Grazie a Luca Sofri ho iniziato a sfogliare digitalmente la Stampa e devo dire che la cosa è istruttiva, come sempre del resto quando si leggono cose diverse dal proprio solito pensare - esercizio che consiglio vanamente a tutti : leggete anche gli "altri", non solo i "vostri".
E così mi capitano sotto gli occhi gli editoriali di gente come Sorgi, Deaglio, Riotta e oggi Brambilla. Autori che non amo, ma che però espongono in modo ragionato tesi diverse dalle mie, e quindi utili.
POI può capitare, come ieri, che uno di loro la pensi esattamente come te. Succede con l'articolo scritto da Michele Brambilla che attacca Grillo e i suoi, per la reazione scomposta alla puntata di domenica di Report , ma anche quelli del PD per questa loro deprecabile strategia di recuperare il terreno perduto attraverso le vittorie a tavolino. E così la questione della personalità giuridica imposta ai movimenti politici, ovviamente ostile al 5Stelle, e quella della ineleggibilità di Berlusconi, per una legge del 1957....
Sulla prima cosa, la difesa della Finocchiaro è peggio che debole, è RISIBILE. E infatti Crozza non perde l'assist, facendo presente....se non pensavate al Movimento di Grillo, chi pensavate mai di coinvolgere con questa decreto legislativo ?? Non solo : in una situazione in cui gli interventi istituzionali necessari sarebbero di ben diverso spessore, questi che ti vanno a pescare ? la personalità giuridica dei partiti...E Crozza che spietato irride : "è come se il chirurgo, chiamato a fare un'operazione a cuore aperto per cercare di salvare il paziente, posasse il bisturi stabilendo che è prioritario dare una bella spuntatina alle basette dell'operando....
Con Berlusconi la cosa è simile. Questa legge ci sta dal 1957, altra epoca, altra Italia, altra TV, e con questa legge Berlusconi, è storia nota (anche perché quelli del PDL la ripetono come un rosario) , è stato eletto per sei volte nell'arco di 20 anni, ricoprendo anche cariche governative e istituzionali importanti. Che senso ha se non quello di mostrarsi disperati ??
Grillo, nel proporre una cosa del genere, lo fa palesemente per mettere in difficoltà i suoi "concorrenti", che ormai si fa sempre più palese come il PD e i 5Stelle siano destinati a pescare prevalentemente nello stesso bacino. Gli elettori di centrodestra (almeno un terzo dei voti grillini di febbraio scorso) hanno già iniziato a capire l'errore e stanno abbandonando il pianeta ortottero. E Grillo , che fino a ieri aveva rinnegato le distinzioni tra destra e sinistra, definite obsolete, antistoriche, ora sempre più spesso strizza l'occhio all'elettorato del PD dicendogli : siamo noi la vera sinistra !
Ecco, mentre gente come Renzi e i suoi (ieri Del Rio a Ballarò ) accettano la sfida e pensano di battere Grillo proponendo una Politica diversa ed efficiente all'anti politica protestataria e finora inconcludente dei grillini, altri, più anziani e magari incapaci di superare certi insegnamenti antichi (il raggiungimento del potere come FINE e non come mezzo ). , pensano oggi come ieri, che l'annientamento dell'avversario va perseguito in qualsiasi modo.
Non c'è dubbio che un simile pensiero trovi molti adepti ( la storia dell'umanità è lì a testimoniarlo ) ma non sono in genere la maggioranza della gente. Nel passato, per prevalere, questi individui abbandonavano il solco democratico e cercava di prevalere con la forza delle armi.
Adesso, forse anche per i legami e i condizionamenti internazionali, questa opzione in occidente è stata da molto tempo abbandonata, e si prova con le leggi ad hoc.
Brutto spettacolo, e brutta gente.
L’autogol che aiuta l’antipolitica
Abbiamo più volte sottolineato - e continueremo a
farlo - gli eccessi dell’antipolitica, i suoi qualunquismi e i suoi
moralismi, il suo giacobinismo fanatico e il suo furor cieco, la facile
demagogia e la tragicomica ossessione del complotto. Ma c’è qualcosa che
nonostante tutto continua a dare, a questa antipolitica rabbiosa e
urlante, fiato e ragion d’esistere: ed è la politica.
