domenica 3 marzo 2013

MA PERCHE' NOI ITALIANI NON CI DECIDIAMO A VOTARE COME VUOLE SCALFARI ??? CHE CI HA FATTO ?


Eugenio Scalfari non è affatto contento di noi italiani. Lo scrive da sempre, e in questi ultimi 20 anni di più. La nostra colpa è non deciderci a votare come ci "suggerisce". Non lo facciamo mai. AL grande giornalista (perché lo è, basta vedere l'incredibile successo di Repubblica, inventato di sana pianta a metà anni '70 e che contende ormai da lustri al Corriere delle Sera la palma di giornale italiano più diffuso ) non viene in mente che se la Sinistra radicale, statalista,  "Etica", alla maggior parte degli italiani non è mai piaciuta e non piace.
Perché gli italiani sono individualisti, e lo Stato lo cercano solo per aiuto e protezione, non per senso di appartenenza alla Res Publica. Ci sono tanti motivi per cui è così, comunque questo è.
Mussolini voleva fare degli italiani dei guerrieri, come lo erano stati gli antichi romani, sappiamo com'è andata. Scalfari vorrebbe che divenissero persone con il senso dello Stato, cittadini che non si chiedano solo cosa il loro paese debba fare per loro ma anche cosa LORO potrebbero fare per esso.
Con la nostra storia e una classe governante come quella che prevalentemente si è succeduta in Italia dagli anni 70 in poi, era ben difficile che questo miracolo potesse accadere.
Inoltre, non è nemmeno colpa degli italiani se la proposta a Sinistra continua ad essere scadente. Alle primarie, quando da una parte c’era Renzi, una novità che avrebbe portato voti NUOVI, oltre ai soliti, e dall’altra Bersani, l’”usato sicuro”, Scalfari si spese per il secondo. E ha iniziato a perdere per l’ennesima volta (in politica è quello che gli è accaduto più spesso, tanto che su questo nel settore gira un certo sarcasmo : l'endorsment del Fondatore è spesso letale al beneficiario ...).
Non si tratta di bolscevichi o no. Si tratta di  inseguire la CGIL,di  immaginare una politica economica sempre centrata sulle tasse (patrimoniale ) e non su una seria riforma del welfare, sottoporre alla selezione meritocratica studenti e docenti , vale a dire una categoria protetta, difendere lo stato di Diritto contro la demagogia dello stato Etico.
Questi alcuni dei motivi per cui gli italiani, almeno due su tre, continuano a non votare QUESTA sinistra.
Il PD di Veltroni, e quello proposto da Renzi, che del primo è il continuatore ed evolutore, poteva e potrebbe cambiare scenario.
Bersani e i suoi giovani turchi, no davvero.
Buona Lettura



“DIFFICILISSIMO USCIRE DALLA TEMPESTA PERFETTA” di EUGENIO SCALFARI da La Repubblica del 3 marzo 2013

