Tra le tante cose che Napolitano ha rimproverato ai partiti ignavi e frustri c'è, giustamente, la mancata riforma della legge elettorale, il denigratissimo, per anni , Porcellum , che però è stato fortemente difeso dal PD, oltreché da Berlusconi, nella precedente Legislatura. Gli acerrimi alleati, felice espressione di Verderami del Corsera, avevano fatto i loro calcoli, diversi ma convergenti nel conservare l'attuale sistema.
Ricordiamo perché.
Le caratteristiche della Legge Calderoli (la gente ironizza spesso ricordando che lo stesso ideatore l'aveva definita una "porcata", da qui l'ironica definizione attribuita a Sartori di Porcellum...ma si dimentica che il Leghista la definì tale DOPO le correzioni parlamentari e quella imposta dal Presidente Ciampi...) sono essenzialmente due, ormai note :
1) Nessuna preferenza. I partiti predispongono le liste, secondo un ordine da loro scelto, e in base ai voti ottenuti vengono eletti i parlamentari, seguendo la numerazione preassegnata. La gente non sceglie il proprio deputato o senatore.
2) Premio di maggioranza. Chi vince, ottenendo più voti, senza raggiungere però la maggioranza dei seggi, si vede attribuire quelli che mancano (e fino al 55% del totale). Alla Camera questo viene assegnato sulla base del voto nazionale. Al Senato, e fu una modifica imposta dal Presidente Ciampi, su base Regionale.
Questo è.
Napolitano boccia entrambi i pilastri della legge, e la Corte Costituzionale ha espresso più di una volta dubbi sulla legittimità costituzionale (senza arrivare ad una pronuncia perché il quesito non era strettamente questo) del premio di maggioranza completamente slegato da una soglia minima di consenso da conseguire.
Nelle ultime elezioni, la coalizione vincente alla Camera ha preso lo 0,4% in più della seconda ma soprattutto il 30% dei voti espressi , eppure si è presa il 55% dei seggi. Una mostruosità.
Che però Bersani e i suoi difesero con le unghie e con i denti perché l'unica formula che consentiva loro una corsa finalmente identitaria, consapevoli che MAI una coalizione SOLO di sinistra (definita "centrosinistra" giusto per gli allocchi) avrebbe avuto un consenso maggioritario, o anche del 40% (raggiungibile invece con Renzi, colpevole però di non essere "duro e puro" , e soprattutto poco antiberlusconiano, peccato mortale) . Con il premio monstre però basta arrivare primi, e stavolta erano sicuri di farcela. E infatti così è stato, sia pure veramente di un soffio. Certo, gli sarebbe piaciuto che anche il Senato avesse l'identico sistema, invece che l'attribuzione regionale, ma per quello sarebbe semmai stato necessario e sufficiente allearsi coi montiani, cosa già ipotizzata in campagna elettorale. Berlusconi, a sua volta, dando per persa la lotta per la Camera (e invece...140.000 voti ancora e ce la faceva anche stavolta...) , ha pensato che il Porcellum gli faceva comodo al Senato dove riteneva probabile vincere in Lombardia e Sicilia, oltre che in Veneto. Questo gli sarebbe bastato per impedire una maggioranza assoluta nell'Alta Camera parlamentare...E' andato oltre, vincendo anche in Puglia e Campania.
Si è arrivati così al "pareggio", vale a dire allo stallo attuale. Il timore è che una situazione simile si ripeterebbe anche con nuove elezioni e quindi l'imperativo di cambiare.
Ho già osservato più volte come personalmente non ritenga che se si tornasse alle urne a fine giugno o a ottobre i risultati sarebbero gli stessi, anche perché il PD sarebbe diverso. O ancora unito, ma sotto la leadership di Renzi, e quindi un VERO centrosinistra, capace di attrarre voti dei moderati e dei liberali, oltre che di conservare quelli della sinistra non radicale e riformista, oppure spaccato, con vittoria facile del centrodestra. Grillo, dopo le figure imbarazzanti sue e dei suoi in questi due mesi, perderebbe voti (ha già iniziato in Friuli). E comunque, un pareggio, qualora veramente si ripetesse (oggi l'SWG dà abbastanza nettamente avanti il centrodestra ) , con un PD a guida renziana non creerebbe, ai fini di un governo di coalizione, gli psicodrammi a cui si è assistito da febbraio a oggi.
Ciò posto, cambiamo pure la legge elettorale, ma senza lasciarci andare a sforzi eccessivi di fantasia. O adottiamo il sistema uninominale inglese, con le preferenze e i vincitori seggio per seggio, magari con un premio di maggioranza operativo solo a fronte di un consenso complessivo non inferiore al 40%, o il doppio turno alla francese. Se non ci si mette d'accordo, come dice giustamente Giacalone nel post che segue, meglio il lancio della moneta, che continuare con le opere di fantasia creativa...
Infine, dopo le lotte e le polemiche che per la prima volta hanno coinvolto gli elettori, con gente in piazza, stracci di tessere (se qualcuno salvava , tra i giudici di Mani Pulite, Gherardo Colombo, adesso è servito...) , post e tweet a raffica dove la parola "vergogna" andava via come il pane, ci si decidesse a istituire l'elezione diretta del Capo dello Stato.
