martedì 2 aprile 2013

E BERSANI RITORNA IN CORSA CON LA CARTA PRODI AL QUIRINALE


Se si continua a dare spazio agli acerrimi alleati, Bersani e Berlusconi, che detestandosi sulla carta ( e magari anche sul serio ) , spesso perseguono obiettivi affini, la speranza di quella parte di noi italiani che le "ali" radicali della politica vengano emarginate, e che i VERI responsabili, quelli di buon senso, finalmente trovino modo di governare, continuerà ad essere frustrata.
L'uomo che si diceva consapevole che questo è un paese che anche avendo il 51% dei voti, andava governato come avendone il 49, vale a dire il compagno segretario, ora sta facendo di tutto per riuscire ad avere Palazzo Chigi con il 25% ...sfruttando il denigrato ma preziosissimo Porcellum e sperando nei grillini.
Al governo ancora non c'è riuscito ad arrivarci, ma intanto si è votato i presidenti di Camera e Senato e adesso minaccia di fare lo stesso per la Presidenza della Repubblica.
I nomi che si sentono fanno venire i BRIVIDI per chi non è di Sinistra : Prodi, Zegrebelsky, Rodotà....Un vero atto di guerra, altro che capo dello Stato espressione dell'intera Nazione.  Eppure, se i montiani si prestano a questa prepotenza (che però sarebbe legittima sulla carta ) , potrebbe andare a finire così. Insomma, perché la polveriera non esploda, se Bersani continua nel braccio di ferro intrapreso dal 26 febbraio, c'è solo da sperare nel rifiuto a una simile logica da parte di Lista Civica , il che potrebbe dare spazio e fiato a quella parte del PD che disapprova l'estremismo scelto da Bersani ma ha timore di una spaccatura verticale del partito.
Da parte loro, quelli del PDL si innervosiscono perché vorrebbero, piuttosto che uno scenario del genere, le elezioni in estate....Ma NON in loro potere ottenerle, e nemmeno Napolitano concedergliele...Siamo nel semestre bianco. Quindi Berlusconi si sta accorgendo che il suo potere di interdizione non è forte come sperava, e che  Bersani, dopo aver preso tanti schiaffoni, alla fine potrebbe anche miracolosamente farcela. A maggio manda al Colle un antiberlusconiano doc, da questi si fa affidare l'incarico pieno che Napolitano gli ha negato e va in Parlamento a chiedere la fiducia, sperando che la NON voglia di elezioni da parte dei peones grillini (e non solo ), alla fine gli dia quella fiducia che sulla carta non ha.
E comunque, con un Presidente amico, le elezioni anticipate che premono al PDL, non ci saranno , almeno fino a quando i magistrati non avranno finito il lavoro...
Nel frattempo magari da Bruxelles e Francoforte arriverà l'"invito" a ridurre il debito pubblico con un adeguato prelievo dai conti correnti degli italiani...
Perché non è che tutti stiano ai comodi e ai tempi del paese di Machiavelli e anche dei Borgia.
Ecco la nota di cronaca politica interna del Corsera






«LA PRIORITÀ ORA È L'ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA»

Bersani, la carta di Prodi
per evitare le larghe intese

Il segretario cerca di uscire dall'angolo
e punta sull'ex premier per il nuovo Quirinale