IL NOSTRO Presidente della Repubblica ha fatto molto bene a redarguire il leader dei socialdemocratici tedeschi per le sue dichiarazioni sulle elezioni italiane. Aveva detto che gli elettori avevano privilegiato due “clown”, due pagliacci. Era una mancanza di rispetto nei confronti del nostro Paese e Napolitano gli ha risposto con fermezza e dignità. Perfino Grillo l’ha pubblicamente riconosciuto scrivendo sul suo blog «ho trovato finalmente il mio presidente». Bene, ma purtroppo che una metà degli elettori italiani abbia votato per due comici è la pura verità.
Sono due comici assai diversi tra loro, uno mescola alla buffoneria anche il disprezzo dell’etica pubblica e spesso sconfina nella criminalità; l’altro ha in mente la palingenesi cioè il mutamento totale della struttura istituzionale del nostro Paese e fa dell’etica pubblica la leva per arrivare al suo obiettivo, ma per reclutare il consenso necessario usa l’arte del buffone. L’ha detto con piena cognizione di causa Dario Fo che di buffoneria se ne intende, è il suo pane quotidiano: «Parliamo di buffoneria shakespeariana» (ricordate Yorick quando incontra Amleto che torna dall’Inghilterra e si accinge a vendicare suo padre?).
Molti dei nostri lettori mi hanno chiesto se mi aspettavo che Grillo arrivasse al 25 per cento dei voti. Sì, me lo aspettavo e l’ho anche scritto due settimane prima del voto. Ho scritto che il Movimento cinque stelle (che allora era stimato tra il 17 e il 19 per cento) avrebbe superato il 21-22 e anche più.
Perciò non mi ha affatto sorpreso il successo di Grillo. Invece mi ha sorpreso il successo di Berlusconi e la perdita di voti del centrosinistra; mi ha sorpreso la sconfitta in Campania, in Puglia e soprattutto in Lombardia.
Pensavo che il Pd si attestasse sul 30 per cento e con Vendola arrivasse al 33-34, con sei o sette punti di vantaggio rispetto allo schieramento di destra. E speravo che il voto disgiunto facesse vincere Ambrosoli in Lombardia.
Neanche questo è accaduto. La Lega ha perso un terzo dei suoi voti ma in Lombardia ha superato — pur arretrando — il centrosinistra. I voti persi dalla Lega sono andati a Grillo. Il grosso del ceto medio lombardo — salvo a Milano città — non voterà mai a sinistra, quello è un confine invalicabile. La sinistra di governo è composta da bolscevichi; turandosi il naso la maggioranza degli artigiani, delle piccole e medie imprese e delle partite Iva vota qualunque cosa ma non per i bolscevichi.
Spiace ricordarlo ma perfino Luigi Albertini vide il Mussolini del 1920 come un fenomeno da incoraggiare per ripulire l’Italia dalla sinistra e con il suo giornale lo incoraggiò molto, fino al delitto Matteotti e fino a quando quel Mussolini gli tolse la guida del La borghesia lombarda è un fenomeno molto complesso e assai difficile da capire.
Riassumiamo. In cifre assolute il centrosinistra ha perso tre milioni e mezzo di voti, Berlusconi ne ha persi quasi sei; Grillo ha raggiunto otto milioni e mezzo.
Bersani-Vendola hanno 340 deputati alla Camera avendo superato il centrodestra con lo 0,4 per cento. Il Senato è ingovernabile. Quanto a Monti, il suo 10 per cento per metà gli viene da Fini (ormai scomparso dal Parlamento) e da Casini rimasto in brache di tela. Per l’altra metà gli viene da conservatori perbene che non amano i buffoni.
Purtroppo per lui e per la democrazia italiana, il Monti politico è stato un disastro. Ha salvato l’Italia dal baratro ma l’ha messa a bollire a fuoco non tanto lento. Il popolo sovrano la sua agenda l’ha fatta a pezzi, ma l’Europa no. Questo non è un dettaglio. I buffoni (shakespeariani o no) l’hanno dimenticato. Hanno dimenticato che l’Italia non sta nella luna ma in Europa; hanno dimenticato che lo non è una malattia ma un termometro che misura la febbre. Possiamo buttarlo quel termometro ma la febbre resta, anzi sta aumentando. I buffoni promettono ma non manterranno perché non hanno i mezzi né le risorse. Gli elettori che li hanno votati non lo sapevano?
* * *
Circa un terzo dei voti di Grillo proviene da quei tre milioni e mezzo persi dal centrosinistra. Perché l’hanno fatto? Molti di loro hanno scritto al nostro giornale spiegando i loro comportamenti così: volevano dare una scossa al Pd, volevano che il suo spirito cambiasse, che il partito si rinnovasse da cima a fondo, ascoltasse la società, la rabbia dei giovani, la sfiducia e l’indifferenza dei lavoratori. In parte questo effetto l’hanno provocato, ma facendo pagare al Paese una situazione di ingovernabilità quale mai c’era stata dal 1947 in poi.
