La raccomandazione non sarà come l'evasione fiscale, ma certo non è una bella cosa. Dopodiché io non conosco nessuno, né per sentito dire, né personalmente, che non vi abbia fatto ricorso, o quantomeno non l'abbia cercata. NESSUNO. Averla avuta, questo è un altro discorso, ma che non rientra nella pagina della "virtù". E' un discorso che mi dispiace fare, essendo un "meritocratico", e il merito ovviamente è l'antitesi della raccomandazione. Però il nostro paese è questo, lo è sempre stato e non so se cambierà mai veramente, specie da questo punto di vista. Diciamo più realisticamente che il MERITO è il miglior antidoto che si possa trovare contro la scorciatoia. Uno che NON ha raccomandazioni che altra soluzione ha se non essere BRAVO, e confidare che questa bravura gli venga riconosciuta ?
Come sostenuto da molti, la mobilità sociale, verso l'alto, non ha altre chiavi. Il livellamento degli studi, la scarsa selezione, la dequalificazione ormai irrecuperabile dei pezzi di carta, specie di provenienza dalla scuola pubblica, non hanno fatto altro che FAVORIRE chi aveva la famiglia giusta, le conoscenze adatte.
Detto questo, non è che essere "figlio di...." significa essere un cretino....Anzi, spesso ha significato aver avuto l'opportunità di fare gli studi giusti, quelli DURI, impegnativi, che ti hanno dato una formazione e preparazione nettamente superiore a quella di coloro che provengono dalle scuole "occupate" e dalle Università aperte a tutti, specie ai fuori corso impenitenti. E così succede che ci rode tanto, ma i figli della Fornero, o di Martone, o di Ichino, hanno ottimi lavori. E NON perché sono figli di....ma semmai , grazie a questo fatto, perché hanno studiato meglio e quindi sono BRAVI. Magari anche più di certi precari che per giustificare il loro fallimento non trovano scusa migliore che prendersela con chi ce l'ha fatta.
Gli studenti fanno bene a protestare e rivendicare una scuola pubblica migliore, fanno male quando si alleano con docenti precari il cui principale obiettivo è sindacale, ottenere il posto fisso, magari uno stipendio più alto, lavorando sempre allo stesso modo e le stesse ore...
Fa molto male Bersani a commuoversi tanto per la giovanotta che fa la sparata demagogica di turno, rimediando 10 minuti di applausi dai compagni di cordata, e beccandosi oggi le critiche trasversali di tutta la stampa che conta. Del resto la debolezza del consenso facile il segretario del PD ce l'ha : ricordate quando si arrampicava sui tetti dei monumenti quando andava di moda ?
Per fortuna, come accennato, sia Gramellini sulla Stampa, che Serra su Repubblica che Citati sul Corriere della Sera, si aggiungono a Facci su Libero nel biasimo dello sfogo di Chiara Di Domenico, la precaria che fa nome e cognome della persona detestata e invidiata : Giulia Ichino.
Una trasversalità che mi ha stupito e che ovviamente mi fa piacere.
Per questo posto tutti e quattro gli interventi :
“L’AMACA” di MICHELE SERRA da La Repubblica del 9 febbraio 2013
Non era meglio la vecchia
lotta di classe, piuttosto che il rancoroso e fragile borbottìo che ne ha preso
il posto? Parlo della stonatissima polemica contro la figlia di Pietro Ichino,
che ha il torto di lavorare (pensate che scandaloso privilegio!) in una casa
editrice. La vecchia cultura di classe, piuttosto che sollevare sgradevoli e
inutili casi personali, avrebbe messo l’accento sul vantaggio culturale e
sociale che deriva dall’appartenenza alla borghesia urbana: vedi don Milani e
la sua celebre considerazione sul padrone che è tale perché conosce più parole
dell’operaio. Non faceva nome e cognome del padrone, don Milani. Parlava in
generale perché voleva parlare di tutti e voleva parlare a tutti. Forse che
questo rendeva meno forte, meno preciso il suo pensiero?
Pensare politicamente vuol
dire capire (o cercare di capire) la struttura della società e provare poi a
cambiarla, non certo regolare conti personali. La polemica contro i “figli di”,
con nomi e cognomi a volte congrui a volte del tutto ingiustificati, puzza di
agitazione populista, non di ragionamento politico.
