giovedì 25 aprile 2013

E QUELLI DEL M5S LITIGANO SUL PRIMO STIPENDIO ...FACCI FA L'ELENCO DELLE GRILLINATE



Facci è un polemista al vetriolo, i cui toni sono a volte eccessivi. Il giorno in cui spiegavano a scuola le parole "moderazione", "diplomazia" lui era sicuramente assente.
Però è coraggioso e non accarezza nessuno per il suo verso. Travaglio è uno che sfida l'odio dei Berlusconiani, ma sa di ottenere in questo modo il favore e anzi l'idolatria dei milioni di ossessionati ANTI.
E' diventato ricco così.
Facci non liscia il pelo a nessuno. Per dire, scrive su Libero, e difende i diritti civili dei gay, tra cui quello al matrimonio , è un fiero avversario del regime carcerario speciale per mafiosi e terroristi (figuratevi quelli di Law and Order di destra...), e un garantista buono per tutti i i giorni, non solo quelli che sorridono al  Cavaliere. Con nettezza critica il non partito che è il PDL.
E' stato un acerrimo nemico di Di Pietro, che ora lascia in pace essendo un avversario abbattuto, e lo è di Grillo e del suo movimento.
E lo è da tempi non sospetti, e in specie dal 26 febbraio. Non ha aspettato che i grillini parlamentari dessero, per la stragrande maggioranza, quella penosa dimensione di sé.
No, subito, ad urne appena aperte, con tutti i media sbalorditi di fronte al successo ortottero e come al solito portati a celebrare il vincitore, Facci fu aspramente critico, denigrando Grillo e i suoi.
Oggi, a distanza di due mesi, anche coloro come me che nei confronti del Comico e dei suoi avevano in giudizio sospeso, si sono fatti una pessima idea di come funzionano le cose da quelle parti. Va bene, non è che altrove il cielo sia terso. Ma se questi sono il cambiamento, allora meglio astenersi che votare i pentastelluti. E infatti in Frili hanno fatto così. .
Ecco il micidiale elenco "facciano" di mediocrità. errori e gaffe collezionati da Grillo e i suoi in questo breve lasso di tempo.
Buona Lettura




FACCI

Vi racconto il flop di Beppe Grillo: eccolo servito in 16 mosse

A due mesi dal voto la rivoluzione a cinque stelle si è impantanata in una palude di gaffe, figuracce, scelte poco chiare, quirinarie fallite, espulsioni e liti





