mercoledì 3 ottobre 2012

IL PERICOLO DI NON SENTIRSI PIù IN PERICOLO



Su un trafiletto del Corriere della Sera oggi Federico Fubini denunciava l'opera della Penelope Merkel che in silenzio disfa la tela del buon Draghi. E' vero che la Corte Costituzionale tedesca non ha bocciato l'ESM ma ha pur sempre posto delle condizioni un po' "capestruose" (tra il capzioso e il capestro). Infatti la sovranità germanica resta al momento prioritaria (e meno male che il problema sul tema erano i francesi e la loro statolatria ...) , e quindi saranno comunque sempre loro, i maggiori finanziatori europei, a verificare le condizioni per l'accesso agli aiuti e la consistenza degli stessi. 
I mercati per il momento a questa cosa non hanno reagito, visto che comunque la BCE era pronta a intervenire sui bond, ma cosa accadrà quando la Spagna sarà costretta a cedere e a bussare cassa ? Sembra che questo mese di ottobre dovrà cedere. 
Nel frattempo, mentre situazioni come il Sulcis in Sardegna, l'Ilva a Taranto, la Fiat ovunque stanno lì a mostrare come male sia messa l'economia italiana, con problemi diversi che insieme esemplificano il dramma della deindustrializzazione in corso nel nostro paese , i giornali ci dilettano con gli sperperi da fine impero del personale politico delle varie regioni italiane. Il Lazio, con quel Trimalcione moderno di Fiorito, è in testa, ma sono tante le iscritte alla corsa : Lombardia, Piemonte, Emilia, Puglia, Sicilia, Calabria, Campania....e tranquilli, arriveranno anche le altre. Intanto che la gente si distrae incazzandosi appresso ai ladroni, i leader (??) politici , e gli opinionisti, si crucciano sulle elezioni prossime venture. Ci sarà il Monti bis ? Quale legge elettorale ci sarà ? Bersani come risolverà il dilemma tra la botte piena (Vendola) e la moglie ubriaca (Casini) ? E sarà poi Bersani il leader del centro sinistra ? E il buon Berlusca che farà ? Si ricandiderà ?
In mezzo a questi tormenti , veri e finti, si ha come la sensazione che il "peggio" sia in qualche modo passato. Che in fondo sì, bisognerà ancora stringere un po' la cinghia, ma i sacrifici li abbiamo fatti, in Europa ci dicono bravi (veramente lo dicono a Monti, e aggiungono "continua così"...della serie daje giù ancora ! ) e la luce in fondo al tunnel anche supermario ha detto che si vede ...
Ecco, Davide Giacalone, nel post che segue, avverte che i momenti in cui siamo maggiormente in pericolo sono quelli in cui pensiamo che questo sia passato.
Buona Lettura


Il pericolo più grosso, oggi, è la non percezione del pericolo. Sembra quasi che la recessione sia alle spalle e i rischi legati all’euro in qualche modo passati. Invece l’anno che arriva sarà ancora di recessione, talché risulta essere mera affabulazione dire che nel 2013 inizierà la ripresa, visto che si prevede già di chiuderlo in negativo. Precipitare più lentamente non equivale a risalire. In quanto all’euro restano irrisolti tutti i problemi, mentre l’assai parziale raffreddamento degli spread è effetto dell’azione avviata dalla Banca centrale europea. Insomma: l’infezione continua a essere in corso, mentre gli sfebbranti hanno solo risotto la temperatura.
Alla fine di questa settima è assai probabile che la Spagna sia costretta a chiedere gli aiuti europei, per non esporre a rischi devastanti le proprie banche. Ciò comporterà due cose: a. il ridursi consistente dei fondi disponibili; b. la conoscenza di quali saranno le condizioni poi applicabili anche ad altri paesi. Da quel momento in poi l’Italia è il primo paziente in attesa di chiamata. I prossimi siamo noi.
Qual è il tempo nel quale è prevedibile che le cose possano prendere una piega diversa? Difficile supporre che ciò avvenga prima delle elezioni tedesche, che sono in programma neanche per la prossima primavera (come anche io ho erroneamente scritto), ma per l’autunno 2013. Troppo lontano. Resistere fino a quel momento, senza che un argine protegga le nostre coste produttive dai marosi della speculazione significa rassegnarsi a vederle progressivamente mangiate dal mare. Eppure, dalle nostre parti si vive come se la nottata fosse al termine, come se la ripresa fosse a portata di mano. Invece si tratterà di un processo troppo lungo. Che è escluso si possa affrontare in queste condizioni.
La pochezza del dibattito politico interno spinge ciascuno a pronunciarsi pro o contro un nuovo governo Monti. Ma ne discutiamo come se fosse una faccenda estetica: non c’è dubbio che il professore è meglio dello spettacolo desolante, continuamente offerto da forze politiche che, a destra come a sinistra, neanche controllano più i propri gruppi regionali, oramai preda di demenza famelica. Il guaio è che non serve a un bel niente stabilire che il governo non eletto è migliore dell’accozzaglia politicante, perché i fatti ci dicono una cosa triste: le politiche di questo governo non sono coronate da successo. Volerle replicare, di suo, non è una scelta saggia.
L’asino produttivo è stato sbattuto a dovere e sanguina, sicché continuare a usare il bastone fiscale può servire solo a farlo stramazzare. In compenso alla mangiatoria sono ammessi solo quelli che non s’affaticano a produrre e campano a ridosso della spesa pubblica. Sul fronte delle liberalizzazioni non si muove nulla. Su quello della deburocratizzazione, nemmeno. Le dismissioni di patrimonio per abbattere il debito si trovano solo nei titoli dei giornali, dove ciascuno dice la cifra che ha in mente, senza che nulla di concreto accada. Sul fronte dei tagli si procede con il temperino, ove si dovrebbe, invece, disboscare brutalmente. Siamo giunti all’inverosimile: il capo di Confindustria che reclama la fine degli incentivi e degli aiuti, pur di avere meno pressione fiscale e contributiva, e il governo che esita, dopo avere arruolato un professore apposta per farsi dire quali incentivi tagliare. Perché non procede? Perché quei finanziamenti sono per la gran parte diretti a imprese di Stato. Tagliarli significherebbe mettere sul mercato roba come Poste o Ferrovie. Invece le si tiene in mano pubblica, salvo il fatto che la socialità non porta binari al sud, dove non ci sono o risalgono all’Italia di Giolitti (e Mussolini).
In compenso ci distraiamo seguendo le cronache buzzurre di quattro miracolati che il bipolarismo forsennato ha eletto a legislatori e amministratori. Gente rispetto alla quale vien voglia di gridare: garantisti sempre, fessi mai. Chi finisce in un’inchiesta penale ha diritto a tutte le garanzie, che esistono anche a nostra tutela. Ma, per la decenza collettiva, si tolgano di torno. Ci siamo ridotti a parlare di questo, anche noi prendendo virtualmente parte, con orrore, a quelle festicciuole in sandaloni, in ambiente cesaro-bordellico. Così, parlando delle miserie nostre, togliendo dalle prime pagine la crisi, supponendo che il moralismo possa sostituire la competitività, finiamo con l’avere minore percezione del pericolo. Condizione che, com’è noto, espone al più grande dei pericoli.

Nessun commento:

Posta un commento