MASSIMO GRAMELLINI La STAMPA
FIGLI DI
La precaria del Pd che espone
al rischio di un linciaggio la figlia del teorico della flessibilità Pietro
Ichino perché ha un lavoro stabile da dodici anni mi ha insinuato nelle narici
un certo olezzo di forca. Essere «figli di» non è una colpa né un merito. E’ un
fatto. Nella vita avrai più opportunità degli altri e pagherai questo
privilegio con la maldicenza. E’ stato e sarà sempre così. La novità drammatica
è che oggi non esiste altro modo di entrare nel mondo degli adulti. La precaria
del Pd ha sbagliato bersaglio e dovrebbe riflettere su quanto sia pericoloso
titillare la rabbia dei suoi coetanei con la scorciatoia emotiva dell’invidia
sociale. Ma che quella rabbia esista, e che sia assolutamente giustificata, è
da ipocriti o da pazzi sottovalutarlo.
Filippo Facci LIBERO
PRECARI DENTRO
Metà degli insulti che ricevo
via web, stringi stringi, dicono questo: «E tu che sei giornalista, chi ti ha
raccomandato?». Ci pensavo mentre leggevo che un’invasata del Pd ha lanciato
accuse straccionesche contro la figlia di Pietro Ichino (editor in Mondadori) e
in generale contro i raccomandati che stanno «in posti che non gli competono».
Diciamo questo: personalmente ho imparato che esistono vari tipi di
raccomandati, fondamentalmente due: 1) Quelli bravi, che hanno avuto
un’opportunità ma poi, in un ambiente sano, avanzano per meriti propri; 2) Quelli scarsi, destinati a vivacchiare
solo in ambienti malati (spesso statali) ma che vengono emarginati o espulsi da
quelli sani. Ora: a parte che Giulia Ichino è bravissima, colpisce questo: si
considera scontato che posti come il suo «non le competono». L’anonimato
internettiano ha amplificato una mentalità che furoreggia tra i grillini e tra
i sinistri più incarogniti: la diffidenza verso chi ce la fa, il sospetto per
ogni «successo» visto non come un esempio, ma come una manifestazione di
ineguaglianza, come se la mediocrità fosse una forma di democrazia applicata -
lo scriveva Antonio Polito nel suo libro «Contro i papà» - e come se il merito
fosse una forma di arroganza. Metà degli insulti che ricevo dicono questo, in
realtà: «Se hai successo è perché sei raccomandato, solo questo spiega perché
io non ce l’ho fatta».
IDEE E OPINIONI corriere della sera.it
Portare un cognome importante
non significa essere raccomandati
«Giulia Ichino è una redattrice editoriale straordinaria»
Giulia Ichino in una foto tratta dal web (Ansa)
Detesto il sistema di raccomandazioni che, dall'industria privata ai ministeri alla televisione alle banche ai giornali, ha riempito l'Italia di mediocrissimi funzionari, che hanno come solo merito quello di essere figli o nipoti o cugini o cognati di personaggi illustri. Ma forse i giornalisti dovrebbero stare attenti. Non è possibile confondere una redattrice editoriale straordinaria come Giulia Ichino con una raccomandata, solo perché è figlia di Pietro Ichino. Il Corriere della Sera (pagina 9) e la Repubblica (pagina 12) di ieri 8 febbraio 2013 informano che nei giorni scorsi c'è stata, a Roma, l'assemblea del Partito democratico. Durante l'assemblea Chiara Di Domenico, precaria di 36 anni, collaboratrice di diverse case editrici, ha detto: «Sono stanca di vedere assunti i figli di o le mogli di. Faccio i nomi: Giulia Ichino, assunta a 24 anni alla Mondadori». Riferimento che non può passare inosservato - scrive Alessandro Trocino sul Corriere - «perché il padre Pietro Ichino è un notissimo giuslavorista e perché ha da poco lasciato il Partito democratico per candidarsi con Monti». Il discorso ha entusiasmato la platea che ha applaudito freneticamente la Di Domenico, per otto minuti, e commosso Pier Luigi Bersani, che ha lasciato il suo posto per andare a abbracciarla.
Non so nulla di Chiara Di Domenico, ma credo che Bersani dovrebbe essere meglio informato prima di abbracciare i delegati del suo partito. Ho scritto una ventina di libri ho conosciuto alcuni redattori di case editrici che si sono occupati di questi libri. Due fra di essi sono stati curati, alla Mondadori, da Giulia Ichino, che era allora molto giovane. Non ho mai conosciuto un redattore più intelligente, sottile, colto, preparato, che possedesse così bene la lingua italiana e quelle straniere. Per me, è stata una fortuna lavorare con lei. Poi Giulia Ichino è diventata editrice e ha curato (consigliando, correggendo, riscrivendo) libri che hanno venduto milioni di copie. Mi pare giustissimo che oggi abbia un posto di rilievo alla Mondadori: lo avrebbe in qualsiasi casa editrice, qualsiasi posto occupasse.
