Brutte - o buone, a secondo degli occhi di chi guarda - notizie da Barcellona. Un milione e mezzo di catalani riempiono le piazze della capitale della Catalogna chiedendo l'indipendenza. Aspirazione antica, si sa, ma che non a caso esplode adesso con più virulenza a causa della crisi. E sì perché lo Genarilitat, che amministra l'amplissima autonomia catalana, non ha più soldi ma ha scoperto che se non desse il 10% delle tasse che paga a Madrid , togliendole da quanto pagato dai suoi concittadini, i conti tornerebbero...
Il pensiero mi è corso immediatamente alla "Padania" e poi all'Europa.
Mi spiego meglio. La questione settentrionale, sollevata dalle varie Leghe (lombarda, veneta e solo poi NORD) , è questione SERIA. Studiosi e osservatori (ne cito solo uno, Luca Ricolfi, col suo "Il sacco del Nord" seguito da "La Repubblica delle Tasse" ) che nulla hanno a che fare con i discorsi "Padani", i celti, l'acqua del Po, e cose del genere, da tempo rilevano come non sia possibile proseguire con l'attuale sperequaxione tra Nord e Sud. In primo luogo perché appunto INIQUA, poi perché così si è impoverito il Nord, senza che il Sud sia nel frattempo cresciuto in modo da rendersi più autosufficiente, e infine perché ciò che è sopportabile in tempo di benessere non lo è quando si entra in sofferenza.
Insomma, la SOLIDARIETA' è una bella parola, che però richiede comportamenti responsabili da parte dei beneficiati. Se questo non avviene, il solidale si stanca. Se poi addirittura questa solidarietà finisce per farmi diventare povero pure a me, e allora ci vuole la "santità", che è cosa meravigliosa ma non umana.
Tanto è vero che l'"egoismo" lo si vede sempre rimproverato da chi chiede e praticato da chi ha, ma basterebbe invertire i rapporti di forza per assistere ad uno speculare cambio di ruoli.
E così i lombardo veneti sono egoisti, come i catalani, come i tedeschi.
A giustificare questo umanissimo atteggiamento (Piero Ostellino si affanna ogni volta a spiegarlo dalle pagine del Corriere : bisogna fare i conti con quello che l'uomo è, non come vorremmo farlo diventare ! che è poi in nuce la differenza tra Stato di Diritto , che si limita a verificare che le regole condivise per la convivenza tra uguali siano osservate , e lo Stato Etico, che "insegna" e "forgia" l'uomo nuovo...) si scomoda la Storia.
E quindi i Catalani rivendicano da sempre di essere un popolo a parte (come i baschi) e non accettano il "dominio" Castigliano. I Tedeschi possono dirsi scettici di una loro comunanza con gli europei del sud, cattolici, indisciplinati , con una lingua di ceppo tutto diverso dalla loro...I "padani" in effetti una loro storia, al di là delle barzellette, non ce l'hanno (già diverso il discorso per le regioni alpine, di lingua tedesca e ladina.... lì mi aspetto guai...) , però è anche vero che l'Italia unita è cosa non solo recentissima (150 anni, un soffio ! gli Stati Uniti, il "nuovo mondo" sono 100 anni più vecchi di noi ! ) ma per di più molto controversa . Grazie a Dante e i suoi successori, la questione fu posta anticamente, e una lingua italiana ha radici profonde. Ma una POLITICA UNITARIA ?? Un sentimento autenticamente Nazionale (a parte quando gli azzurri vincono, e solo se vincono)
Di qui le istanze federaliste invocate da persone che avevano e hanno a cuore l'unità nazionale come unico vero antidoto per coniugare diversità, responsabilità in un contesto comunque unitario e solidale (ma NON assistenziale ). La Lombardia , che ha un tasso negativo del 30% tra quello che paga allo Stato centrale e si vede ritornato dallo stesso, farebbe i salti di gioia a stare al posto della Catalogna , se si vedesse privata del 10% ! E così un po' tutto il centro nord, con saldi ovviamente differenti. Questo richiede una rivoluzione al Sud, che in 150 anni non c'è stata, nonostante tutte le sovvenzioni, gli investimenti decerebrati fatti soprattutto nell'Italia Repubblicana. Fiumi di denaro sono scesi lungo lo stivale, con quali risultati ? Attenzione, io sono di Roma, e quand'anche leggo che il Lazio è un'altra regione che pare dia più di quanto non veda restituito (francamente una sorpresa ma questi sono i dati : -.2500 euro l'anno pro capite, addirittura terzi nel saldo negativo dopo Lombardia , - 4.600, ed emilia Romagna , che ci supera di poco ) non ho mai pensato alla mia regione come ad una "sfruttata" dal sud. Però il problema esiste, eccome.
