza», come la definisce, fra la sentenza del
Riesame e la nuova decisione del giudice Patrizia Todisco. «Il Riesame ci
diceva "usate gli impianti al fine di risanare" e c'era in sottofondo
anche la minaccia reale: "Se non risanate sappiate che chiuderete".
Adesso il gip ribalta tutto. La sua logica è: "Non dovete produrre, dovete
terminare l'attività". La chiusura è il suo obiettivo e non una
possibilità alla quale si arriva se si è inadempienti».
Nel provvedimento del giudice c'è anche una riduzione degli
incarichi che l'ex prefetto aveva avuto dal tribunale del Riesame. Non più
custode e amministratore delle aree e degli impianti sotto sequestro ma
responsabile delle questioni amministrative legate al personale. Un passaggio
che Ferrante non vuole leggere come una dichiarazione di guerra. «Gli scenari
di questa storia cambiano così velocemente che aggiorniamo le agende di ora in
ora» dice. «Il mio compito, quello vero, è cercare di trovare una soluzione
ragionevole per salvare l'azienda. Io ho sempre rispettato la magistratura,
come credo che tutti possano riconoscermi. Ma in questo caso credo che fermare
la produzione non sia per nulla ragionevole. Faremo ricorso e intanto
aspetteremo le motivazioni del Riesame, come pensavamo che avrebbero fatto i
nostri interlocutori della giustizia».
Fa un caldo moderato, all'ombra della sede milanese
dell'Ilva. Il presidente guarda il telefonino che si illumina ogni dieci
quindici secondi. Lo chiamano in mille. «Tutto lavoro per le prossime ore»
sorride. Sale in macchina e torna a casa. «Vorrei riposare un po'». Oggi sarà
un'altra giornata in salita. Per non parlare di domani: destinazione Taranto.
ILVA DI TARANTO.??? Hanno spremuto raschiato il sudore degli schiavi di tutta italia la "Casta Politica"
RispondiEliminaOra si meravigliano perche le Istituzioni da loro occupate non hanno piu stima dal popolo.-
"irta la china - ripida la scesa.!!!
E' stanno ancora a "bofonchiare" fra di loro come stare al seggiolone. .- tanto gli italiani sono dei coglioni . f.to Berluska.-!!!