domenica 10 novembre 2013

LA VERGOGNA DI NON ESSERE BELLI


Il nocciolo della interessante intervista al Dr. Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicoterapeuta dell'adolescenza, riportata sul Corriere della Sera e scaturita dal rumore suscitato dalla baby prostituzione, è nel "siamo troppo diversi, non possiamo cercare di capirli adottando la memoria". Che pure non è un sistema malvagio : ricordarsi come si era da giovani, le inquietudini, le ribellioni, le piccole o anche più grandi trasgressioni, dovrebbero aumentare la capacità di comprensione dei genitori, cosa che non accade a quelli per i quali la vita è solo quella "adulta", e il prima non c'è stato. 
Ebbene, spiega il professore, non basta, anzi è fuorviante perché i cambiamenti, le accelerazioni stavolta sono state troppe e troppo veloci, il gap quindi non superabile solo attraverso questa strategia. Bisogna "studiare", aggiornarsi, cercare di capire cose che non abbiamo conosciuto. Accettare, tornando al motivo primo dal quale, come detto, nasce il colloquio con l'esperto di adolescenza, che il sesso per i giovani di oggi possa essere del tutto slegato da qualsiasi concetto etico, ma addirittura anche del mero piacere fisico. SI fa sesso per scoprire il "potere" del proprio corpo, della capacità di piacere e quindi di sedurre. Questo mi riporta alla mente in realtà discorsi sentiti da alcune donne che mi rivelarono che la fantasia di prostituirsi - ovviamente restata tale - veniva al solo scopo di immaginare quanto si potesse "valere" da quel punto di vista. Quando un uomo avrebbe pagato pur di stare con te. 
Regole sociali e appunto etiche impedivano in modo categorico, alle più, di dare concretezza a questo interrogativo. 
Oggi no, perché abbiamo la giusta condanna della sessuofobia e perché l'etica la riserviamo alle telefonate dei potenti. 
Ho letto con interesse il pezzo ma non mi persuade, e, dai commenti dei lettori,  la percezione non è solitaria.  Ne riporto un paio : 

ho 42 anni. 25 anni fa succedevano esattamente le stesso cose di oggi. Stupefacenti, sesso facile, approcci nei bagni delle scuole, in luoghi pubblici, dove capitava.
I nostri figli sono esattamente come eravamo noi. Le figlie sono come le madri, i figli come i padri.
Io, ai miei, dico di divertirsi, cercando di non esagerare. A diventare bacchettoni o invidiosi di una gioventù che fu, sono sempre in tempo.


Ho molta esperienza oramai per poter fare bilanci: gli anni ’60 furono la chiave di volta. Niente fu come prima: si poteva cercare di trasmettere ai ragazzi l’impegno civile, l’amore per la natura e la cultura, il rifuto dell’ipocrisia e dell’opportunismo, si è riusciti a trasmettere la cura dell’apparenza, la trasgressione rispetto ai sistemi valoriali degli adulti, il relativismo che paralizza………

Chiedere al figlio 16enne cosa cerca nello sballo da alcol, non la trovo una domanda così originale e penso che la risposta, ammesso che venga, non sia lontana dal "che ca...vuoi capì tu ?". 
Però magari sbaglio io. Su una cosa invece concordo, ma anche questa non la trovo nuova : è traumatico per i genitori passare dallo stadio del controllo e della direzione più o meno pacifica del periodo dell'infanzia, a quello della pre e dell'adolescenza. E' come trovarsi di fronte , a volte per momenti, a volte sempre, degli estranei totali, che si sentono tali e vogliono esserlo. 
E' un percorso, un momento inevitabile. Non c'è modo di evitarlo.
Adda passà, scoprendo se quello che si è seminato PRIMA è buono sufficientemente a evitare che la barca faccia rotta sugli scogli.
Buona Lettura


genitori e l’adolescenza inspiegabile «Eravamo diversi, non li capiamo»