A Bruxelles si sbrigano a gettare acqua sul fuoco, dicendo che l'Indipendenza della Catalogna , per essere riconosciuta in Europa, a livello dell'Unione, con tutto quello che ne segue, dovrebbe avere il consenso unanime di tutti gli Stati membri. Cosa complessa. Però quando ci sono i soldi di mezzo...La Genarilitat pare non avere più denaro per gli stipendi, per servizi importanti, e pretende la completa autonomia anche fiscale, altrimenti ognun per sé.
Cari Monti e Befera, il fisco è materia delicata.....attenti a tirare troppo la corda.
Ecco la notizia di cronaca su la Repubblica
A Barcellona un
milione e mezzo in piazza per chiedere
l'indipendenza da Madrid
BARCELLONA - C'è una
svolta inattesa, dalle conseguenze abbastanza imprevedibili, nella crisi
spagnola: un milione e mezzo di catalani (due milioni secondo gli
organizzatori) hanno invaso le vie del centro di Barcellona con le bandiere a
strisce gialle e rosse per chiedere l'indipendenza della Catalogna dal resto
della Spagna.
È stata la più
grande manifestazione nazionalista dagli anni successivi alla fine della
dittatura franchista, con la differenza che allora, erano gli anni Settanta del
secolo scorso, i catalani scendevano in piazza per pretendere l'autonomia
mentre oggi invocano l'indipendenza.
Secondo un recente sondaggio,
pubblicato da La Vanguardia, storico giornale della borghesia catalana, il
51,1% dei catalani voterebbe oggi a favore della secessione dalla Spagna. Dieci
anni fa erano meno del 36 percento. Dietro i sussulti indipendentisti c'è la
durissima crisi economica che ha colpito una delle regioni più ricche del
paese. La Generalitat, il governo autonomo regionale, è in bancarotta. Non ha
più soldi per gli ospedali, per le scuole, per la normale attività
amministrativa e non riesce a rifinanziare il suo debito.
Tutti questi guai
hanno, secondo i partiti nazionalisti, un solo colpevole: Madrid. Che si
rifiuta di accettare la proposta del cosiddetto "patto fiscale": la
possibilità che sia direttamente Barcellona a riscuotere le proprie tasse.
L'ingresso diretto dei tributi nelle casse del governo regionale (senza passare
per il ministero delle Finanze nazionale che poi le distribuisce alle regioni)
è in realtà l'ultimo passo verso la totale autonomia, già oggi molto larga
(comprende Istruzione, Sanità, Sicurezza e molto altro).
Secondo gli
amministratori locali e secondo il governatore catalano, Artur Mas, la
Catalogna perde oggi circa il 10 percento delle tasse, che i suoi abitanti
versano alla Stato centrale e che non tornano indietro. Una quantità sufficiente
a coprire il buco del debito. Così, prendendo parte alla manifestazione, il
leader del maggior gruppo nazionalista, Convergenza e Unione (CyU), e attuale
governatore ha minacciato Madrid: "Se il governo Rajoy non accetta il
patto fiscale sappiate che la strada della Catalogna verso la libertà è
aperta".
Per tutto il
pomeriggio di ieri decine di migliaia di persone hanno sfilato dietro uno
slogan che non ammette equivoci: "Catalogna, un nuovo Stato
d'Europa". E perfino a Bruxelles un portavoce della Commissione europea è
dovuto intervenire per ricordare ai funzionari della Generalitat che "un
nuovo Stato" non potrebbe essere automaticamente accettato, dovrebbe prima
essere "riconosciuto" dagli altri membri dell'Unione. Dettagli per
Barcellona.
Sotto pressione per
le tranche del debito in scadenza, la Catalogna ha chiesto un prestito di 5
miliardi di euro al governo centrale ma teme di dover pagare un prezzo troppo
alto, in termini di autonomia delle sue politiche regionali, per averli. Da qui
la fuga in avanti. Meglio l'indipendenza che la sottomissione a Madrid.
Ieri era la
"Diada", la festa nazionale catalana, e la marcia era stata convocata
da una piattaforma della società civile, l'Asamblea Nacional Catalana, cui
hanno poi aderito i principali movimenti nazionalisti, meno i socialisti del
Psc e il Partito popolare di Rajoy. Nessuno si aspettava che la partecipazione
popolare fosse così massiccia. "Una marea umana", esultavano gli
organizzatori, che segna la più grande dimostrazione di forza dell'indipendentismo
catalano.
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