martedì 12 febbraio 2013

IL PAPA CHE SCENDE DALLA CROCE MERITA RISPETTO



Una volta un mio amico e cliente mi spiegava come ci fossero persone che nella vita nascono "storte", intendendo non tanto il fatto che fossero disoneste, sbagliate, ma riferendosi alla loro incapacità di seguire una linea retta nella vita : se per raggiungere una cosa c'è una via più "articolata" , loro seguiranno quella. Se c'è una spiegazione semplice ed una contorta, sceglieranno la seconda.
Secondo me parlava di noi Italiani in genere....
Il Papa si è dimesso, e gli italiani, praticamente  TUTTI, anche quelli del mercato rionale, hanno subito assunto la faccia dei grandi Furbi che la sanno lunga, un coro unanime di :  "c'è qualcosa sotto"....
Ora, i complottisti, ne abbiamo già parlato, non sono stupidi. Storto non significa stupido. Quindi una loro costruzione verosimile la mettono su, non sostengono ipotesi fantasione (beh un pochino sì va...almeno a volte) , insostenibili. Dire che il Papa è stanco degli scandali , delle lotte nemmeno troppo clandestine che lacerano la Chiesa, di Bagnasco e di Bertone...Perché no ?
Tutto possibile, anzi anche in qualche misura probabile. Però , domando, cosa c'è di così sconcertante che un uomo di 86 anni dica : non ce la faccio più, mi ritiro ... ?
Un cardinale polacco ha subito biasimato l'attuale pontefice ricordando come Wojtyla "non scese dalla croce"...Io ho la memoria  di un Papa amato da molti - e la partecipazione di milioni di persone alle sue esequie restano un ricordo indelebile, specie per noi romani che vedemmo la città invasa... - ma per il quale si provava una infinita pena per le condizioni in cui lo costringeva la malattia nei suoi ultimi anni di vita. E in tanti ci si chiese se non fosse più giusto, umano e anche responsabile, visto l'altissimo ministero svolto, che Giovanni Paolo II  si ritirasse.
Lui morì a 85 anni, Ratzinger si ritira a 86...
E' vecchio. Si può dire ancora questa parola ? Anche se non la diciamo, non cambia.  Ci possono essere personalità eccezionali naturalmente, ma non abbiamo sconfitto né la malattia né la vecchiaia. Abbiamo allungato la vita, questo sì, e spesso anche la vitalità. Ma non siamo diventati immortali né invulnerabili. Solo, di solito, più longevi.
La scorsa settimana ho partecipato alla presentazione del libro ( "Il Peccato del Professor Monti" Marsilio Editore)  di Franco DeBenedetti, fratello del più noto Carlo (ma migliore del parente...), e tra i commentatori dello scritto c'era anche Scalfari. Ecco, l'autore del libro ha compiuto 80 anni, e il fondatore di Repubblica ne ha 89. Sono due magnifici vecchi, con una testa ancora ammirevole. Ma sono vecchi. E si vede. Ora, scrivere libri, commentare le cose del mondo, lo si può fare senza grande sforzo fisico (basta prendersi i giusti tempi, e infatti Scalfari è dal 1996 che ha lasciato la direzione del suo giornale, quando di anni ne aveva 72, un'età giusta per la cessazione di un impegno QUOTIDIANO). Essere Papa ?? Il CAPO della comunità Cattolica nel mondo ? Parliamo di un miliardo e duecento milioni di fedeli, aumentati di 15 milioni in un anno. E già perché mentre i ricchi europei diventano sempre più atei - o agnostici -, nei paesi poveri il Vangelo fa proseliti, confermando la religione Cristiana come la più professata nel Mondo (oltre due miliardi, i musulmani sono un miliardo e mezzo ).
Insomma un attimo più impegnativo. Leggo che Adriano Sofri è dello stesso avviso, scrivendo : "   Ho, più brevemente e semplicemente, un'altrettanto forte ammirazione per il gesto di Benedetto XVI
(magari ci sarà, lui vivo, un Benedetto XVII), che è così "grave", e così normale: un uomo stanco e vecchio che comunica di sentirsi vecchio e stanco. Un Papa che rientra nel proprio corpo, e lo trasferisce in una casa provvisoria più adatta, meno rumorosa."
Davide Giacalone aggiuge altre cose, che sono quelle che offro alla vostra diretta lettura



