Il BILANCIO DECISAMENTE AMARO DEL CAVALIERE : TASSE MAI VISTE E ITALIA REPUBBLICA DELLE PROCURE
Dobbiamo approfittare finché al Corriere continuano a dare ospitalità a Piero Ostellino, che temo prima o poi, per il suo liberalismo "scozzese", impregnato di crudo ma sano realismo, verrà tacitato.
Ecco la sua riflessione sul concetto oggi di moda dell'"agibilità politica" di Berlusconi, occasione per seminare, qua e là tristi ma preziose verità. Tra queste, l'uomo che doveva sconfiggere le tasse e riformare la giustizia, vede al tramonto - che magari durerà molto, ma certo non siamo all'alba...- della sua storia politica un'Italia con una pressione fiscale MAI vista, aI livelli dei famosi paesi scandinavi (senza sognarsi di averne i servizi efficienti) e la Repubblica delle Procure.
Al di là delle responsabilità e delle cause, decisamente non un buon bilancio.
Buona Lettura
"L'AGIBILITA' DI UN LEADER E IL DIRITTO DI PAROLA"
La sempre fertile italica fantasia ha partorito un nuovo neologismo,
«agibilità politica», intorno al quale classe politica, media, opinione
pubblica ruotano come una crisalide a una fonte di luce. Non li
preoccupa il rischio di scottarsi. Interrogarsi
sull'agibilità politica di un uomo condannato, ma vivo e vegeto — che,
poi, vuol dire chiedersi se il berlusconismo sia, o no, finito — è come
se un consesso di matti, nel cortile di un manicomio, discutesse se a
Napoleone converrebbe, quest'anno, lanciare la campagna di Russia, ma
partendo subito dopo Ferragosto. L'agibilità politica è, per un uomo
pubblico, la possibilità di pensare e di dire ciò che pensa ai propri
sostenitori. I suoi nemici sostengono che — dopo la conferma della
condanna a quattro anni e all'interdizione dai pubblici uffici —
Berlusconi l'avrebbe persa; la paralisi si concreterebbe dopo
l'espulsione dal Parlamento come senatore. Un auspicio palesemente
velleitario. I suoi sostenitori sostengono il contrario; Berlusconi
potrà continuare a pensare, dire pubblicamente ciò che pensa e
incontrare i suoi collaboratori come prima. Un auspicio altrettanto
troppo ottimista. Lui dice che rimane il capo del centrodestra. Ma per
fare che cosa? Forse, il buon uomo non lo sa; molto più probabilmente,
gioca a fare il martire. Così, i berlusconiani inalberano cartelli
«Forza Silvio». Come allo stadio, col Milan, sperano che, prima o poi,
faccia gol. In realtà, nessuno — salvo il Padre Eterno chiamandolo a sé —
potrebbe impedire a qualcuno di pensare e di dire la sua a chi gli
pare. Se è così che stanno le cose, che Dio gli conservi almeno la
salute; prima o poi, la parola la ritrova. Personalmente, non nutro
l'ottimismo e la fiducia dei suoi. Da vent'anni, dice che bisogna
ridurre le tasse e riformare il sistema giudiziario. Le tasse sono
aumentate a dismisura, anche quando era al governo; l'Italia è diventata
la Repubblica delle Procure. Se contavano di toglierselo dai piedi per
via giudiziaria, i suoi nemici farebbero bene a rassegnarsi e ad
attrezzarsi realisticamente per sconfiggerlo per via politica. Per ora,
il solo risultato che hanno ottenuto è, invece, che lui continuerà ad
imperversare, la Giustizia ha perso ogni credibilità e la sinistra è in
uno stato confusionale che non lascia sperare nulla di buono per il suo
futuro e quello del Paese. A pensar male, la discussione sull'agibilità
politica a me pare francamente una manfrina per dar l'idea che sia
cambiato qualcosa affinché non cambi nulla. Una strizzatina d'occhio, un
dar di gomito. E il Cavaliere continuerà a fare quello che ha fatto
finora. Il ceto medio, per quel che conta, ha ancora il suo
rappresentante; il popolo della sinistra — che crede di aver sconfitto
il tiranno — festeggia la fine della Resistenza e la Liberazione. E
tutti, d'ora in poi, vivranno felici e contenti. Nella storia nazionale
c'è sempre un balcone, reale o metaforico che sia, sotto il quale gli
italiani coltivano qualche illusione. La storia si ripete. A volte,
costa poco; altre, troppo, ma aiuta a sopravvivere.
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