«Quando mi ritrovo davanti a genitori e ragazzi che si sono relazionalmente “persi”, la prima misura che adotto è aiutare padri e madri ad aggiornare il loro ruolo: smetterla di sentirsi genitori dell’infanzia e gestire la nuova, inevitabile, enorme distanza antropologica, culturale e relazionale che si crea con l’adolescenza. E bisogna mettere subito nel conto che se prima, nell’infanzia, il genitore arrivava sempre e comunque “prima” di qualsiasi avvenimento, nell’adolescenza è fatalmente destinato al “dopo”. Lì comincia per i ragazzi il lungo e faticoso viaggio verso il gruppo, la coppia, il collaudo della propria autonomia..».
Il professor Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, psicoterapeuta dell’adolescenza, da trent’anni anima a Milano il Consultorio gratuito per adolescenti e genitori della cooperativa sociale «Minotauro». Quindi sa bene quanto sia complesso, come scriveva ieri il nostro vicedirettore Barbara Stefanelli nel suo editoriale, affrontare da genitori quell’«universo sconosciuto che è l’adolescenza inspiegabile» dei nostri giorni. I figli sembrano «stranieri, in casa».
Cosa può fare, professore, un genitore di fronte a ciò che può apparire un muro di silenzio?
«Prima di tutto non bisogna vivere il passaggio come se fosse una tragedia. Non c’è nulla di più accattivante che assistere alla fioritura adolescenziale di un figlio o di una figlia».
Però questo lavoro sembra sempre più duro e complicato. Proprio Barbara Stefanelli si chiede: «È stato così anche quando noi eravamo nella stanza del figlio?».
Qui il professore è molto netto: «Un genitore dei nostri giorni non può assolutamente ricorrere all’esperienza della propria adolescenza per affrontare il problema. È essenziale capirlo. Tutto è troppo, e rapidamente, cambiato per poter “lavorare” con quegli strumenti. Una giusta prospettiva educativa è, per i genitori, mettersi a cercare, a capire, senza presumere di sapere già. Cioè tentare di comprendere mode e culture. Anche proponendo domande dirette: “Ma quale valore attribuite all’abuso dell’alcol?”, per fare un esempio. E poi studiare, documentarsi, analizzare».

In questi giorni le cronache dei giornali sono pieni di storie angoscianti, prima tra tutte la prostituzione all’alba dell’adolescenza…
«Indubbiamente sono frange, anche se molti genitori vivono nel terrore che tutto questo possa accadere ai propri figli. Ed è normale. Bisogna partire da una premessa. La sessualità degli adolescenti è uscita dall’etica. Nessun genitore pensa che la verginità dei propri figli sia un valore da tutelare. Semmai si augurano che il loro incontro con la sessualità avvenga serenamente e senza senso di colpa, in ambiente protetto, persino in casa per senso di protezione. Però un adolescente di oggi non abbina necessariamente la sessualità alla costruzione di una relazione, di un amore, o allo stesso piacere»

Quindi di cosa si tratta?
«Può anche essere un semplice “collaudo” di se stessi e della corporeità. La verifica del proprio fascino, della capacità di sedurre. Insomma, del proprio potere. Ed è qui che deve concentrarsi il grosso lavoro educativo dei genitori e degli stessi insegnanti».

La domanda è sempre la stessa, ma inevitabile. Come può comportarsi un genitore?
«Mi ripeto, ma l’adulto deve studiare e capire. Per esempio sostituire alla vecchia morale sessuofobica una nuova etica affettiva. Oggi i ragazzi non vedono più i genitori come repressori. Non ne hanno più “paura”. Per parlare chiaro: vogliono un padre e una madre competenti e informati con cui discutere, per esempio, sull’uso delle sostanze stupefacenti senza che qualcuno si metta a urlare chiamando il medico o un’ambulanza. E bisognerebbe anche evitare che i ragazzi possano sentirsi deplorevoli agli occhi dei genitori. Quindi oggetto di sdegno, non più di punizioni. È quasi peggio».

Ma non si chiede troppo ai padri e alle madri di oggi?
«Un periodo di trasgressione, di sfida del limite, di fuga dall’autorità va gestito e messo nel conto».

Infine c’è il nodo della rete, della sessualità on line e degli incontri che magari si realizzano solo virtualmente…
«I genitori vedono la casa come un ambiente protetto. Invece, magari di là, nell’altra stanza, l’amata figlioletta si sta “prostituendo virtualmente” tra le quattro mura domestiche. È il frutto di una sottocultura prodotta dalla società fluida, dal narcisismo: abbiamo sostituito l’etica con l’estetica. Gli adolescenti di oggi quasi ignorano le angosce edipiche o la paura della castrazione. Conoscono solo la vergogna di non avere fascino. Infatti questo problema è alla base di tanti suicidi e di tanti disturbi alimentari. Ed è proprio qui che bisogna lavorare, puntando sulla “bellezza complessiva” della persona. Perché la vergogna di “non essere belli”, nell’universo degli adolescenti di oggi, purtroppo, è una bruttissima bestia… ».

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