Bersani ha la faccia della persona per bene. Penso che lo sia anche. Quando era ministro dell'Industria dell'ultimo governo Prodi aveva iniziato , lui ex iscritto al PCI, a "liberalizzare". Quando andava in tv parlava con tono calmo e ispirando buon senso. Mi ricordava un po' il bravissimo e pacioso Valerio Zanone, che nessuno ricorderà ma che era segretario del PLI negli anni 70. Un gentiluomo piemontese di altri tempi.
Bersani si è guastato diventando segretario. E' diventato molto più stressato, nervoso, polemico.
Comprensibile, in quella gabbia di matti che oggi appare il PD, un partito che vive lo stato schizofrenico di chi è dato vincente alle prossime elezioni ma che è dilaniato al suo interno e con divisioni esiziali sulle possibili alleanze. Però se la difficoltà di Bersani è comprensibile, è sulle scelte che fa che si valuta la sua capacità e affidabilità.
Facciamo un passo indietro. Referendum sull'acqua. Devono essere abrogate le norme che consentono la gestione della somministrazione dell'acqua a società private. L'acqua è un bene di tutti ! Vero, però nelle nostre case non ci arriva da SOLA, né arriva di per sé POTABILE. Quindi , fin dai tempi dell'antichità ( i Romani erano maestri nel fare acquedotti ) si sono dovute realizzare opere importanti per portarla dalla fonte alla gente e per conservarle . Chi paga ? Lo STATO ! gridano i più, perché c'è la becera convinzione che quello che è Stato è GRATIS. A dire il vero poi tanto becera non lo è, visto che i prezzi statali sono in genere sotto costo...ma come si copre questo deficit ? con le TASSE e con i DEBITI. E chi paga le tasse ? Noi, Chi i DEBITI ? I nostri figli. Non è un grandissimo affare, ma la sensazione al momento della bolletta, contenuta, è bella. Non a caso di acqua gli italiani ne sprecano tanta, così come di energia in genere. Tutto ciò che si paga poco, viene valutato poco. Siamo fatti così, noi umani.
Bene, nel 2006 Bersani e i suoi si mettono a spiegare che l'acqua è sì di tutti, ma che è meglio lasciarla gestire a gente di maggior competenza, che lo stato si limiterà a controllare perché faccia le cose per benino... Discorso difficile da fare nei comitati di quartiere, nelle sezioni DS, ma ci provano.Nel 2011, governo Berlusconi, questo non vale più, e l'acqua non deve essere affidata ai privati, in nessun modo e a nessuna condizione...Questo vogliono i referendari, e a battaglia ormai vinta, Bersani ci mette il cappello.
Ora, cambiare idea è legittimo. Però sarebbe bene anche spiegare perché la si è cambiata.
Porcellum. Legge elettorale definita una porcata, da tutti (misteri del parlamento italiano...) ma da quelli di sinistra di più . Però, OGGI, è per il PD quella che gli dà più garanzie di vittoria. A allora Bersani , di fatto, la difende. Anche qui, cambiato idea, spiegare perché ( a parte che "stavolta vinco io !") ?
Primarie. Scandalo di questi giorni. In passato sono state LIBERE, senza regole particolari. Le persone si candidavano, venivano messi su un po' di gazebo e si votava. Erano una buffonata ? Probabilmente sì, visto che già si sapeva, a livello nazionale, chi avrebbe vinto, però si sentivano dei gran fighi quelli di sinistra a farle ... Poi però, nelle realtà locali, sono arrivati gli schiaffoni al PD, che le primarie importanti ha cominciato a PERDERLE. E allora erano meno fighe. Probabilmente già in quel momento si è cominciato a pensare che andassero un attimo sistemate, però non lo hanno fatto e quando si decidono ? Quando Renzi si candida e , incredibile dictu, rischia di poter vincere. E allora si cambia.
Tutte le motivazioni date, da affannati esponenti della segreteria bersaniana, non rispondono alla domanda semplice : perché solo ORA ? E poi, accettando che si prenda qualche accorgimento per evitare l'inquinamento del voto, e quindi che non ci sia gente del campo avverso che partecipi per "scegliersi" l'avversario, perché il doppio turno , che veramente MAI è comparso in questo tipo di competizione. Negli USA , che le primarie le hanno inventate, questa cosa NON c'è. I candidati gareggiano nei vari stati, e alla fine si fa la conta dei delegati che arrivano al congresso che designa il competitor presidenziale. Non è che alla convention si rivota ! Se Vendola e quelli di SEL vogliono Bersani e non Renzi, non partecipino, oppure, se vedono le brutte, si ritirino alla vigilia del voto. Insomma si possono fare tante cose per non mostrarsi così smaccatamente in MALA FEDE.
Queste cose le dicono in tanti, nello stesso PD e a sinistra.
