La Parrocchia più vicina alla casa dove abitavo è quella di S. Maria Ausiliatrice. Lì c'era - non so se esista ancora, un grande oratorio. Quante ore passate a correre dietro ad un pallore con gli amici prima delle elementari (attorno ai 9-10 anni) e soprattutto nei tre anni delle medie!
Mi ricordo i due sacerdoti, Don Bianchi, magro, più severo ma anche tanto più dedito e impegnato nella e per la vita dell'Oratorio. Don Durante , che era anche suo superiore, era più tranquillo, probabilmente anche perché aveva meno a cuore la cosa. Spesso è così, fateci caso.
Due "oneri" erano posti, a uno non si poteva scappare : il quarto d'ora di preghiera e piccola predica a metà pomeriggio. Don Bianchi fischiava, e tutte le attività ludiche e sportive dovevano cessare per riunirsi nel piazzale. Due palle!! Però a volte si finiva anche per ascoltare. E poi la messa dei ragazzi la domenica mattina. Alle 9!!! Questa però non era proprio obbligatoria...Diciamo che sempre il solito Don Bianchi sottolineasse le assenze...Io ricordo che la colpa più frequente era sempre dei nonni, che "morivano " più volte....Il loro funerale era la scusa più gettonata, sembrava "nobile". Peccato che la "strage" non fosse credibile!
Ho sempre pensato che con l'avvento delle scuole calcio, dei circoli sportivi, delle palestre, gli oratori fossero destinati, visto anche la secolarizzazione della società italiana, ad una crescente marginalizzazione.
Sono lieto di apprendere che, se così è stato, ora la tendenza si è invertita, grazie anche alla capacità e volontà dei nuovi sacerdoti di rendere più attuale e più attraente un importante punto di aggregazione giovanile, che ha anche il pregio di essere assai più economico degli altri, e quindi di dare veramente a TUTTI i bambini e ragazzi la possibilità di giocare, di stare tra di loro.
Riporto il bell'articolo di Andrea Galli, nella pagina "Educazione" del Corsera odierno.
Buona Lettura
I ragazzi tornano
all’oratorio
In un anno balzo del
10 per cento
Piace la nuova
formula: Facebook insieme ai biliardini
HAPPENING NAZIONALE
- Chiude domani tra Bergamo e Brescia il primo happening nazionale degli
oratori organizzato dal Foi, il Forum nazionale degli oratori. Happening e mica
summit, vertice o altre parole sostenute. L’oratorio versione contemporanea. Il
biliardino? Certo e però c’è anche Facebook sul quale ogni buon oratorio è
iscritto. La lavagna? Per il catechismo certi sacerdoti non disdegnano l’uso di
internet e pc. E i dolcetti? C’è poco da perder tempo a mangiare, comincia il
corso di teatro e intanto c’è chitarra e in una stanza fanno il giornalino e
nell’altra inglese. E le vecchiette del bar? All’università di Perugia c’è un
master post laurea che forma giovani operatori negli oratori. Una domanda: in
nome dell’aggiornamento si perde un velo di romanticismo? No, forse, chissà.
Questi stessi oratori sono ancorati all’Italia. In ogni senso. All’happening—
stand e interventi di docenti universitari di psicologia, pedagogia, scienze
sociali— partecipa anche un oratorio di Scampia, che prima di accogliere i
ragazzi deve tirarli fuori dalla camorra.
DON MARCO - Il Foi è
presieduto, ti spiegano in fase di presentazione, da «un giovane prete in
gamba. Ci parli». Si chiama don Marco Mori, ha ben 37 anni però secondo
l’italiana concezione è per l’appunto un ragazzo, un pivellino. Don Marco ha
una voglia matta di fare e ha chiare le linee programmatiche: «Nuove sfide,
nuove tecnologie, nuove frontiere. Per sfide intendo l’integrazione, tema sul
quale noi adulti abbiamo tantissimo da imparare dai bambini che, è probabile,
ci aiuteranno a superare pregiudizi e blocchi mentali. L’oratorio è uno
straordinario, privilegiato punto d’osservazione». La generale fiducia,
respirata anche all’happening in corso, ha la forza dei numeri.
MEZZO MILIONE DI
RAGAZZI - Sono 6.500, gli oratori in Italia. La scorsa estate hanno ospitato un
milione e mezzo di piccoli e adolescenti con una crescita del dieci per cento
causata/agevolata dalla crisi (la famiglia resta a casa, i figli vengono
spediti dal don, ci penserà lui, questione di usato garantito e sicuro). In
fondo l’oratorio è gratis, eccetto sopportabili quote d’iscrizione. Dei 6.500,
quasi 5 mila sono nel Nord Italia, dove l’oratorio è nato e ha avuto i suoi
pionieri. L’oratorio, nel Sud, è meno una tradizione, il che non impedisce una
recente riscoperta dalla Sicilia alla Campania, come c’è fermento in Centro tra
Lazio e Umbria. Una geografia nazionale e non regionale se non addirittura
provinciale che merita, torniamo a don Marco, «una rete. C’è bisogno che gli oratori
si parlino, condividano preoccupazioni e prospettive». Del resto in oratorio
non ci sono barriere e non ci sono test d’ingresso da superare. Don Giovanni
Bosco, a un bimbo poverello e timido che temeva di venir escluso, lasciato
fuori, disse: «Sai fischiare? Bene. Chi sa fischiare può entrare ». In pratica
tutti quanti. Don Samuele Marelli, 36 anni, è responsabile degli oratori per la
diocesi più grande al mondo, quella milanese. «Siamo una realtà presente però a
volte silenziosa» dice con orgoglio e forse amarezza. Uno diventa grande,
all’oratorio, ripetono dall’happening di Bergamo e Brescia. Già, i luoghi.
Nulla è per caso.
GRANDI BAMBINI - A
Bergamo e Brescia sono nati Giacinto Facchetti e i fratelli Baresi, figli
dell’oratorio, amati come calciatori e come uomini, simboli di fedeltà, di
regole, di serietà. Non è una ricetta impossibile. È chiaro, semplice e alla
portata, l’oratorio. Per la cronaca il nome preciso dell’happening è la sigla
H1o (cioè primo happening degli oratori), simile alla formula chimica
dell’acqua. Anzi, l’anticipa perfino d’un numero.
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