Perché sulla Rete, nei social network, è facile parlare. Si è arrivati a dire che Rodotà era il Presidente degli italiani, per poi scoprire che non solo alle quirinarie degli ortotteri era solo terzo (questo si sapeva già) , ma che aveva preso in tutto 4.677 voti !!!!! E anche nei sondaggi della rete, pure dopo l'importante sponsorizzazione di Grillo, non ha mai superato per esempio la Bonino, che pure solo i socialisti di Nencini hanno nominato come possibile Presidente.
Infine, nel duello dialettico tra Rodotà e Scalfari (il secondo grande sponsor dell'amico Napolitano), domando : ma se ci fosse stata un voto popolare non credete che il risultato sarebbe stato simile a quello parlamentare ? Con oltre due terzi a favore del rieletto Presidente ?
Io sono certo di sì : Napolitano è di gran lunga l'uomo politico più stimato ( o meno disprezzato) dalla stragrande maggioranza degli italiani. Compresi quelli , come me, che sono certi ci sia qualcosa che non vada in una Nazione che ha come Capo dello Stato un uomo di 88 anni....
Però, ohi, nella Roma monarchica l'età dell'oro ci fu con Numa Pompili , il più saggio e il più anziano dei sette re.
Vi lascio al Post di Davide Giacalone, il quale spiega come la pistola delle elezioni anticipate, posta ieri sul tavolo da Napolitano nell'accettare il secondo mandato, sarebbe in realtà scarica mantenendo l'attuale legge elettorale. Come ho scritto sopra, stavolta non sono del tutto d'accordo col valentissimo opinionista, però è sempre arricchente leggerlo.
Gigante rossa
Il Quirinale rischia di diventare una gigante rossa. Non si tratta di colore politico, ma dello stadio evolutivo avanzato delle stelle: prima di spegnersi s’espandono e guadagnano luminescenza. Ho letto commenti pressoché unanimi: con la rielezione di Giorgio Napolitano il Colle diventa imperiale, non solo lui rientra nella pienezza dei poteri, ma con un peso politico destinato a farli crescere. Credo sia un’illusione ottica.
Oggi Napolitano è assai più potente nel promuovere la formazione del governo, ma solo perché è stato rimosso l’ostacolo inventato da Pier Luigi Bersani. Il muro che ha eretto e contro il quale si è schiantato. Cadendo la pretesa che il mandato fosse assegnato solo e soltanto a lui medesimo, e svanita l’illusione di fare una maggioranza con gli ortotteri (sempre stata tale, mai somigliata a una possibilità, e comunque un’ipotetica disgrazia), siamo tornati dove eravamo il 26 di febbraio. La differenza non sta nel fatto che ora Napolitano ha riacquisito il potere di sciogliere anticipatamente, vale a dire nella culla, la legislatura, ma nella riacquisizione piena dei poteri dati dall’articolo 92 della Costituzione, che gli assegna in esclusiva la nomina del presidente del Consiglio e fissa nel giuramento la data di nascita del governo. Poteri conculcati dalla rigidità bersaniana, quando, non a caso, Napolitano faceva riferimento all’articolo 94, che disciplina non la nascita del governo, ma la fiducia parlamentare.
Procedendo in questo modo avremo subito il governo. Sarà un governo del presidente, quale che sia la formula politica. E sarà sostenuto da Pd e Pdl, anche se non dovrà pronunciarsi l’abracadabra delle “larghe intese”. Tutto questo alloca al Quirinale il baricentro esclusivo del nostro tempo istituzionale? Segna la sua crescita imperiale? Non credo sia così. I governi del presidente non sono una novità dei nostri giorni. S’usavano anche quando il Quirinale era una nana bianca (stella giovane, ma è singolare come i due colori astrali coincidano anche con quelli politici). Il fatto è che se il governo e la legislatura s’imbarcano nella pappardella dei dieci saggi, parte un treno su cui tanti salgono, in cui nessuno si riconosce, destinato a far troppe tappe, scombinate per giunta, avendo un tempo di percorrenza ignoto e una destinazione incerta. Durante questo viaggio il presidente-imperatore può anche appisolarsi, perché il suo potere percepito cresce, come il volume e l’abbaglio della gigante rossa, ma quello reale no. Anzi, scende.
Ciò dipende dal fatto che l’arma dello scioglimento anticipato è spuntata. Usarla in queste condizioni, sebbene indispensabile, ove qualcuno (il Pd) renda impossibile la fiducia al governo presidenziale, espone a grandi rischi e non garantisce il risultato. Come se si attendesse il cambiamento degli elettori, anziché degli eletti. Sicché credo che governo e Parlamento dovrebbero, nel mentre l’esecutivo mette in sicurezza i conti e torna a balbettare qualche cosa nell’Unione europea, porre immediatamente mano al sistema elettorale (come si sarebbe dovuto fare nel novembre del 2011!). Non è che sia la priorità degli italiani, che credo, invece, se ne freghino, ma è la precondizione per evitare di cullarsi in un inutile ed esasperante tran-tran. Solo con quella riforma il Colle torna ad avere veramente l’arma dello scioglimento, e solo con quella rivotare significherebbe provare a darsi un Parlamento e un governo diversi.
Posto che per i sistemi proporzionali si dovrebbero avere i partiti politici, che abbiamo provveduto a distruggere e che si sono distrutti con le loro mani, quelli utilizzabili sono due: maggioritario di collegio secco (all’inglese) o maggioritario di collegio a doppio turno (alla francese). Per carità, non convochiamo saggi e commissioni. Mettiamone al tavolo uno per partito, della futura maggioranza. Se non trovano l’accordo giochiamocela a testa o croce.
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