Personalmente, a me, liberale di destra, va anche bene così. Se vincesse Renzi (non lo credo, anche se le regole non cambiassero. Renzi è troppo di "centro" per un PD così ormai sbilanciato a sinistra ) , sarei contento e anzi, se non mi spunta un Matteo a destra, lo voterei. Se, come penso, vincerà Bersani e questo insiste con Vendola (ma senza Di Pietro) e l'antimontismo che il governatore pugliese si porta dietro, allora qualche euro ai bookmaker che danno favorita la sinistra me lo gioco...Il 1994 non è stato un caso....e nel 2006 a momenti si ripeteva...La sinistra, specie di taglio "radicale" , senza cartelli ampi, tipo Unione, da noi NON è maggioranza..
Ieri mio figlio, sei anni, giocava con la nonna, mia madre. Stavano 6 pari. Lui ha detto : stiamo 8 a 6. Mia madre " ma quando li hai fatti questi due punti ?? " e lui tranquillo : "Nonna, se non ti va bene così puoi tornare a casa ".
Se vuole Bersani, gli posso mandare mio figlio per meglio stilare le nuove regole, sabato prossimo.
Ecco comunque l'articolo sul Corriere sulla querelle piddina di Monica Guerzoni
Proprio quando potrebbe «segnare a porta vuota» e
conquistare il governo, il Pd rischia di finire in pezzi: disintegrato dalle
primarie e dalle tensioni tra sinistra e riformisti. In pieno scontro sulle
regole delle primarie — con Renzi che accusa Bersani di averle cambiate in
corsa — Walter Veltroni mette in guardia il segretario. Rivela la sua
preoccupazione per la «tenuta» del partito che ha fondato (e che lui vede
troppo sbilanciato a sinistra) e pone, come «precondizione», la firma da parte
di tutti i candidati «di un impegno per cui chi vince sarà sostenuto dagli
altri». Altrimenti «non si capisce più nulla», avverte l'ex segretario,
«distruggiamo il Pd e la coalizione e facciamo l'Unione, e Dio solo sa quanto
abbiamo già dato...».
Sul palco del Teatro de' Servi c'è Veltroni e c'è Pier
Ferdinando Casini e l'occasione è la presentazione del libro edito da Marsilio
L'Italia dei democratici, scritto da due campioni del montismo come Enrico
Morando e Giorgio Tonini. Il convitato di pietra è Bersani, al quale il leader
centrista rimprovera l'alleanza con Vendola («è un problema») e che Veltroni
non nomina mai. Per chi voterà alle primarie non lo dice «per riserbo», ma
poiché gli sta a cuore il futuro del Pd (e quello dell'Italia) rende pubblico
il suo timore di queste ore: «Se Renzi tira dalla sua parte e i giovani turchi
dall'altra c'è il rischio di tensioni identitarie, di spinte tali da
divaricarlo». Se ci fosse ancora lui, alla guida del Pd, non siglerebbe
un'alleanza con Vendola e non perché la parola «sinistra» non gli sia cara, ma
perché ora il Paese ha bisogno di riformismo: «Se Monti fosse disponibile a
scendere in campo, sarebbe una risorsa e una ricchezza». Ma è «inimmaginabile»
pensare che un Monti bis si possa fare alleandosi col Pdl.
Veltroni e Casini non sono mai stati così in sintonia. E se
Bersani accusa l'ex presidente della Camera di ragionare su Vendola «a giorni
alterni», Casini ricorda che il programma di Sel è incompatibile col suo: «Non
faremo i tappabuchi. Chiedo pari dignità tra progressisti e moderati,
altrimenti la coalizione è un vestito impresentabile».
Stretto tra Renzi che minaccia lo strappo sulle regole, il
pressing dei montiani e l'altolà di Casini, Bersani guarda con preoccupazione
all'assemblea di sabato. Le regole della sfida sono pronte, ma il «patto» tra i
big è a rischio. Sui social network impazzano le ironie, il che rivela le
perplessità di buona parte del Pd. Chi vuole candidarsi deve raccogliere 17
mila firme di iscritti o 90 di delegati e i cittadini, per votare, devono sottoscrivere
il Manifesto dell'Italia e accettare di finire in un pubblico albo degli
elettori di centrosinistra. E poi, se nessuno dei candidati supera il 50 per
cento, si va al doppio turno.
«È vergognoso, se è così noi siamo pronti a fare ricorso»,
prepara le barricate il responsabile della campagna di Renzi, Roberto Reggi. Il
sindaco di Firenze sfoga la sua rabbia nella newsletter settimanale: «Non
capisco perché non vadano bene le regole del passato, quelle di quando hanno
vinto Prodi, Veltroni, Bersani... Mi pare un grave errore inserire un
ballottaggio in cui possa votare solo chi ha votato al primo turno... Mi pare
un errore cercare di restringere la partecipazione». Eppure Bersani si mostra
tranquillo, convinto com'è che «Renzi non vince». La sua replica è affidata a
Nico Stumpo, il quale «sommessamente» ricorda a Renzi che l'assemblea si fa per
cambiare lo Statuto e «consentirgli di candidarsi alle primarie».
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