Inizia il Festival di Sanremo, ed è la prima volta, che mi ricordi, che le polemiche che sempre l'accompagnano abbiano stavolta una così forte valenza politica. Ai tempi, c'era il problema dei big non ammessi, delle canzoni che vincevano e che non erano le migliori, dei voti del pubblico taroccati. La politica a volta entrava tramite le performance dell'intrattenitore di turno che, come si conviene, è sempre comunista o post. Ci sarà un nesso causale tra l'essere comici e comunisti ? Francamente non direi, visto la cupezza in genere dei secondi, però ohi, così poi in genere è...
C'è sempre stato, negli ultimi anni, la questione del costo del Festival, coi suoi ospiti stramilionari. Problema acuito evidentemente negli ultimi anni, con la crisi che morde gli spettatori televisivi.
E infatti anche quest'anno il problema si ripropone, con i progressisti milionari Fazio e Littizzetto cui viene attribuito un cachet di circa mezzo milione al primo e di 350.000 euro alla seconda. Una mia cara (e bella, che non c'entra ma lo scrivo lo stesso) amica di FB ha riportato l'entità dello stipendio di Barak Obama per fare il Presidente della Nazione più potente del mondo : l'equivalente di 275.000 euro.
A me sembra basso, ma certo 350.000 euro per una settimana di lavoro (vogliamo dire un mese ? per prepararsi ? ) è alto. Peraltro, come sempre, la questione dirimente è se e in che misura si tratti di soldi pubblici. Notoriamente, queste trasmissioni di cartello ricevono soldi dagli sponsor e i costi degli spazi pubblicitari sono notevolmente superiori alle trasmissioni ordinarie. Se questi soldi PAGANO il carrozzone, a me non importa nemmeno se le danno un milione alla Lizzy (che è pure juventina...). Ma se i soldi sono del maledetto Canone, allora la cosa cambia.
Ed è sempre il Canone, vale a dire l'utilizzo di soldi estorti ai cittadini, che rende più indigesto la scelta di un conduttore così politicamente schierato, specie alla vigilia delle elezioni.
Io non credo che Fazio sarà così provocatorio e imprudente da fare interventi Politically Incorrect. Non fa parte della sua "dorsalità". Però avrei preferito uomini di spettacolo veri e non così spiccatamente schierati.
Però è solo una "preferenza". Quello che non lo è , un'opinione, resta la stortura del Canone.
Nel 1995 in uno dei tanti loro referendum, i radicali proposero l'abrogazione della norma che definiva "pubblica" la RAI. Il quorum fu raggiunto e il 55% degli italiani votarono a favore.
Sono passati 18 anni, la RAI è ancora pubblica, e il canone ancora c'è.
Fazio può dire "W la RAI Pubblica" finché vuole, ma la volontà degli italiani è stata un'altra, ed è stata tradita (come altre volte). Possibile che nessuno glielo ricordi mai a questi paladini (partigiani ? ) del Servizio Pubblico ?
Di seguito, un articolo di Giacalone sul Festival a la gauche ...
Buona Lettura
Sanremo à la gauchiste
Non è il festival di Sanremo
a essere divenuto la copia della festa del primo maggio, è la festa del primo
maggio a essere stata sanremizzata. Il valore politico della rassegna canora
non consiste nel messaggio che veicola, ma nell’ottundimento che diffonde. La
sinistra dello schermo ha preso il posto dei democristiani, ma pretende di non
essere simile all’Italia che li ascolta. Come quelli che sono stati in una comune,
hanno praticato la libertà dei costumi, non credono alla famiglia borghese ma
poi si sposano in chiesa e con un ricevimento dedito ad amici e al vasto
parentato. Uguali a quelli di prima, ma diversi. Perché si sentono diversi. De
che? da chi? Sembrano il Jovanotti che faceva da valletto a Pippo Baudo.
Il primo maggio dei
lavoratori, del coraggio e dei lunghi discorsi appartiene alla storia. Lontana.
Da anni, per riempire le piazze, per acchiappare qualche giovane e non farne la
giornata della terza età, si ricorre ai concerti. Nessuno va al comizio del
primo maggio, molti vanno al concerto. Un tempo si scatenava l’entusiasmo per
le parole raspanti di Giancarlo Pajetta, ora parte l’applauso per le parole
scivolanti di Claudio Bisio. Un tempo bastava mettere piede al festival di
Sanremo per non potersi più esibire in concerti dedicati ai giovani (ricordo un
Little Tony cacciato a furor di popolo) e si era cantanti impegnati se non si
andava in tv (da De Andrè a Guccini), ora si richiama la folla dopo essersi
cimentati ad Amici, e il lungo e onorato servizio a Zelig diviene testimonianza
di quanto la cultura sappia avvicinarsi al popolo. Detto in parole semplici: il
conformismo era democristiano, ora, da tempo, è de sinistra.
Prendete i cantori sinistri
della televisione, da Angelo Guglielmi (che ha sempre l’aria drammaticamente
pensosa del Christof che dirigeva il Truman Show, interpretato da Ed Harris) a
Carlo Freccero: bravissimi nel mestiere, se la ridono, ne sono certo, da dentro
i tabernacoli dove la sinistra li ha messi. Sono stati gli artefici del nuovo
conformismo post catodico, gli interpreti dell’incultura culturizzata, ma
nessuno oserebbe affiancarli ad un Adriano Aragozzini o a un Mario Maffucci,
non meno bravi, ma decisamente meno atteggiati a filosofi del rincitrullimento.
Il più libero utilizzatore della televisione, in fondo, resta Fantozzi:
frittatona di cipolla, birra e rutto libero.
Silvio Berlusconi si lamenta,
perché conosce i suoi polli (gaberianamente intesi). Il problema non è l’audience
sottratta ai politici, che, del resto, va interpretato come un modo per salvare
Mario Monti da se stesso e da quei pazzi che gli consigliano di dire che il
cane ha un cuore. Il problema è che la Coop sa cosa fa quando sceglie Luciana
Littizzetto come testimonial e investe dei bei quattrini. La Coop fa un
affarone, con Sanremo, e il valore politico e commerciale non è in quel che il
testimonial dirà, ma in quel che il testimonial è. La Coop, si sa, sono loro,
sono falce e carrello. Quel testimonial vale più del Mike ultraprofessionale o
della mortazza promossa da un Funari che la mangiava a bocca aperta. E’ lo
stile del popolo non popolano. Lo stesso, però, che paga l’Imu e non gode per
niente.
La sinistra televisiva fu
antiberlusconiana perché desiderava una televisione dedita alla pedagogia di
massa, mentre l’altro puntava al sollazzo tettuto. Loro volevano costringere ad
ascoltare, l’altro mieteva gli ascolti. L’odierna sinistra sanremese è
totalmente interna al modello berlusconiano, ivi compreso il sovrapporsi di
propaganda e pagnotta e non escluso il tocco culturale del musico d’alto bordo,
che fa tanto: signora mia, noi siamo un’altra cosa. Dopo avere difeso il
monopolio, dopo avere sostenuto la Rai contro il mercato e messola in conto ai
contribuenti, dopo avere sanremizzato il primo maggio, dopo avere cavalcato il
linguaggio schermico è giusto che abbiano il palco del festival. Se lo godano.
Noi, al comparire della “giuria di qualità”, al manifestarsi di quel patetico
tentativo di sostenere che non sono solo canzonette, ci abbandoneremo al già
citato e fantozziano sfiato liberatorio.
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