venerdì 26 aprile 2013

NELLA SETTIMANA DEL TONFO SPAGNOLO E DEL TRIONFO GERMANICO, LE AMARE RIFLESSIONI DEL PRESIDENTE DELLA JUVE


Nella settimana, tonfo in Europa delle regine spagnole, Real e Barca, con trionfo delle squadre tedesche, Bayern e Borussia. I risultati sono stati clamorosi, 4-0 il Bayern sui blaugrana di Messi, 4-1 il Borussia sulle camisete blanche. NESSUNO degli appassionati di calcio si aspettava questi risultati.
Certo, il Barcellona qualche scricchiolio lo andava mostrando : sempre forti ma non più invincibili.
Lo scorso anno, la gloriosa era Guardiola si era quasi chiusa con zeru tituli (hanno vinto la Coppa del Re, la nostra Coppa Italia, che da loro vale un po' di più anche se meno della FA britannica) e quest'anno, dopo essere partiti alla grandissima, poi hanno rallentato, e in Champions sia col Milan che col PSG hanno rischiato molto (con i francesi sono passati solo grazie alla regola del gol doppio in trasferta, senza vincere...). Col Bayern, che a sua volta è da anni la terza forza europea, ed in chiara ascesa, la sconfitta quindi ci stava. Ma per 4-0 no , ancorché l'arbitro quello che poteva fare per favorire il punteggio rotondo, l'ha fatto. Ma se è vero che due gol su quattro erano palesemente irregolari è anche vero che i tedeschi potevano farne altri mentre il Barcellona non è esistito (avevano Messi in versione spaventapasseri. Però i teutonici tutto sono meno che passeri...). .
 Non sono dispiaciuto. A parte che lo strapotere tedesco consola noi juventini che sta figuraccia non l'abbiamo fatta, ancorché anche noi manifestamente inferiori,   personalmente (a differenza di un mio carissimo amico, Ruby, maschio, non l'altra...) non sono un fanatico del gioco del Barca. Il tichi taca, il possesso palla sfinente, il calcio per vie orizzontali, il calcetto applicato al calcio dei grandi, improvvisamente esaltato da triangoli velocissimi, da spunti individuali (di Messi per lo più) che aprono le difese e consentono di andare in porta a tu per tu col portiere. Nessun dubbio che gli interpreti di questo calcio siano fortissimi, e a parte Messi, che ormai è nella storia, Xavi e Iniesta sono due giocatori superlativi . Però di quel 70-80% di possesso palla, i 2/3 mi annoiano profondamente.
Tra Real e Barca, preferisco i primi, ancorché i secondi hanno dominato l'Europa dell'ultimo lustro.
Avendo appena scritto questo, comprenderete che mi dispiace della debacle dell'altra grande di Spagna, che invece è stata veramente una sorpresa. Il Real era favorito sul Borussia, ancorché anche questa squadra tedesca abbia fatto bene in Champions...Il 4-1, anche questo netto (ancorché i madridisti qualcosa in più rispetto agli odiati "cugini" l'hanno fatta), è veramente inaspettato.
CI si avvia dunque verso una finale tutta tedesca, ed è un peccato. Il Corriere della Sera oggi dedicava le pagine sportive a questo evento, spiegando come non fosse casuale, ma frutto soprattutto di organizzazione. In effetti, a differenza delle squadre spagnole che sono ricche di stelle di prima grandezza (soprattutto il Real, che ha meritato per questo l'appellativo di "galacticos" ) , e anche quelle britanniche in mano a qualche paperone russo (Chelsea) o arabo ( Manchester City), le tedesche hanno soprattutto dei collettivi funzionanti, ancorché arricchiti anch'essi da preziose individualità.
Il segreto teutonico pare si fondi sugli stadi di proprietà (da noi per averli si va anche in galera, tanti sono i vincoli e gli ostacoli burocratici da superare) e sulla cura dei vivai, imposto per legge (la Germania è un paese ad alto tassodi economia mista, con molte regole, però a differenza dagli altri paesi, è discretamente efficiente ) e naturalmente il merchandising e le sponsorizzazioni. Naturalmente anche da loro i diritti TV sono importantissimi, ma hanno fatto in modo da potenziare le altre voci, in modo da non dipenderne totalmente. Infine, tengono d'occhio i costi ( infatti il Borussia venderà proprio al Bayern tre dei suoi migliori giocatori, senza che il popolo scenda in piazza).
Tutto questo porta a dei risultati da cui le squadre italiane , che non possono più indebitarsi come un tempo, sono molto molto lontane.
E di questo parla e si lamenta Andrea Agnelli, primo in Italia con la sua Juve, ma consapevole della distanza che esiste nel torneo che più conta, sia per prestigio che per ritorno economico.
Ecco la sua intervista al Financial Times, riportata dal Corriere on line




L'INTERVISTA AL «FINANCIAL TIMES»

Andrea Agnelli e il calcio italiano:
«La serie A non è più un punto di arrivo»

Il presidente della Juventus punta il dito contro
un sistema calcio provinciale e poco competitivo all'estero

Andrea Agnelli, 37 anni, presidente della JuventusAndrea Agnelli, 37 anni, presidente della Juventus
Era la Serie A delle stelle, degli ingaggi record, il sogno da realizzare per tutti quei giocatori che aspiravano a vincere qualcosa. «Ora il nostro campionato è solo un punto di passaggio per i migliori». Così Andrea Agnelli, presidente della Juventus, si sfoga col Financial Times in un lungo dialogo con il giornalista Simon Kuper che sarà pubblicato sabato sul quotidiano della City.
«SISTEMA PROVINCIALE» - Troppe le differenze economiche con i «big» spagnoli, inglesi e ora soprattutto tedeschi. Come del resto è emerso nella sfida persa dai bianconeri contro il Bayern nei quarti di Champions League. I ricavi della Juventus - osserva il FT - sono la metà di quelli del Real Madrid e del Barcellona. Così competere in Europa è dura davvero. Colpa di un sistema calcistico troppo provinciale, secondo il giovane Agnelli. Che se dovesse scegliere una ricetta magica per risanare il sistema prenderebbe il meglio dall'estero: «Dall'Inghilterra la capacità di merchandising, dalla Spagna la libertà dei grandi club di vendere i diritti televisivi per conto proprio». E della Germania invidia «le grandi squadre sponsorizzate e sostenute dalle multinazionali tedesche». Un calcio «ingessato» il nostro, che «come l'Italia ha bisogno di riforme strutturali». «Ci sono voluti 10 anni perché passasse una legge che permette ai club di costruirsi lo stadio di proprietà». Poi un tuffo nel passato bianconero, a quando da ragazzo nel 1996 ha visto Vialli e Ravanelli alzare la Champions League a Roma nella finale contro l'Ajax . Quella formazione resta la sua preferita: «Gli avversari nel tunnel prima di scendere in campo avevano la faccia di chi pensa: "Contro questi abbiamo già perso"».

1 commento:

  1. RUBY

    Credo che per i prossimi anni, ci sara'poco spazio per altre squadre, forse il PSG potra'competere. Per il Barca si sta semplicemente chiudendo un ciclo, sara' difficile per chiunque eguagliari. Ps Ma cosa stara' pensando l'allenatore del Bayern, esonerato dopo una stagione cosi'......altra mentalita' in Italia impensabile......Merkel docet!

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