La giornata di ieri ne è stata una triste conferma. Grillo e i suoi, fino a una certa ora del pomeriggio, apparivano in difficoltà. Era successo che domenica sera, a Report, Milena Gabanelli, dopo aver parlato del finanziamento dei partiti, aveva posto al Movimento Cinque Stelle due domande: che fine fanno i proventi del blog di Grillo, e quanto guadagna la Casaleggio e Associati dalla pubblicità sul sito. Due domande destinate a restare senza risposta sia durante la trasmissione - Casaleggio, assicura la Gabanelli, ha rifiutato l’intervista - sia dopo.
Scossi dall’essere, per una volta, sul banco degli imputati di un tribunale «amico» come Report, Grillo e i suoi seguaci hanno dato in un certo senso il peggio di sé. Primo: hanno dimostrato di essere, sul tema della trasparenza, piuttosto doppiopesisti: esigono la luce del sole per gli altri, ma non per loro stessi (e verrebbe da dire che non è la prima volta: ricordate le dirette streaming degli incontri con Bersani e Letta e, viceversa, le loro riunioni a porte chiuse?). Secondo: hanno dato un’ennesima prova di incontinenza verbale, visto che Milena Gabanelli, sul blog di Grillo, è stata insultata con tutto il consueto repertorio che si usa in questi casi, in particolare con le donne. Terzo: non hanno saputo spiegare ai propri militanti, e forse neanche a loro stessi, come mai certe incalzanti richieste di glasnost provenissero da una persona che, solo poche settimane fa, era la candidata del Movimento Cinque Stelle al Quirinale.
Quarto, Grillo e i suoi ieri stavano offrendo un brutto spettacolo soprattutto perché nel replicare alle critiche hanno fatto ricorso al solito schema che prevede la delegittimazione, per non dire la demonizzazione, dell’«avversario». Come purtroppo quasi sempre accade, chi non è d’accordo con il Movimento non è presentato appunto per quello che dovrebbe essere, cioè per una persona che non è d’accordo: ma come il servo di qualcuno, la longa manus di poteri forti, il solito giornalista prezzolato. Forse ancora più pesanti degli insulti da trivio, infatti, sono le insinuazioni nei confronti di Milena Gabanelli: «È stata richiamata all’ordine dal padrone PD-L»; «Le sue trasmissioni sembrano manovrate da una regìa politica»: «Lei è una asservita al padrone piddino»; «Cara Gabanelli, dicci chi ti ha costretto a fare quel servizio...». Di tutta la violenza verbale dell’antipolitica, questo del voler sempre attribuire loschi mandanti a chi eccepisce è l’aspetto più odioso, il più vile.
Ma come dicevamo l’antipolitica non avrebbe di che nutrirsi se non ci fosse la politica. Infatti sempre ieri, proprio mentre Grillo e i suoi si affannavano nella titanica impresa di far apparire Milena Gabanelli come un ventriloquo della Casta, ecco che dai partiti è arrivato l’autogol che ha cambiato la partita. Il Pd ha infatti presentato al Senato un disegno di legge che introduce la «personalità giuridica» dei partiti. Lasciamo agli azzeccagarbugli i dettagli. La sostanza è che, se passasse una legge del genere, il Movimento Cinque Stelle sarebbe costretto o a rinnegare se stesso - diventando un partito - oppure a non presentarsi alle elezioni. E siccome Grillo ha già detto che il suo movimento non diventerà mai un partito, una legge del genere avrebbe l’effetto di tenere i Cinque Stelle fuori dal Parlamento.
È bastata la notizia di questo disegno di legge, dunque, a levare i grillini dagli impicci, e a consentire loro di gridare al complotto. E non senza ragioni, stavolta. Il Pd ha già forzato la mano nelle regole delle sue primarie, pochi mesi fa: ora cerca di eliminare Berlusconi dichiarandolo ineleggibile e il Movimento Cinque Stelle costringendolo a cambiare pelle. Si può pensare di risolvere così i propri problemi?
No, non si può pensarlo. Ma la cosa più inquietante è che i politici non ci arrivino a capirlo da soli, dimostrando un distacco dal sentire del popolo che è poi la prima e più vitale linfa dell’antipolitica.
