domenica 13 ottobre 2013

SUL TEMA DIFFICILE DELL'IMMIGRAZIONE, FORTE IL RISCHIO DEL BUONISMO A SPESE ALTRUI.


Il tema è difficile in quanto suscita emozioni prevalenti sul ragionamento. Perlo dell'immigrazione, la necessità di regolarla contrapposta al dramma umano di migliaia di persone che fuggono non solo dalla povertà ma anche dalla guerra. 
Tutti vogliono eliminare la Bossi-Fini e il reato di clandestinità. D'accordo, ma questo vuol dire che non ci deve essere NESSUNA regola in materia ? Saremmo l'UNICO paese al mondo...
Tra l'altro è qualcosa che la stragrande maggioranza delle persone non vuole, un po' per diffidenza, molto per paura, anche per egoismo. Resta che probabilmente non ha torto Grillo quando afferma che assumere le posizioni di certe anime belle del Movimento in tema di immigrazione significherebbe per i 5Stelle un'emorragia di consensi (se sul tema si è sempre mosso con cautela il PD, che ha un elettorato di sola sinistra, tendenzialmente disciplinato e sensibile a questi temi, certo ha più problemi Grillo che nella pancia del suo partito ha un 50% e passa di elettori che di buonismo immigratorio non vogliono sentire parlare). 
Il mancato controllo dei flussi migratori comporta come grave conseguenza (tra le altre) quella di importare spesso la parte peggiore di queste popolazioni, come regolamente confermato da un dato che non è xenofobo ma triste realtà : i reati commessi da stranieri sono - percentulamente ovvio, tenuto conto che sono meno del 10% della popolazione sul territorio - assolutamente superiori a quelli compiuti da italiani (Luca Ricolfi "Illusioni italiche" ).
 Non dipende dal fatto che gli stranieri delinquono di più, che certe etnie sono più portate al crimine, ma da un sistema per il quale da noi arrivano i peggiori, che da altre parti hanno ben poca speranza di entrare. 
Davide Giacalone ha scritto vari articoli sul problema, sforzandosi sempre di tenere a bada la tentazione delle parole  maggiormente orecchiabili.
Questo di seguito è uno dei suoi ultimi contributi.



Clandestinità e integrazione

Il reato di clandestinità non ferma i clandestini. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, mette a fuoco questo concetto, buttando sulla pira anche la ragionevolezza. Poi continua e non s’accorge, in un’intervista al Corriere della Sera, d’intonare un inno alla guerra.
Nessuna legge penale ha mai fermato alcun crimine. In nessuna parte del mondo e qualsiasi cosa ci sia scritta. Senza scomodare Cesare Beccaria, è evidente che è la concreta possibilità della pena a disincentivare il reato, non la sua roboante e inutile enunciazione. Non è il reato di spaccio a disincentivare il mercato della droga, semmai le condanne inflitte agli spacciatori e le pene da loro effettivamente scontate. Un Paese con la peggiore giustizia del mondo civilizzato, quale noi siamo, può scrivere nelle leggi quel che vuole, ma quelle resteranno gride manzoniane (a dimostrazione che certi guasti genetici non sono contingenti). Tutte e tre le più alte cariche dello Stato sembrano essere favorevoli all’abolizione del reato di clandestinità: hanno forse in mente di aprire le nostre frontiere a chiunque voglia varcarle? Suppongo di no (voglio sperarlo), perché sarebbe follia. E, allora, si rendono conto del messaggio che arriva fuori e dell’incentivo che questo fornisce a chi traffica carne umana?
Il reato di clandestinità non serve a prendere i clandestini e far loro scontare lunghe pene in Italia, ma, all’opposto, ha senso se funzionale alla loro immediata espulsione: sei entrato nel mio Paese violando le leggi e quindi la legge ha il diritto di buttarti fuori. Se lo stesso risultato lo si ottiene prima e meglio per via amministrativa (non hai il permesso, quindi devi andartene), allora si abroghi il reato, ma, appunto, affermando che il provvedimento serve ad avere meno clandestini, non a tollerarne la presenza. Io sono favorevole al reato, ma funziona solo se la giustizia asseconda l’operazione, altrimenti è norma vana.
La legge in vigore (detta Bossi-Fini, ma poi modificata) ha fallito nella programmazione dei flussi e per il macchinoso e irragionevole sistema immaginato per potere chiamare legalmente degli immigrati.
Presupporre che l’invito parta dal privato italiano, rivolto al Tale che in quel momento si trova a casa sua, ben lontano, va benissimo per arruolare premi Nobel, assai meno per la manovalanza. Il risultato è che per la manovalanza si sono spinti gli italiani a far finta di rispettare la legge, in realtà aggirandola, mentre i Nobel sono stati trattati come i raccoglitori di pomodori. Va cambiata, non c’è dubbio. Ma su punti che sono ben diversi da quelli di cui oggi si parla.
Dice Boldrini che “bisogna studiare una legge che faciliti l’integrazione”. Ma l’Italia è un esempio d’eccellenza, in quanto a integrazione degli immigrati regolari e dei rifugiati ospitati come tali. Sia la realtà del lavoro che quella della scuola ci restituiscono quotidianamente ottimi esempi d’integrazione. Quel che non funziona è la pretesa d’integrare i clandestini o di scaricare sulle scuole la gestione del disagio, magari mettendo gli studenti italiani in minoranza, o in condizione di studiare al rallentatore. Fuori dalla Camera dei Deputati ci sono file di bancarelle e venditori ambulanti che dormono per strada e vendono merce contraffatta, ovviamente in evasione fiscale (se vuole glieli presento per nome, visto che la mattina prima dell’alba al lavoro ci siamo solo loro, il personale delle pulizie, il giornalaio e il sottoscritto che si procura i giornali). E’ tollerare questo che genera reazione. La tolleranza dell’intollerabile rende intolleranti le persone normali. Solo chi vive da privilegiato, in un regno distante, può essere così ottuso da non rendersene conto.
Dice Boldrini che i rifugiati (non i migranti) andrebbero presi direttamente ai confini dei paesi da cui scappano. Giusto. Ma era quello che avrebbe dovuto fare e che non ha fatto e non fa l’agenzia Onu della quale Boldrini era portavoce. E la cosa più impressionante è che ella sostiene doversi affrontare il problema direttamente nei paesi d’origine: “i somali non hanno pace, così come i siriani e gli afghani”. Giusto. Sono favorevolissimo ad affrontare il problema siriano in Siria. Che facciamo, la guerra? La giovane Malala è stata sfregiata da fanatici religiosi nel suo Paese. Che facciamo, li combattiamo colà. Ci sto. In Afghanistan mica possiamo lasciare la popolazione civile nelle mani dei talebani, ovvio, altrimenti scappano e diventano rifugiati, giusto. Stiamo già facendo la guerra. Ma mi era sfuggito il compiaciuto appoggio e l’impegno di Boldrini per il rifinanziamento. E’ bello vedere che la dottrina Bush ha fatto così convinti proseliti a sinistra. Meno bello è sentire parole confusamente lanciate al vento del buonismo a spese altrui.

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