Primavera, fioriscono i bilanci. A due mesi dalle elezioni politiche ecco un rendiconto della rivoluzione a Cinque Stelle.   
1) Appena insediati, hanno eletto un presidente del Senato per sbaglio, aprendo processi interni dilanianti a una decina di inconsapevoli franchi tiratori: una riunione-rissa con urla e lacrime, un auto-denunciato, una scomunica dall’alto, uno scontro tra capigruppo e incidenti vari. 
2) Dopo il «casino» e i «passi malfermi» (definizioni loro) hanno esordito due commissari per la comunicazione nominati in fretta e furia da Casaleggio - e incorsi subito in un paio di gaffe - ma questo non ha impedito che i parlamentari grillini si facessero nuovamente infinocchiare dai giornalisti in molteplici occasioni: i capigruppo Crimi e Lombardi finivano definitivamente macchiettizzati come è stranoto a tutti, e su questo non incediamo. 
3) Nel tentativo di ovviare ai problemi, hanno inventato le conferenze stampa senza domande. 
4) Vari parlamentari sono stati ripresi perché giravano per il transatlantico senza giacca e con bicchieri di Coca Cola, una deputata si è vantata di non aver stretto la mano a Rosy Bindi, un altro è stato fotografato ai tavoli del ristorante della Camera in allegra compagnia: in generale i grillini sono incorsi in grandi e piccole cantonate (lapsus, magre, figuracce) di cui è andata persa la contabilità. Un deputato è giunto a dire «Lei non mi può interrompere» al presidente di turno della Camera. 
5) Rimane agli atti lo psicodramma del capogruppo Lombardi coi suoi 250 euro di scontrini andati persi, stesso personaggio che aveva dato del «nonno» a Napolitano.  
6) La celebre diretta streaming delle consultazioni Pd-Cinque Stelle, con uscite tipo «sembra di essere a Ballarò» e «siamo noi le parti sociali», ha indubbiamente messo in imbarazzo e restituito un’immagine di arroganza.
7) Alla fine delle consultazioni è risultato, almeno secondo i sondaggi, che i grillini avevano fatto perdere un sacco di tempo a tutti: complici la testardaggine di Bersani e della stampa arrovellati nel tentar di comprendere se i «no» di Grillo fossero strategici o significassero «no» e basta.
8) Intanto Grillo contestava l’articolo 67 della Costituzione e la libertà di voto degli eletti, il tutto in implicita contestazione della democrazia «rappresentativa» a cui si predilige quella «diretta». Di passaggio si sosteneva che il Parlamento, anche senza un governo, potesse iniziare comunque a lavorare istituendo le commissioni che - altra vittoria - alla fine non sono state istituite, facendo fallire l’idea di un assemblearismo spinto a propulsione elettronica.
9) Si tralasciano i dettagli sulla mancanza di trasparenza: dalle nomine sempre decise da Grillo & Casaleggio, al fantasma di «hacker» durante le votazioni interne, alla decisione di non rendere noti i nomi dei finanziatori del Movimento: senza contare gli innumerevoli interventi e commenti rimossi o censurati dal blog di Grillo in tutto questo periodo. 
10) La proclamata occupazione della Camera è finita piuttosto ingloriosamente, con discussioni persino sull’accresciuto consumo di energia elettrica. Stesso genere di polemica che ha riguardato la decisione di alcuni parlamentari grillini di viaggiare con treni ad alta velocità. 
11) Le «quirinarie» sono state un altro grandissimo punto interrogativo. Esclusa la candidatura di Dario Fo (stessa età di Napolitano) e pure quella di Gino Strada, le votazioni si sono dovute rifare per colpa di hacker misteriosi di cui nessuno ha spiegato nulla, ma la vincente Milena Gabanelli alla fine ha detto di no. Eccoti allora Stefano Rodotà che, pure, aveva definito Grillo come «estremamente pericoloso» e «populista del terzo millennio»: è diventato il candidato «proposto dai cittadini italiani» in virtù di 4.667 voti telematici su 28mila totali, resi noti da Casaleggio dopo giorni di polemiche sempre in virtù della scarsa trasparenza. Il risultato della candidatura di Rodotà è stato bruciare Rodotà. 
12) Eletto Napolitano, Grillo ha gridato al golpe, ha invitato a una marcia su Roma («dobbiamo essere milioni») e poi non c’è neppure andato, mentre una folla tuttavia provocava tafferugli e  spintonamenti davanti alla Camera. Il giorno dopo, la marcia su Roma è diventata una conferenza stampa e poi un micro-corteo interrotto al Colosseo. Grillo ha chiarito che «golpe» era un modo di dire. 
13) Un paio di giorni dopo, hanno espulso un senatore perché andava troppo in tv, tralasciando l’errore - bastava guardarlo - di averlo fatto eleggere. 
14) Elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia: due mesi dopo, il 27 per cento delle politiche diventa il 20 (scarso) preso dal candidato grillino, che nel caso della lista diventa addirittura il 13; alle comunali di Udine il candidato sindaco grillino becca circa il 14. 
15) Intanto Grillo continua col refrain («è finita», «a casa», «siete morti», «l’Italia fallirà in autunno») ma è andato a cantarlo in Germania
16) Intanto i parlamentari litigano seriamente sul primo stipendio: chi lo vuole tutto, chi no. Padri di famiglia e single si accapigliano. 


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