La giornata di ieri ne è stata una triste conferma. Grillo e i suoi, fino a una certa ora del pomeriggio, apparivano in difficoltà. Era successo che domenica sera, a Report, Milena Gabanelli, dopo aver parlato del finanziamento dei partiti, aveva posto al Movimento Cinque Stelle due domande: che fine fanno i proventi del blog di Grillo, e quanto guadagna la Casaleggio e Associati dalla pubblicità sul sito. Due domande destinate a restare senza risposta sia durante la trasmissione - Casaleggio, assicura la Gabanelli, ha rifiutato l’intervista - sia dopo.
Scossi dall’essere, per una volta, sul banco degli imputati di un tribunale «amico» come Report, Grillo e i suoi seguaci hanno dato in un certo senso il peggio di sé. Primo: hanno dimostrato di essere, sul tema della trasparenza, piuttosto doppiopesisti: esigono la luce del sole per gli altri, ma non per loro stessi (e verrebbe da dire che non è la prima volta: ricordate le dirette streaming degli incontri con Bersani e Letta e, viceversa, le loro riunioni a porte chiuse?). Secondo: hanno dato un’ennesima prova di incontinenza verbale, visto che Milena Gabanelli, sul blog di Grillo, è stata insultata con tutto il consueto repertorio che si usa in questi casi, in particolare con le donne. Terzo: non hanno saputo spiegare ai propri militanti, e forse neanche a loro stessi, come mai certe incalzanti richieste di glasnost provenissero da una persona che, solo poche settimane fa, era la candidata del Movimento Cinque Stelle al Quirinale.
Quarto, Grillo e i suoi ieri stavano offrendo un brutto spettacolo soprattutto perché nel replicare alle critiche hanno fatto ricorso al solito schema che prevede la delegittimazione, per non dire la demonizzazione, dell’«avversario». Come purtroppo quasi sempre accade, chi non è d’accordo con il Movimento non è presentato appunto per quello che dovrebbe essere, cioè per una persona che non è d’accordo: ma come il servo di qualcuno, la longa manus di poteri forti, il solito giornalista prezzolato. Forse ancora più pesanti degli insulti da trivio, infatti, sono le insinuazioni nei confronti di Milena Gabanelli: «È stata richiamata all’ordine dal padrone PD-L»; «Le sue trasmissioni sembrano manovrate da una regìa politica»: «Lei è una asservita al padrone piddino»; «Cara Gabanelli, dicci chi ti ha costretto a fare quel servizio...». Di tutta la violenza verbale dell’antipolitica, questo del voler sempre attribuire loschi mandanti a chi eccepisce è l’aspetto più odioso, il più vile.
Ma come dicevamo l’antipolitica non avrebbe di che nutrirsi se non ci fosse la politica. Infatti sempre ieri, proprio mentre Grillo e i suoi si affannavano nella titanica impresa di far apparire Milena Gabanelli come un ventriloquo della Casta, ecco che dai partiti è arrivato l’autogol che ha cambiato la partita. Il Pd ha infatti presentato al Senato un disegno di legge che introduce la «personalità giuridica» dei partiti. Lasciamo agli azzeccagarbugli i dettagli. La sostanza è che, se passasse una legge del genere, il Movimento Cinque Stelle sarebbe costretto o a rinnegare se stesso - diventando un partito - oppure a non presentarsi alle elezioni. E siccome Grillo ha già detto che il suo movimento non diventerà mai un partito, una legge del genere avrebbe l’effetto di tenere i Cinque Stelle fuori dal Parlamento.
È bastata la notizia di questo disegno di legge, dunque, a levare i grillini dagli impicci, e a consentire loro di gridare al complotto. E non senza ragioni, stavolta. Il Pd ha già forzato la mano nelle regole delle sue primarie, pochi mesi fa: ora cerca di eliminare Berlusconi dichiarandolo ineleggibile e il Movimento Cinque Stelle costringendolo a cambiare pelle. Si può pensare di risolvere così i propri problemi?
No, non si può pensarlo. Ma la cosa più inquietante è che i politici non ci arrivino a capirlo da soli, dimostrando un distacco dal sentire del popolo che è poi la prima e più vitale linfa dell’antipolitica.
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