venerdì 20 settembre 2013

IL DIRITTO DI CRITICA VA BENE, BASTA CHE PUOI SPENDERE. 500.000 EURO DI MULTA A dOLCE E gABBANA PER "DANNO MORALE"....


Quando avevo letto la notizia non ci volevo credere, e ancora resto incredulo, anche se reputo Facci uno serio, per quanto molto agguerrito e polemico nelle sue denunce. Dolce e Gabbana, nella sentenza che li condanna a pagare non so quanti milioni al fisco, hanno ricevuto anche un'ulteriore ingiunzione pecuniaria di ben 500.000 euro per "danno morale" al fisco italiano, perché, se non ho capito male, criticare è un diritto costituzionale però se poi facendola si mina la fiducia in un istituto statale, la cosa cambia. 
Forse i giudici ci dovrebbero fornire un catalogo delle critiche ammissibili, così uno si regola. Perché si ha un bel dire che le sentenze si rispettano. Se con questa parola si vuole intendere che, se esecutive, vanno applicate, c'è poco da dire (per un parlamentare le cose sono un po' più complicate, ma anche lì è la costituzione a stabilirlo) ma se con la parola rispetto s'intende adesione convinta, fiducia nella correttezza della decisione, ebbé diventa decisamente un altro paio di maniche. In un post di ieri abbiamo citato tre clamorosi casi di errori giudiziari conclusisi di recente con altrettante assoluzioni (leggetelo, è istruttivo, che la campana può suonare per tutti... http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2013/09/presunto-colpevole-quando-una-qualche.html ).
Ma in campo tributario le cose vanno addirittura peggio, stante l'assoluta inestricabilità, probabilmente voluta, della materia.
L' 11 settembre si è registrato un caso che, se confermato, dovrebbe fare scattare l'intervento del Primo Presidente della Cassazione e richiesta di chiarimenti dal CSM. Intanto, lodevolmente, questa domanda l'ha fatta l'onorevole Enrico Zanetti, eletto montiano (quindi no gentaglia...) che ha presentato una interrogazione al ministro della Giustizia di quanto segue.
Il 9 aprile scorso la Corte di Cassazione era stata chiamata a pronunciarsi su un caso di diritto tributario molto tecnico : la detraibilità dell'IVA nei casi in cui è permessa l'omissione dell'autofattura avendo assolto gli obblighi a "monte". In realtà il problema compariva in due procedimenti diversi, assegnati allo STESSO COLLEGIO (vale a dire una Corte che aveva gli stessi componenti) ma con trattazione separate (ovvio, visto che erano due processi distinti). 
Problema uguale, giudice uguale ma pronunce OPPOSTE !!
In un caso (sentenza pubblicata il 6 settembre) la Cassazione aveva stabilito che l'omessa emissione dell'autofattura non determina la perdita del diritto alla detrazione "perché altrimenti si violerebbe il principio della neutralità dell'imposta".  Nell'altro (pubblicazione dell'11 settembre) la stessa Corte ha stabilito che "l'omessa emissione dell'autofattura determina la perdita del diritto alla detrazione" con la conseguenza che il contribuente è stato condannato a pagare l'IVA una seconda volta (oltre le sanzioni). 
Ora, mi piace pensare che sia giusta quella favorevole al contribuente e sbagliata l'altra ma assolutamente non sono in grado di dirimere la controversia (nemmeno di esprimere un parere in merito !). Quello che è certo è che se è già biasimevole che un giudice dica bianco e l'altro dica nero (e succede ! avoglia se succede. Anche a livello di Cassazione, che per questo ci sono le sezioni unite), finiamo nella patologia psichica quando lo STESSO giudice si esprime in modo contraddittorio.
Ritorno ad una mia antica proposta  : non è meglio il lancio della moneta ? Più veloce, meno costoso e tutto sommato il cittadino ha almeno il 50% di probabilità. Non male, di questi tempi.


Facci: una moralità del Fisco

I 500mila euro di "risarcimento danni" imposti a Dolce e Gabbana per la loro protesta anti-tasse sono una follia. Ecco perché


Facci: la moralità del Fisco. Italiani, pagate e tacete

Ora venite a ripeterci che le sentenze non si discutono. Gli stilisti Dolce & Gabbana sono già stati condannati a un anno e otto mesi per evasione fiscale, e pace, lo sapevamo. Ma, per il resto, chiudere i propri negozi per protesta è un reato oppure non lo è. E non lo è. Il semplice denunciare l’eccesso di pressione fiscale è un reato oppure non lo è. E non lo è. Comprare una pagina di giornale per lamentarsi contro Equitalia è un reato oppure non lo è. E non lo è. Rilasciare interviste contro il fisco rapace è un reato oppure non lo è. E non lo è. E se non lo è - se queste condotte non sono reati - la magistratura non può prendere questi non-reati e stabilire che nell’insieme abbiano inferto un «danno morale» al fisco italiano, come si legge nelle motivazioni della sentenza appena rese note.  I giudici non possono stabilire che degli atti leciti «cagionano pregiudizio alla funzionalità del sistema di accertamento e alla tempestiva percezione del tributo». Ergo, i giudici non possono affibbiare a Dolce & Gabbana altri 500mila euro di risarcimento per «danno morale», come hanno fatto: perché significa che il diritto di critica è andato definitivamente a ramengo e che la sola cosa da fare è pagare e stare zitti, perché sennò la gente, sai, poi pensa male di Equitalia. Ecco perché occorre proteggerla da quella moltitudine di crudeli cittadini pronti a infliggerle terrificanti danni morali con le loro lagnanze. Siamo alla follia.

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