Pierluigi Bersani e Romano Prodi (Ansa)Pierluigi Bersani e Romano Prodi (Ansa)
ROMA - Pier Luigi Bersani è convinto: «La priorità ora è l'elezione del presidente della Repubblica», annuncia ai suoi. E aggiunge: «Dopo la scelta del nuovo capo dello Stato ci saranno ancora più elementi che giustificheranno l'esigenza di un governo di cambiamento, e che chiariranno che le ipotesi delle larghe intese o di un nuovo esecutivo tecnico retto da una strana maggioranza sono impraticabili».
Già, perché se l'elezione del presidente avvenisse senza l'aiuto del Pdl ma con l'apporto dei grillini e, magari, di qualche montiano, sarebbe veramente difficile mettere di nuovo insieme attorno a un tavolo il Pd e il Pdl. Ed è proprio questa l'idea che sta accarezzando Bersani per uscire dall'angolo e rilanciare. Un capo dello Stato di rottura nei confronti di Berlusconi scriverebbe la parola fine sul tormentone delle «grandi intese», come su quello di un governo modello Monti.
Il nome vincente in questo senso potrebbe essere quello di Romano Prodi. Ai più è sfuggito il post pubblicato sul blog di Grillo sabato scorso. Ma al Pd lo hanno letto con attenzione e grande interesse. È vero, il leader del Movimento 5 Stelle sostiene di non voler vedere un politico già usato al Quirinale, però poi accusa Partito democratico e Pdl che «vorrebbero un presidente "quieta non movere et mota quietare", non un Pertini, ma neppure più modestamente un Prodi che cancellerebbe dalle carte geografiche Berlusconi».
Sì, Prodi sarebbe l'uomo giusto al posto giusto (anche se si parla pure di Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky). Al Pd pensano che l'ex premier dell'Ulivo potrebbe ridare l'onore al centrosinistra e l'incarico a Bersani. Ma per ora nessuno vuole bruciare né tappe né nomi, perciò la raccomandazione è: «Prudenza».
Anche perché Silvio Berlusconi ha subodorato che c'è qualcosa che non torna. E si è insospettito non poco anche delle mosse di Giorgio Napolitano che a suo avviso servono «a prendere tempo e rendere impraticabile la strada delle elezioni in estate» e rischiano di «metterci fuori dai giochi sul Quirinale». «Stiamo attenti - ripete incessantemente ai suoi il leader del centrodestra - perché come ai tempi di Monti è in atto un'operazione contro di noi, questa volta per eleggere il capo dello Stato senza che i nostri voti siano determinanti».
Il Cavaliere è convinto di essere al cospetto di «una trappola» e come i bersaniani guardano con un certo sospetto Enrico Letta, Massimo D'Alema e Matteo Renzi, perché pensano che stiano lavorando di sponda con il Quirinale, per dare vita a un governo che non sia presieduto dal segretario, così lui teme che riparta dentro il Pdl il tentativo di parricidio. «Se c'è qualcuno che nel centrodestra pensa di approfittarne per mettermi da parte, sta facendo male i suoi calcoli, perché io rovescio il tavolo», è il ritornello che più di un suo interlocutore si è sentito ripetere da Berlusconi. Ma in queste stesse ore, quasi fossero predestinati a cadere insieme, anche Bersani fa riflessioni analoghe: «I saggi non possono preparare il terreno per le larghe intese, se c'è qualcuno nel partito che invece ha in mente questo obiettivo lo dica chiaramente». E a sentire certe affermazioni, in mente, quell'opzione, la hanno in diversi. Paolo Gentiloni, per esempio, che dice: «Sto dalla parte di Enrico Letta che ha dato sostegno e fiducia a Napolitano». Mentre un altro renziano, Angelo Rughetti, propone: «Si potrebbero stabilizzare i gruppi di lavoro in un nuovo governo».
Per questa ragione Bersani si è reso conto che è quanto mai necessario uscire dall'angolo e non assecondare il tentativo di chi nel Pd vuole prendere tempo e, magari, sfruttare l'allungarsi dei giorni per lavorare all'insaputa del segretario su una candidatura al Quirinale che non guardi solo a sinistra. «Io - spiega ai suoi Bersani - rimango in campo e non mi ritiro. La linea resta quella del governo di cambiamento: non si possono fare le larghe intese solo perché i saggi dicono che c'è l'accordo su due, tre punti».
Del resto, continuano a ripetere i bersaniani del giro stretto, il presidente della Repubblica non ha dato l'incarico a nessun altro, quindi... Quindi, avanti ancora sulla linea di sempre. Ne è convinto uno come Matteo Orfini, secondo il quale «la soluzione proposta da Bersani è la più forte anche perché non ci sono nomi nuovi per la premiership». E quindi, per dirla con Alessandra Moretti: «Noi vogliamo un governo di cambiamento e Bersani deve esserne a capo».

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