mercoledì 12 dicembre 2012

EUROPEISMO VERO E QUELLO TANTO AL CHILO



Adesso che il Cavaliere parla male della Germania, della politica errata della Merkel, della sudditanza eurogermanica, tutti temi sui quali per un anno si sono cimentati un po' tutti, e non certo solo quelli del centro destra, ecco che l'Europeismo torna di moda. E' la magia del Demone. Tutto quello che il Berlusca tocca, diventa piombo, al contrario di Re Mida.  Il populismo, tanto disprezzato, è qualcosa che riempie le piazze europee, con tanto di giornata di sciopero continentale (poi ha avuto successo solo nel sud Europa, ma questo anche è parte del problema ) contro l'austerity . Prodi ha scritto e rilasciato interviste assai critiche contro le ricette applicate alla crisi, ed è uno che è stato presidente della Commissione UE per 5 anni.
Insomma , che un problema di distanza tra l'Europa Istituzione e quella fatta dai cittadini dei vari Stati europei, C'E'. E che l'attuale organizzazione vada cambiata, per colmare questa distanza, è pure consapevolezza generale. Sul come, si discute, ma che l'Europa dell'Euro, alla prima spallata, sia andata in crisi, e di brutto, ci sono quattro anni a dimostrarlo, anche se Berlusconi sta zitto.
In realtà, sarebbe belo che sulle cose ci si potesse fermare a riflettere in modo sensato, cercando di comprendere ciò che di ragionevole e fondato c'è in determinate tesi rispetto ad altre, e ci si accorgerebbe che l'europeismo, per esempio, non è una fede fatta di dogmi, ma una aspirazione e progetto validi se e in quanto condotti nella consapevolezza della pluralità, delle diversità e quindi delle difficoltà che questi elementi comportano. Insomma, problemi con la Germania non ce li abbiamo solo noi, ma mezza Europa. E al contempo, le obiezioni tedesche, di non voler pagare i debiti degli altri, non sono evidentemente delle pretese assurde, se non forse agli occhi di chi il mondo lo immagina sempre con la mano tesa.
Ecco quindi il contributo di qualcuno che europeista lo è sul serio, da sempre, e che ha fatto attivamente parte di un partito , quello Repubblicano, che non ha MAI avuto ripensamenti sull'Europa. Cosa che molti nella sinistra, di ieri, ma anche di oggi, non possono dire.
Parlo di Davide Giacalone
Buona Lettura


IL VINCOLO 


Chi pensi d’impostare la campagna elettorale all’insegna dell’antieuropeismo non potrà governare. Chi cerchi di affibbiare all’avversario posizioni antieuropeiste è un irresponsabile sfasciacarrozze. Un problema euro esiste, eccome, e possiamo ben dirlo noi che lo segnaliamo fin dall’inizio di questa crisi dei debiti sovrani. Ma proprio per questo va impostata una politica europea, che parta dai seguenti punti: a. il vincolo esterno fa bene all’Italia; b. la dottrina tedesca deve essere battuta; c. gli strumenti difensivi (alias: scudo), approntati dalla Banca centrale europea, devono essere negoziati ora, senza aspettare l’esito delle elezioni.
L’Europa come vincolo è un concetto da non banalizzare, come, invece, si sta facendo. Sia con l’indefinito: “ce lo chiede l’Europa”; che con il misterioso: “le cancellerie europee sono in allarme”; fino al ripugnante: “torneranno a ridere di noi”. Cercare truppe estere per vincere partite interne porta male, anche perché, i signori della sinistra farebbero bene a tenerlo presente, l’ultima volta che l’unica cancelleria europea (quella tedesca) si è impegnata in una campagna elettorale altrui ha totalizzato il brillante risultato di far perdere il proprio beniamino. Sicché, oggi, monsieur Sarkozy ride con comodo, a casa.
C’è un altro concetto, altrettanto serio, da non banalizzare: il mercato. Anche al plurale: i mercati. Ci sono culture, genitrici di tanti uomini politici, che hanno fortemente creduto la politica sia non solo in grado, ma abbia il dovere di piegare il mercato ai propri voleri. Ci sono a sinistra, ma anche a destra. Accortisi, con imperdonabile ritardo, che non è così, sono passati all’estremo opposto, supponendo che la politica debba star lì a pendere dagli indici di mercato. Esaminati, per giunta, con la stesa competenza scientifica impiegata dagli aruspici nell’indagare le budella sacrificali.
Fin dall’ingresso nelle alleanze militari (Nato, 1949) e nelle alleanze monetarie (Sme, 1979), si puntò ad avere vincoli esterni capaci di impedire ogni possibile deriva italiana.
A quelle scelte la sinistra di allora (ma gli uomini sono gli stessi, salvo i defunti) si oppose con tutte le forze, fortunatamente perdendo. Anche l’euro è un vincolo esterno, codificato dal trattato di Maastricht. In questo caso la sinistra fu contraria alla nascita, ma favorevole all’adozione. Quel vincolo sarebbe dovuto servire a porre un freno al debito e, contrariamente a quel che si pensa, ha funzionato. Oggi il centro destra sembra proiettato in una campagna elettorale in cui rimprovererà a Monti le troppe tasse. Farà da spalla una sinistra che accuserà la destra di lassismo e dissipatezza. Ma si tratta di una rappresentazione doppiamente falsa: le tasse crescevano anche prima di Monti e il vincolo esterno ha portato l’Italia in avanzo primario (quindi in virtù) prima dell’arrivo di Monti. Il vincolo dava i suoi effetti, tanto che, dal 2008 a oggi, il nostro debito cresce assai meno di quello francese o tedesco. Se si mettesse la mordacchia alla canizza, forse, di queste cose si potrebbe ragionare.
Le questioni politiche, sulle quali reclamare indicazioni da chi si candida, sono due: a. servire il debito con la pressione fiscale aumenta la recessione, ma non è utile a diminuire il debito stesso, mettendo in evidenza il fallimento di una ricetta, sicché si dovrebbe puntare in direzione opposta, verso il taglio della spesa pubblica; b. è quella ricetta a determinare instabilità & recessione nel mercato europeo, allargando la sensazione che chi è in difficoltà non potrà uscirne, e siccome non possiamo farci dissanguare per rassicurare i mercati, anzi, all’opposto, più ci dissanguiamo più la speculazione ciuccia, allora conviene aprire subito il negoziato sullo scudo europeo, riservandoci di attivarlo (i tempi sono lunghi, mica si chiude in una settimana) solo in caso di necessità. Nella consapevolezza che quel che ci chiederanno, ovvero tagli e riforme, è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno.
Posta la necessità di rivedere il trattato di Maastricht e posta anche quella di superare (con maggiore integrazione) i gravi e pericolosi difetti strutturali della moneta unica, ciò che è incompatibile con il vincolo esterno non è la faccia di quello o le terga dell’altro, ma la dominanza, a destra come a sinistra, del Pusp, il partito unico della spesa pubblica. Né si pensi, grillescamente, che si possa ovviare staccando il chiodo del vincolo esterno, perché quello è solo un modo per precipitare.
Basta con le minchionerie, con il “ce lo chiedono gli altri”, “le cancellerie tremano” e “ridono di noi”. Siano chiamati a fare i nostri interessi, che coincidono con il vincolo dell’integrazione europea, nonché a combattere gli interessi della spesa (largamente) improduttiva e (aggiuntivamente) corruttiva, che coincidono con la suggestione di sottrarsi al vincolo

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