mercoledì 21 agosto 2013

Il BILANCIO DECISAMENTE AMARO DEL CAVALIERE : TASSE MAI VISTE E ITALIA REPUBBLICA DELLE PROCURE


Dobbiamo approfittare finché al Corriere continuano a dare ospitalità a Piero Ostellino, che temo prima o poi, per il suo liberalismo "scozzese", impregnato di crudo ma sano realismo, verrà tacitato.
Ecco la sua riflessione sul concetto oggi di moda dell'"agibilità politica" di Berlusconi, occasione per seminare, qua e là tristi ma preziose verità. Tra queste, l'uomo che doveva sconfiggere le tasse e riformare la giustizia, vede al tramonto - che magari durerà molto, ma certo non siamo all'alba...- della sua storia politica un'Italia con una pressione fiscale MAI vista, aI livelli dei famosi paesi scandinavi (senza sognarsi di averne i servizi efficienti) e la Repubblica delle Procure.
Al di là delle responsabilità e delle cause, decisamente non un buon bilancio.
Buona Lettura  


"L'AGIBILITA' DI UN LEADER E IL DIRITTO DI PAROLA"

La sempre fertile italica fantasia ha partorito un nuovo neologismo, «agibilità politica», intorno al quale classe politica, media, opinione pubblica ruotano come una crisalide a una fonte di luce. Non li preoccupa il rischio di scottarsi. Interrogarsi sull'agibilità politica di un uomo condannato, ma vivo e vegeto — che, poi, vuol dire chiedersi se il berlusconismo sia, o no, finito — è come se un consesso di matti, nel cortile di un manicomio, discutesse se a Napoleone converrebbe, quest'anno, lanciare la campagna di Russia, ma partendo subito dopo Ferragosto. L'agibilità politica è, per un uomo pubblico, la possibilità di pensare e di dire ciò che pensa ai propri sostenitori. I suoi nemici sostengono che — dopo la conferma della condanna a quattro anni e all'interdizione dai pubblici uffici — Berlusconi l'avrebbe persa; la paralisi si concreterebbe dopo l'espulsione dal Parlamento come senatore. Un auspicio palesemente velleitario. I suoi sostenitori sostengono il contrario; Berlusconi potrà continuare a pensare, dire pubblicamente ciò che pensa e incontrare i suoi collaboratori come prima. Un auspicio altrettanto troppo ottimista. Lui dice che rimane il capo del centrodestra. Ma per fare che cosa? Forse, il buon uomo non lo sa; molto più probabilmente, gioca a fare il martire. Così, i berlusconiani inalberano cartelli «Forza Silvio». Come allo stadio, col Milan, sperano che, prima o poi, faccia gol. In realtà, nessuno — salvo il Padre Eterno chiamandolo a sé — potrebbe impedire a qualcuno di pensare e di dire la sua a chi gli pare. Se è così che stanno le cose, che Dio gli conservi almeno la salute; prima o poi, la parola la ritrova. Personalmente, non nutro l'ottimismo e la fiducia dei suoi. Da vent'anni, dice che bisogna ridurre le tasse e riformare il sistema giudiziario. Le tasse sono aumentate a dismisura, anche quando era al governo; l'Italia è diventata la Repubblica delle Procure. Se contavano di toglierselo dai piedi per via giudiziaria, i suoi nemici farebbero bene a rassegnarsi e ad attrezzarsi realisticamente per sconfiggerlo per via politica. Per ora, il solo risultato che hanno ottenuto è, invece, che lui continuerà ad imperversare, la Giustizia ha perso ogni credibilità e la sinistra è in uno stato confusionale che non lascia sperare nulla di buono per il suo futuro e quello del Paese. A pensar male, la discussione sull'agibilità politica a me pare francamente una manfrina per dar l'idea che sia cambiato qualcosa affinché non cambi nulla. Una strizzatina d'occhio, un dar di gomito. E il Cavaliere continuerà a fare quello che ha fatto finora. Il ceto medio, per quel che conta, ha ancora il suo rappresentante; il popolo della sinistra — che crede di aver sconfitto il tiranno — festeggia la fine della Resistenza e la Liberazione. E tutti, d'ora in poi, vivranno felici e contenti. Nella storia nazionale c'è sempre un balcone, reale o metaforico che sia, sotto il quale gli italiani coltivano qualche illusione. La storia si ripete. A volte, costa poco; altre, troppo, ma aiuta a sopravvivere.

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