L’abdicazione
 

Ammirazione, rispetto, costernazione. C’è di tutto nelle reazioni ufficiali alle dimissioni di Joseph Ratzinger dal trono di Pietro, ma non molta sincerità.
Benedetto XVI non è il primo Papa ad abdicare. Oggi si dice “dimettersi” o “lasciare”, quasi che l’uso del verbo possa cambiare la realtà del fatto: si tratta di un monarca il cui potere è assoluto. Chi lo fece prima di lui, però, visse circostanze in cui prevalevano o la carcerazione e l’esilio, talché non gli era materialmente possibile sedere al suo posto, oppure la decadenza e la corruzione, sicché quella carica poteva essere oggetto di simoniaci commerci. L’abbandono per ragioni di salute, o senilità, non ha precedenti, se non quello vicinissimo e che depone in senso esattamente opposto: Giovanni Paolo II.
Ma Ratzinger è troppo profondo cultore di quel trono per non avere previsto qualche scivolone nelle interpretazioni, quindi ha messo due volte le mani avanti: nel 2010, sostenendo che il Papa non solo può, ma forse deve lasciare nel momento in cui non sia più in grado di proseguire “fisicamente, psicologicamente, mentalmente” la sua missione; poi proprio ieri, specificando che “lascio per l’età avanzata e per il bene della Chiesa”. Quindi: si può abdicare ove si constati l’impossibilità di andare avanti, anche senza impedimenti fisici, purché prevalga il bene ecclesiastico. Il resto è contorno.
Credo non si capisca nulla di questo pontificato, e di come si conclude, se non si fa una doppia operazione, apparentemente contraddittoria: collocarlo nella storia e considerarlo continuatore di una tradizione millenaria, che sfida la storia. Karol Wojtyla fu un possente protagonista del tempo. Un combattente nella trincea della guerra fredda. Un vincitore, da Pontefice e da polacco, che poté vedere il crollo dell’impero sovietico, negante il diritto a praticare la fede. Un argine, nel contrastare le derive politiche della Chiesa, specie in America Latina. Un leader capace di espandersi verso nuove terre. Cambiò il modo d’intendere il papato, ma si lasciò molti problemi alle spalle. Macerie che l’allora capo del Santo Uffizio, poi divenuto Papa, avrebbe dovuto sistemare. Compito assai arduo, anche se quelli che noi chiamiamo “scandali”, sia in campo sessuale che finanziario, non sono materie inedite, nella storia del Vaticano. Il punto non sono gli “scandali”, ma quel che celano e quel che li genera.
Giovanni Paolo II fece passi decisi verso la convivenza e il reciproco riconoscimento di fedi diverse, anche in questo figlio e protagonista del suo tempo. Il futuro Benedetto XVI non approvava, essendogli chiaro che perdere specificità e diversità era come perdere identità. Il secolo lo ha pugnalato: nella volgare banalizzazione l’islam è accostato alla violenza suicida, la cristianità alle violenze sessuali. Papa Benedetto ha saputo reagire, ma la rivendicazione del valore culturale della fede lo ha portato su un terreno sdrucciolevole, nel quale si finisce con il rivendicare la diversa (quindi superiore, per dirla senza ipocrisie) civilizzazione. Sostenere, come egli fece, che democrazia e laicità sono figlie della cristianità è esercizio che porta a considerare la cristianità superiore agli altri monoteismi. Il che è fin troppo ovvio, visto con gli occhi della Chiesa. Ma terribilmente difforme dall’abitudine alle banalità del religiosamente corretto.
Sul core business, sulle questioni di fede, Benedetto non teme rivali. E’ sul collateral business che il suo passo è stato meno sicuro. Un Wojtyla poté gestire Marcinkus, per poi licenziarlo, perché non aveva dubbi sul ruolo da giocarsi nella storia. Un Ratzinger fa più fatica a reggere il confinamento del proprio Stato nella black list, fino al blocco dei pos per le carte di credito, appena oltre le mura leonine. Cambiò i vertici dello Ior, ma non il corso delle cose. Un Wojtyla supera di slancio la guerra interna alle guardie svizzere e ripone fra le questioni umanitarie due rapimenti. Un Ratzinger si ritrova aggredito non negli uffici della segreteria di Stato, dove non c’è più Agostino Casaroli a seguire una politica diversa da quella del Papa, ma direttamente nella propria stanza, con il maggiordomo forse raggirato, poi condannato, infine graziato. Deve aver capito che per vincere nella storia doveva uscire dalla storia, tornando alla materia dove domina.
Lui, che recuperò il camauro, è stato definito, nell’esplosione di dichiarazioni post abdicazione, un innovatore. Forse è bene riflettere senza fretta, prima di dire scemenze su chi guida un’istituzione che vive nel tempo, ma punta a quel che è fuori dal tempo.

9 commenti:

  1. ANTONIO DE SIMONE

    Profondo, commovente, umano. Bravo Ste, mi hai commosso...

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  2. ANTONIO

    Veramente non ti faccio i complimenti così tanto per farli, e' incredibile constatare come su certi argomenti tu riesca a sintonizzarti col mio modo di sentire.

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  3. ALADINO LORIN

    Se prendessero esempio anche i senatori a vita e i politici di lungo corso, sai che bello!

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  4. GIUSEPPE RICAGNI

    C'è (c'era) una differenza tra un Papa e un Manager.
    La scelta di Mr. Razinger è (ovviamente) in linea con tutte le sue scelte precedenti

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    1. Caro Giuseppe.....Dei pontefici del XX secolo NESSUNO è arrivato a 86 anni....Lasciamo riposare chi si sente vecchio e ha il coraggio di dirlo. Magari altri...

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  5. GIUSEPPE

    Stefano, che c'entra l'età? C'è gente più longeva e altra meno.

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    1. Quello che penso l'ho scritto. Francamente non capisco come si possa biasimare un uomo che a quell'età dica che non se la sente di continuare. Poi, se vogliamo fare della dietrologia...io francamente non sono in grado. Se avevo certe notizie, non scrivevo sul mio blog ma altrove ed ero pure più contento. Magari si scoprirà che l'hanno costretto, che l'hanno ricattato...Ma a me la spiegazione "normale e banale" dell'età, mi è sufficiente. E la rispetto.

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    2. Amen. In romano si può dire anche in altri modi ma in latino è meglio ed + anche più in tema...

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