Sono certo che piacerà agli amici di Fermare il declino l'articolo pubblicato oggi da Davide Giacalone che fa un evidente endorsement per il neonato movimento politico di FARE presentato da Oscar Giannino ed altri noti pubblicisti.
Quando l'idea di una formazione profondamente liberale e riformatrice prende la luce, né Monti né Berlusconi sono scesi (saliti, fate voi) in campo. Il primo è super partes e tale invitato a rimanere da più parti, il secondo non si sa bene, visto che cambia idea ogni settimana, ma la possibilità che forse non si rimetterà alla testa del PDL c'è. In questo scenario, ci sono milioni di elettori moderati, liberali, non di sinistra, senza casa. A dicembre viene meno anche la novità Renzi, che, sconfitto, com'era inevitabile, alle primarie (specie "chiuse" come il PD partito le ha volute, al di là della propaganda ) ha mantenuto l'impegno di restare nella casa comune, nonostante l'ormai evidente ritorno alle origini del partito democratico, formazione esclusivamente di sinistra dove di centro, riformista e progressista, e di Liberal, c'è rimasto nulla. Quindi Fermare il Declino può scommettere sulla possibilità di costituire un'attrazione per la diaspora di quell'elettorato , magari in questo dialogando e collaborando con una formazione anch'essa nuova anche se già da un po' esistente : Italia Futura di Montezemolo. Le cose sono andate diversamente e FARE è avviata ad una corsa solitaria, coraggiosa e ad alto rischio di insuccesso, se per tale s'intende non riuscire a superare i quorum giustamente posti per entrare in Parlamento.
Ma se , comunque vada, il patrimonio di idee, di impegno, di convinzione in una concezione della politica diversa, concreta, realistica e allo stesso tempo visionaria , perché bisogna essere dei "visionari" per sperare di riformare seriamente questo paese (ma un po' l' Europa in questo ci potrebbe aiutare, se non scegli di ammazzarci prima di rigore fine a se stesso) , non andrà disperso dopo le elezioni, allora questo potrebbe essere un inizio che non finirà il 26 febbraio.
Buona Lettura
Fermare il delirio
Gli elettori che voteranno
per “Fare – Fermare il declino” non appartengono alla categoria di quanti si
svegliano la mattina con la voglia di vincere, a qualsiasi costo. Ma ci andrei
piano nel considerare la loro scelta un voto inutile.
Gli elettori che credono la
sinistra sia il luogo della giustizia e dell’equità sono stati presi in
ostaggio prima dalla tradizione comunista, che è stata miseramente ingloriosa
(il professor Monti non sa quel che dice, ma lo dice con sicumera pari solo all’abisso
d’ignoranza che mette in luce) e foriera d’ogni negazione della libertà, poi
dal gruppo dirigente che ne è residuato, sopravvissuto in un intreccio di
affari e blocco sociale di cui le coop emiliane e il Monte dei Paschi di Siena
sono solo due esempi. Gli elettori che credono la destra sia il luogo ove si
coltiva l’attenzione al mercato e il contenimento dello Stato sono stati presi
in ostaggio da maggioranze scombiccherate, con una capacità riformista
pressoché inesistente e capaci di far crescere sia la spesa pubblica che la
pressione fiscale. I due gruppi d’ostaggi sono ben consapevoli dell’inferno nel
quale si trovano, ma ritengono che finire ostaggi della banda rivale sia
peggio. Ecco, quegli elettori che usciranno di casa e voteranno per “Fare –
Fermare il declino”, negano che si possa e si debba restare ostaggi.
L’Italia è un sistema
produttivo assai forte. Un’economia che ha capacità di ripresa straordinarie.
Ma il sistema Italia è fiaccato dall’immobilismo, svenato dal pagamento di
montagne di spese inutili, incatenato alla conservazione dell’esistente,
inchiodato da corporativismi che sono aggregazioni di debolezze estreme, ma
anche di velenose arroganze. Una rottura ci vuole. Ma non basta.
Fra un mese ci saremo tolti
dai piedi questa insulsa campagna elettorale. La sinistra dirà di avere vinto,
sperando di portare a casa la maggioranza degli eletti alla Camera dei
Deputati, ma avrà perso. Non tanto perché potrebbe non prendere la maggioranza
al Senato, ma, anzi, all’opposto, perderà più seccamente se vincerà anche nella
seconda Aula, perché misurerà la propria incapacità di governare un passaggio
doloroso, finendo sotto tutela internazionale e interna. La destra dirà di
avere vinto se riuscirà a restare la seconda forza, punendo la presunzione di
chi fu sleale con le forze che lo sostennero e arginando la crescita del voto
di protesta. Poi, però, resterà una formazione vuota di classe dirigente, che
anche nel far “pulizia” cede ai pregiudizi altrui e perde tragicamente la
battaglia per una giustizia giusta e una politica che non si faccia dominare
dalle procure. La somma dei loro voti, il primo più il secondo, con ogni
probabilità, non farà la metà dei voti degli italiani (considerando tali anche
quelli di chi vorrà astenersi). Non credo sia necessario aggiungere altro.
Questi sono i detriti che il
voto di febbraio lascerà. Da quel punto in poi c’è bisogno che qualcuno si
prenda l’incarico di cambiare la sinistra, spazzando via non solo un personale
inamovibile, ma anche idee impresentabili. E c’è bisogno che qualcuno si prenda
la briga di cambiare la destra, creando una classe dirigente e dando
concretezza a idee altrimenti destinate a diventar barzellette. Senza deliri
personalistici e senza partitini ridotti a sette, ove decide quello che si autoproclama
santone. Da una parte e dall’altra sarà possibile fare un buon lavoro solo se
si partirà con il piede della condivisione circa le riforme costituzionali.
Irrinunciabili. La parte che non avrà innovatori sparirà. Se non ve ne fossero
del tutto l’Italia degraderà. Non ci credo e non ci voglio credere. Intanto
facciamo la conta di quanti sono i nostri connazionali non più disposti a far
la parte degli ostaggi.
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