Intanto che in molti si entusiasmavano (io non tra questi) per il ritorno di centinaia di migliaia di manifestanti in piazza Tharir, si leggeva anche la notizia di decine di casi di violenza sessuale - fino allo stupro - proprio all interno del mitico luogo dell'inizio della Primavera Araba (col tempo molto appassita).
La notizia si fermava qui . Delle famose 5 W , regole di base del giornalismo, solo tre venivano soddisfatte : What ? (violenze sessuali contro le donne) , Where?(il luogo, p.za Tharir), When ?(durante le manifestazioni di massa contro Morsi ). Le altre due restavano inevase, lasciate alle ipotesi del lettore. Parlo di Who ? , cioè CHI sono i violentatori, e Why, il motivo della violenza.
Se questa avvenisse fuori dalla Piazza, allora si potrebbero verosimilmente attribuire alla volontà di punizione da parte dei maschi più conservatori contro le rivendicazioni di emancipazione delle donne egiziane.
Ma come si concilia questa spiegazione che le violenze si realizzano all'INTERNO del luogo dove si radunano decine e centinaia di migliaia di individui (uomini e donne) in teoria fautori degli stessi obiettivi : libertà civili e opposizione alla islamizzazione delle istituzioni ?
Ho vanamente cercato una risposta nell'articolo trovato su Repubblica di Francesca Caferri, in uno spazio coniugato al femminile, dove la giornalista riferisce cronache e verità di quelle che lei chiama le sue "amiche egiziane".
Viene descritta una situazione di disagio crescente, dove, nonostante la caduta del Presidente eletto, le speranze di cambiamenti veri, specie dal lato dell'emancipazione femminile si fanno più deboli.
Un articolo amaro.
Le donne egiziane punite con lo stupro
Le mie amiche egiziane me lo avevano detto: "Abbiamo davanti tempi duri, ma ce la faremo". Era un anno e mezzo fa, nei loro uffici non lontani da piazza Tahrir. Non immaginavano quanto duri sarebbero stati quei tempi.
Si aspettavano tutto, le mie amiche egiziane: il tentativo di cancellare le leggi a favore delle donne approvate negli anni anche grazie a Suzanne Mubarak. Quello di islamizzare la società egiziana. Sapevano che il conto per le donne, quelle che avevano fatto la rivoluzione e quelle che erano rimaste a guardare, sarebbe stato alto. E si aspettavano prima di tutto che la società civile, loro stesse e i loro amici, non fossero pronti ad affrontare l'ondata islamista e che sarebbero stati travolti dai Fratelli musulmani: e così è stato.
Solo, chiedevano tempo: "Ci organizzeremo, reagiremo", mi dicevano. E invece il tempo non l'hanno avuto.
Una cosa le mie amiche egiziane non si aspettavano: l'ondata di violenze e di stupri che in questi mesi in silenzio è cresciuta nelle piazze d'Egitto. Ai tempi di Mubarak, più dell'80% delle donne - aveva rivelato un sondaggio pubblicato poco prima della caduta del raìs - in Egitto aveva subito molestie e violenze. Poi arrivò la rivoluzione: le donne scesero in piazza e nessuno le toccò: in quei magici 18 giorni a piazza Tahir non ci furono denunce di stupri, né di violenze. "Un miracolo - mi disse Nawal al saadawi, la più nota femminista egiziana - ripartiamo da qui".
Il vento cambiò poco dopo, quando la ragazza dal reggiseno blu venne spogliata e picchiata nelle strade, quando Samira Ibrahim e le sue compagne furono sottoposte con la forza al "test della verginità" dai soldati dopo essere state arrestate in piazza. Era l'inizio dell'onda di ritorno: le mie amiche pensavano di poterla cavalcare, seppur con dolore. Organizzarono ronde di protezione, campagne di graffiti, manifestazioni pubbliche: per qualche tempo sembrava che il loro entusiasmo contagiasse la società.
Poi l'onda è diventata uno tsunami e ha travolto tutto: decine di donne ogni giorno sono molestate a piazza Tahrir, molte vengono stuprate. La violenza contro le donne è diventata un'arma politica per piegare una parte della società e le ronde di protezione auto-organizzate non servono a nulla. Il vento è cambiato in Egitto: e nessuna delle mie amiche oggi guarda più al futuro con la forza e la tenacia che aveva un anno e mezzo fa.
Nessun commento:
Posta un commento