giovedì 6 giugno 2013

E L'EUROPA OSSERVA ATTENTA LA TURCHIA. GUARDARE E' LA COSA CHE CI RIESCE MEGLIO.


Di quello che accade in Turchia ci appassioniamo poco. Sarà perché non è più un paese così solidamente alleato degli americani come prima (anche se tuttora fa parte della Nato), sarà perché dopo quanto è successo della primavera araba, siamo diventati prudenti. Resta il fatto che se alla fine ci stiamo facendo andare bene Assad, che è responsabile della morte di 100.000 siriani (gli aerei francesi e inglesi contro Gheddasi si alzarono solo alla minaccia di azioni repressive contro i civili di Bengasi...i civili di Damasco e Aleppo so sfigati ), figuriamoci se possiamo mettere in discussione Erdogan. Qualche critica, sui giornali, nessuna a livello diplomatico.
Questo è, anche se non vi pare.
Riporto lo scambio di corrispondenza tra un lettore del Corriere e Sergio Romano, nella sua apposita rubrica, per dissentire ancora una volta dal bravo ambasciatore. Mi succede di sovente, nonostante la comune matrice liberale di pensiero, la stessa che ho pensato sia alla base della quasi totale condivisione degli articoli di altri importanti giornalisti del prestigioso quotidiano di via Solferino (Panebianco, Ostellino, Galli della Loggia ). Con Romano invece non mi accade, e mi interrogo sui motivi.
Nella fattispecie odierna, il bravo politologo, nel sottolineare che l'Europa nella situazione turca può solo restare a guardare (ma di che ci lamentiamo ? è quello che sappiamo far meglio !! ) , recrimina sulle rigidità europee a suo tempo mostrate nel valutare la domanda di ingresso della Turchia nella Unione, determinando alla fine l'orgoglioso "vaffa" da parte dei turchi (espressoin diplomatichese).
Se si fosse tenuta una politica diversa, oggi potremmo condizionare l'azione di Erdogan.
Ora, io devo sforzarmi di capire bene. Ma questa UNIONE EUROPEA che è ????
Una sorta di Rotary ? Di Club di prestigio dove entrano i bravi e virtuosi , prescindendo peraltro da effettive affinità storiche e civili ?
Già continua ad essere difficile il processo di integrazione tra paesi che comunemente accettiamo di definire appartenenti al Continente Europeo, per i problemi noti di lingue diverse (fondamentale), storie (anche sanguinose) divisive, e oggi economie differenti. Se a questo aggiungiamo pure  una civiltà del tutto diversa, ma qual'è il senso di questa unione ?? Ma che non si può commerciare, essere amici, visitare  un paese straniero anche se non fa parte della UE ? Abbiamo problemi con gli USA, il Canada, l'Australia, l'America del Sud ?? Che è sta mania dell'Europa ? E che c'entra la Turchia con il nostro continente ??
In realtà la capacità o meno di condizionare qualcuno nasce dal fatto di averne la FORZA, e l'Unione NON ce l'ha in politica estera, proprio per la sua assoluta dispersione. La cosa cambia solo per chi si è ingabbiato, volontariamente, è giusto ricordarlo, con l'Euro, una moneta unica che mostra vari limiti e vizi.
L'Europa, come Unione, è mancata durante la guerra civile in Jugoslavia, manca  in ogni scenario di crisi internazionale, e quindi in Siria, in medio oriente in generale, e oggi in Turchia.
Siamo un continente ricco (ancora , ma sempre meno ) , disaggregato, anche piuttosto vile.
Questo è il motivo per cui non condizioniamo nessuno, caro Ambasciatore.

CRISI DEL GOVERNO ERDOGAN L’EUROPA PUÒ SOLO GUARDARE

È qualche anno che seguo con apprensione la politica turca e i fatti di questi giorni non fanno che aumentare la mia preoccupazione. La Turchia dice di voler far parte dell’Unione Europea... E va bene, ma quali garanzie offre? Ora non si tratta più solo di divenire soci, ma la conferma che il candidato ha mire egemoniche e che passo dopo passo ammette usi e costumi religiosi per noi intollerabili, mi preoccupa oltremodo. La Turchia ha un’enclave in Europa, la Tracia turca, e il mare non ci protegge come avviene per Tunisia, Egitto eccetera. Lei è sempre fiducioso?

Nerio Fornasier , CRISI DEL GOVERNO ERDOGAN L’EUROPA PUÒ SOLO GUARDARECaro Fornasier, credo che le sue preoccupazioni non siano giustificate. La Turchia non ha ritirato la domanda di adesione, ma non può ignorare che il negoziato è ormai bloccato, di fatto, da parecchi anni e che vi sono Paesi dell’Unione Europea esplicitamente ostili a una tale prospettiva. Aggiungo che gli sviluppi della crisi siriana hanno reso il nodo ancora più imbrogliato. La Turchia è divenuta una retrovia della guerra. Ospita non soltanto un numero crescente di profughi siriani, ma anche i guerriglieri che attraversano la frontiera per raggrupparsi o cercare assistenza sanitaria. Ed è probabilmente un corridoio per le armi provenienti da altri Paesi sunniti. Pensare che in queste condizioni possa contare su una più favorevole accoglienza dei Paesi dell’Ue mi sembra oggi difficilmente immaginabile. È un Paese sull’orlo d’una guerra che porterebbe con sé, se entrasse nell’Ue, tutti i problemi da cui è afflitto. Esiste invece, caro Fornasier, un argomento opposto rispetto a quello della sua lettera. Molti osservatori turchi e protagonisti delle manifestazioni, soprattutto fra i più giovani, osservano in questi giorni che i caratteri autoritari del governo Erdogan e certi provvedimenti «islamisti», come quello sul consumo degli alcolici, avrebbero trovato maggiori ostacoli sulla loro strada se i negoziati con l’Europa non avessero subito il brusco rallentamento degli scorsi anni. L’Ue ha assecondato la politica di Erdogan contro i militari e ha chiuso gli occhi anche quando è apparsa a molti persecutoria, perché riteneva che il ruolo delle forze armate voluto da Kemal Atatürk fosse incompatibile con i principi di una moderna democrazia. Ma avrebbe certamente sollevato riserve e obiezioni, se i negoziati avessero qualche prospettiva di successo, quando Erdogan si è dimostrato sempre meno tollerante verso la stampa e ha preso provvedimenti caratterizzati da una forte connotazione religiosa. Lei ha certamente ragione quando sottolinea l’importanza della Turchia per l’Europea. Ma non è colpa della Turchia se noi ci siamo privati della possibilità di esercitare una decisiva influenza sulla evoluzione del suo sistema politico.

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