C’erano altri modi per provocare quella desiderata e desiderabile trasformazione? Uno sicuramente: potevano chiedere la convocazione immediata del congresso del partito e delle primarie che ne rappresentano il punto centrale; potevano — usando il web — autoconvocarsi e deliberare. Certo, ci volevano impegno e fatica. Invece hanno scelto la scorciatoia del voto a Grillo. E adesso che faranno? Come voteranno tra pochi mesi, perché così andrà inevitabilmente a finire? Se resta il “porcellum” Grillo probabilmente avrà la maggioranza assoluta oppure l’avrà Berlusconi con la conseguenza della perdita d’ogni credibilità del nostro Paese rispetto all’Europa.
Quando si vota con la pancia e si imboccano le scorciatoie accade quasi sempre il peggio e noi siamo nel peggio, più vicini allo sfascio che ad una palingenesi creativa.
Alcuni grandi imprenditori del Nord fanno anch’essi tifo per Grillo e sperano che conquisti la maggioranza assoluta. Personalmente non mi stupisce.
Perfino la Goldman Sachs sembra soddisfatta del risultato elettorale italiano.
Domandatevi il perché di questo consenso: un crollo politico italiano disarticolerebbe l’Europa e l’euro.
Ripeto: l’Italia non sta nella luna ma in Europa. L’Europa va costruita e noi siamo, dovremmo essere, uno degli attori di prima fila di questa costruzione. Ma siamo passati
da Altiero Spinelli, da De Gasperi, da Prodi, da Ciampi, da Padoa Schioppa, a Grillo e a Casaleggio. Shakespeariani forse ma comunque buffoni.
Non si va molto lontano su questa strada.
* * *
Per fortuna c’è Napolitano, ma ancora per poco, il suo mandato scade il 15 maggio ma fin dal 15 aprile il “plenum” del nuovo Parlamento comincerà a votare per eleggere il suo successore. Nel frattempo spetta a lui la nomina d’un nuovo governo che possa disporre d’una solida maggioranza parlamentare.
Il 15 marzo si riuniranno le nuove Camere. Dovranno innanzitutto proclamare gli eletti e poi costituire i gruppi parlamentari, eleggere i presidenti delle due assemblee, i vicepresidenti, i questori, le Commissioni.
Solo a quel punto, che comunque sarà molto meno facile da raggiungere visto che il Senato è privo di maggioranza, Giorgio Napolitano inizierà le consultazioni.
Prassi vorrebbe che dia a Bersani l’incarico di verificare se può realizzare al Senato una maggioranza solida sulla base d’un programma che metta al primo posto la riforma elettorale e una politica economica ed europea che punti sulla crescita, fermo restando il pareggio del bilancio e il rispetto del che è una legge europea già ratificata dal Parlamento italiano.
Riuscirà Bersani a portare a casa questo risultato che per legittima decisione dei Pd ha come unico destinatario il Movimento cinque stelle? A meno che Grillo e Casaleggio capovolgano la loro strategia, la risposta è negativa.
A quel punto Napolitano avrà la sola strada di nominare un governo tecnico e politicamente neutrale con lo stesso programma affidato ma non realizzato da Bersani: legge elettorale, politica economica di crescita nel quadro degli impegni europei. Il governo del Presidente illustrerà quel programma e chiederà il voto a chi ci sta.
Questo è il quadro che ci aspetta. Poi si passerà all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e anche questa non sarà una facile impresa.
Essendo stato tra i primi, molti mesi fa, a proporre una riconferma di Napolitano e avendogli poi promesso di non ripetere mai più quella proposta, mantengo con rammarico la parola data; ma un punto deve tuttavia essere chiarito. Napolitano ha correttamente osservato che la Costituzione non prevede una del capo dello Stato. Non esclude la rielezione per sette anni ma Napolitano ha ricordato che nel 2020 di anni ne avrebbe 95, perciò l’anagrafe esclude questa ipotesi e conferma la sua decisione di passare la mano.
Tutto esatto salvo che il Presidente in carica può dimettersi in qualsiasi momento del suo settennato. L’ha fatto il Papa, mettendo a rischio lo Spirito Santo che l’aveva scelto al momento del Conclave. Molto più agevolmente può dunque farlo un capo di Stato quando il Paese sia uscito dalla tempesta perfetta nella quale si trova. Ciò detto, poiché il Presidente non vuole, nessuno lo tenga per la giacca e noi meno che mai.

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