Secondo il mio modestissimo parere, già il fatto che la signorina in questione abbia tali e tanti avvocati difensori già dimostra il fatto che le è stato concesso un qualcosa in più che gli altri suoi coetanei non hanno. Detto questo non vuol dire che la suddetta non lo meriti, tuttaltro, quello che non mi sta bene è che proprio le opportunità non sono alla portata di tutti. Vi siete dimenticati che un altro grosso problema per i giovani è l'università le cui facoltà sono gestite in esclusiva da interi clan familiari, molte professioni vengono identificate con cognomi eccellenti e via elencando. Onestamente credo che la Sig.ra Fornero sia stata più appropriata, nel caso di sua figlia ha tenuto a precisare che sua figlia meritava il suo posto ed è tutto finito, qui invece si tende a colpevolizzare proprio chi subisce il degrado che si è instaurato a causa delle raccomandazioni.
RispondiEliminaGentile Lettore, sono d'accordo assolutamente d'accordo sul principio della pari opportunità. Però con realismo : non potremo mai azzerare quanto costruito, o meno, da chi ci ha preceduto. Se ho avuto dei nonni onesti e risparmiatori, piuttosto che uno che amava le corse dei cavalli, sicuramente per me è un vantaggio : lo annulliamo ? Sarebbe troppo comodo per altri versi non trova ? Quello che si prova a fare, ma oggi piuttosto male, è creare le condizioni di una buona formazione culturale o professionale attraverso la quale le persone possano far valere le proprie qualità e crescere. Mio padre era figlio di un dipendente della STEFER (l'azienda pubblica dei trasporti di Roma ) e di una casalinga. Fassina leggo lo sia di un operaio. Ebbene il primo è diventato, studiando, un Magistrato, il secondo si è laureato alla Bocconi (quindi il padre ha fatto enormi sacrifici per pagargli una retta privata e mandarlo ad una scuola di eccellenza, dove però entri solo se superi test d'ingresso SEVERI ) e ora sta dove sappiamo. Dunque SI PUO'. Ieri più di oggi, ma di questo io do la colpa al '68, alla dequalificazione della scuola, alla sua massificazione, e all'avvento degli insegnanti precari : gente che per anzianità prima o poi conquista una cattedra. Per non parlare delle baronie universitarie che gli studenti di oggi nemmeno contestano più, diventati servi sciocchi di professori che l'ingannano aizzandoli contro le riforme volte al recupero di una scuola fondata sul merito dei discenti ma anche se non soprattutto dei DOCENTI. Quanto all'episodio da cui parte la discussione, la personalizzazione colpevole e quindi stigmatizzata è venuta dalla signora DI DOmenico, NON dalla Ichino. E le difese sono partite TRASVERSALI. Non è frequente. Ora, o Pietro Ichino è uomo dal grande potere (e non mi pare...), oppure la precaria ha sbagliato condotta e bersaglio.
EliminaPAOLO CAVUTO
RispondiEliminavedo tanta mediocrità in giro, caro Stefano; quando ho letto questa notizia mi è venuta una tristezza infinita, una pena enorme per i tanti mediocri che ascolto ogni giorno vomitare il loro furore giacobino, per sfogare le loro frustrazioni. Purtroppo mi conforta poco parlare, leggere ed ascoltare le persone valide come te, siete rimasti in pochi.
Non neghiamo l'evidenza: i figli di, comunque, molto raramente non raggiungono posti di rilievo in breve termine...Chissa perche'. Nulla e' tolto al lor valore, ma ragazzi, i laureati bravi sono tanti.
RispondiEliminaNon è che fosse raccomandata oppure semplicemente agevolata da Edoardo Brugnatelli, gia editor in Mondadori, dato che i loro genitori avvocati sono titolari dello studio Ichino-Brugnatelli. http://www.ichinobrugnatelli.it/
RispondiEliminaAnonimo non ti si può nascondere nulla. Mi hai smascherato, diavolo d'uomo (o di donna o di chissachecavolo)!
RispondiEliminaP.S. Guarda che non è vero - come tutti dicono - che tu sia una nullità, c'è del buono anche in te.
con immutato affetto tuo
Edoardo Brugnatelli
Che arrogante la sua risposta, Edoardo.
RispondiElimina