venerdì 12 ottobre 2012

L'OCCASIONE PERSA PER PROVARE A RIFORMARE LA GIUSTIZIA



Leggendo l'Incipit dell'articolo odierno di Davide Giacalone , il riferimento a Formigoni, pensavo che uno dei miei opinionisti più apprezzati si fosse dedicato all'argomento politico del giorno , vale a dire l'azzeramento della giunta lombarda, e la nuova versione del "resistere, resistere, resistere" di Borelliana memoria in salsa "Celeste". Francamente l'argomento NON mi appassiona. Capisco che la Lombardia sia la principale regione italiana per PIL, che governarla è come governare la Baviera, che l'idea di poter scalzare Formigoni e vincere (a proposito, ci provò politicamente non giudizialmente, Penati...,  qualcosa questo nome vi ricorda ? ) nel regno della Padania è un sogno per la sinistra che a Nord, il cuore economico dell'Italia, non vede luce da 20 anni, quindi il dibattito ferve. Però che volete, rimango più colpito dalla Corte Costituzionale che dichiara illegittimo un provvedimento legislativo che decurta i lauti stipendi degli alti magistrati che non che un assessore rubi. Certo, qui si parla di ìndrangheta calata al Pirellone, cosa grave, indubbiamente e anche pericolosa. Però resta che i numeri lombardi, per produttività, per livello sanitario, pure in tempo di crisi, li vorrei per il mio Lazio, e quindi credo che i 15 anni di Formigoni alla fine avranno, al di là del mesto epilogo, un bilancio buono. E io da ragazzo ammiravo Giolitti, nonostante la Banca Romana. Lo so, sono poco "etico". Mi piacciono quelli che sanno far funzionare le cose, e pazienza se a volte fanno compromessi. Vi dirò di più, pazienza anche se fanno soldi. Per me l'importante è che sappiano governare la res publica ( chi ama la storia romana sa a cosa mi riferisco ).
Per fede nello scrittore, sono andato oltre l'inizio e sono stato premiato con un post molto bello sulla questione GIUSTIZIA. Scritto in modo provocatorio, come spesso è stile del "nostro", graffiante, vero.
Si parla della colpa del centro destra , della sua responsabilità politica di non aver combattuto veramente, coraggiosamente, la battaglia della riforma giudiziaria.
Una verità amara, da ripassare
Buona Lettura


La colpa politica


Roberto Formigoni avrà pure cinque assessori finiti in cella, ma Nichi Vendola è accusato di avere intrallazzato nella sanità e Vasco Errani di avere finanziato il fratello. Perché appuntare tutta l’attenzione sul primo e lasciare che sguscino via gli altri? Inoltre: perché chiedere che si dimetta Formigoni, senza chiedere che si dimettano anche altri che, dal punto di vista giudiziario, sono più inguaiati di lui? Leggo e sento che si diffondono ragionamenti simili. Che sono radicalmente sbagliati, perché moralistici e non politici, legati ancora alla devianza giustizialista e poco ancorati alla regolarità della vita pubblica. Credo che Formigoni debba dimettersi. Anche ribadendo, se lo crede, la propria totale innocenza (a parte l’idea di andare in vacanza con un fornitore, che forse non è un reato, ma è una colpa). Deve andarsene perché sul suo caso il centro destra deve misurare l’interezza del proprio fallimento in tema di giustizia: dopo tante battaglie, dopo mesi passati in trincea, siamo ancora fermi all’Italia dell’accusa, priva di sentenze. E’ una responsabilità politica enorme, che devono pagare.
Trovo incivile e vergognoso che un imprenditore e un assessore soggiornino da quasi un anno in galera, non a scontare una pena, ma ad attendere l’esito delle indagini. Come loro tanti altri, e come tanti ora uno è stato scarcerato, per cominciare ad attendere una sentenza che verrà. E trovo ancora più rivoltante che non si abbia il coraggio di denunciarlo. Ma chi lo deve fare? Una sinistra che ne gode? Che dal 1992 ha coltivato il lato peggiore del proprio hegelismo (da loro praticato più nella versione fascista, che in quella comunista), preferendo la vittoria contro avversari che pagavano il prezzo del loro opporsi al giustizialismo? O lo deve fare la destra, quella nuova corrente nata proprio dal crollo delle forze politiche precedenti, fatte fuori per via giudiziaria, ma poi affermatasi nel rifiuto di tale sistema? Quella stessa destra, che non sa difendere un proprio parlamentare dall’arresto, non sa difendere i propri uomini, non sa difendere neanche le proprie proposte? Così tocca a noi, come è sempre stato. E lo facciamo per convinzione e amore del diritto. Ma mica siamo fessi: il centro destra ha tradito le proprie promesse, non ha condotto le giuste battaglie, non ha riformato la giustizia. E queste sono colpe.
Si dirà: la magistratura ha martellato la destra assai più della sinistra. Vero. Più che altro funziona così: se capita che s’inquisisca a sinistra l’interessato si sospende, i suoi capi lo ringraziano e gli confermano stima, tutti s’inginocchiano davanti al giudice e i giornali non esagerano nello sfruculiare; se inquisiscono uno di destra l’interessato nega anche d’essere nato, i suoi capi dicono di non averlo conosciuto, tutti strillano per una persecuzione che è tanto evidente quanto meritata e i giornali vanno a interrogare anche i fidanzatini dell’adolescenza, per stabilire se già sui banchi faceva certe cose. Quindi sì, è vero. 
Ma anche questa è una colpa. E siccome dovrebbero essere consapevoli di tali loro debolezze, i signori del centro destra avrebbero dovuto provare non a fare l’imitazione dei professionisti della dissimulazione, che stanno dall’altra parte, ma a rimettere il treno della giustizia sui giusti binari. Dopo di che: chi è colpevole va in galera e chi è innocente fa causa a chi gli ha procurato danni irragionevoli.
Quante volte lo abbiamo detto e scritto? Invece, nisba. Eppure rimediare era facile, le cose da farsi le abbiamo elencate decine di volte, al punto che possiamo recitarle a braccia conserte, come le poesie alle elementari. Ma loro hanno fatto guerre epocali per fregnacce sesquipedali. E hanno pure perso. L’hanno sfangata portandosi appresso la nomea di criminali, che non è un gran successo. E oggi sono in grado di dirti: non è colpa nostra, ci hanno combattuti, divisi, comprati, ricattati. Tutto vero, ma tutte colpe. Questa storia andava chiusa prima, con una rottura dura e chiara, chiedendo agli elettori di giudicare. E sarebbe stato trionfo dello Stato di diritto. Invece hanno accomodato, abbozzato, tirato a campare. Quindi, per colpa politica, ora si dimettano. E capiscano che l’elettorato moderato e riformista, in Italia, era e resta largamente maggioritario. Ma non si fida di loro. Neanche degli avversari, certamente. E sai che bella consolazione. 


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