lunedì 9 dicembre 2013

O RENZINO, QUI SI PARRA' LA TUA NOBILITATE


Come ampiamente previsto, Renzi ha vinto e lo ha fatto in modo netto. Il milione scarso di votanti dei circoli, dove Renzi si è fermato poco sopra il 40% (comunque davanti a Cuperlo e Civati), si è trasformato in 2 milioni e mezzo a primarie aperte (chissà, magari se lo scorso anno fossero state QUESTE le regole, ce l'avrebbe fatta pure allora...) . Quindi anche da questo punto di vista la vittoria è stata molto buona, ancorché i numeri continuano a calare : quando furono eletti Prodi e Veltroni i votanti furono oltre i 3 milioni, Bersani andò sotto quella cifra che slitta ancora un po' all'ingiù.
Sempre tantissima gente, però in costante flessione, a riprova,  a mio avviso, che in molti, nella sinistra-sinistra, continuano a guardare il sindaco con grande sospetto.
Ciò posto, Renzi finalmente è arrivato a Rodi, ha raggiunto un traguardo importante, divenendo leader del primo partito italiano secondo un po' tutti i sondaggi che   danno il PD variamente sopra il 25%. Grillo e Forza Italia veleggiano tra il 20 e il 22, ancorché una coalizione di centro destra viene vista davanti a quella di sinistra ( nelle prossime settimane vedremo quanto inciderà il fattore Renzi, certo non una novità che da tempo tutti se lo aspettavano, ma comunque passato da probabilità a fatto certo).
Esattamente come nella leggenda tradotta nel motto latino "Hic Rodus, hic salta" - Qui è Rodi, adesso salta !, tutti siamo in attesa di vedere quali saranno le iniziative del gianburrasca toscano.
DI parole ne ha detta una infinità, facendo sospettare anche una qualche forma di nevrosi  (logorrea? narcisismo esponenziale ? un po' e un po' ? ) , ma.come ben sottolinea Antonio Polito nell'editoriale del Corriere, di seguito riportato,  la narrazione renziana è, finora, molto più affabulatoria che concreta.
Finché era un eterno candidato, questa cosa poteva anche reggere (anche se senza risposta rimanevano le domande "sì ma come ?" ), ora evidentemente non più.
Prima incalzava il governo da una posizione non di comando, e in vicende come la Cancellieri poteva dire la sua senza pagare dazio. Ora non potrà essere così, perchè la sua parola è divenuta decisiva. 
Qui si parrà la tua nobilitate, sciveva Dante nel II canto dell'Inferno.
Ecco, da oggi vale per un altro fiorentino.

Di seguito l'articolo di Polito, con l'indicazione delle prime tre prove a cui si dovrà sottoporre il nuovo segretario PD

primarie pd, dopo la vittoria di renzi

Il peso del successo

La vittoria a valanga di Matteo Renzi è una benedizione per il Pd. Appena otto mesi fa quel partito si era liquefatto nel voto sul capo dello Stato, dopo aver perso un’elezione che poteva solo vincere. Era insomma allo sbando. Il governo Letta l’ha tenuto in vita con l’ossigeno; un nuovo leader, scelto da una base elettorale ancora una volta molto ampia e con un grande distacco, può ora rimetterlo in piedi. Renzi ha cominciato a vincere quando ha perso le primarie di un anno fa, perché il disastro politico che ne è seguito ha persuaso anche i più scettici elettori del Pd che rischiare con lui è sempre meglio che perdere di sicuro con gli altri.

Il voto di ieri ha così dimostrato che il Pd è scalabile, anche da un uomo nuovo che viene dalla periferia, anche senza accordi preventivi, anche senza peli sulla lingua. Si tratta di una qualità democratica di cui oggi nessun altro partito dispone, e che speriamo contagi presto il futuro centrodestra (sul Movimento di Grillo, almeno da questo punto di vista, c’è poco da sperare).


Ma il successo di Renzi apre una pagina nuova anche nella storia della sinistra italiana. Se è vero infatti che il Pd aveva già avuto un segretario non ex comunista (Franceschini) e perfino un segretario ex socialista (Epifani), quello che è stato eletto ieri è il primo segretario che non è post di niente, nemmeno della Dc. È dunque l’incarnazione di una generazione X, giunta alla politica quando il Muro era già caduto e la Prima Repubblica già finita. La Bad Godesberg, che al riformismo italiano è sempre mancata sul piano dei programmi e delle idee, si è forse realizzata con un salto antropologico e una rottura genealogica.


Renzi ha insomma già cambiato il Pd. Cambierà anche l’Italia, come ripetutamente promette? Qui l’esperienza impone cautela, perché l’ultimo ventennio della sinistra italiana è lastricato di grandi speranze presto fallite.
Contro Renzi lavorano tre fattori. 

Il primo è il suo partito, nel quale operano ancora troppi nemici palesi e troppi finti amici, saltati sul carro del cambiamento all’ultimo istante solo per fare in modo che nulla cambi. 
Il secondo è Renzi stesso: finora ha dimostrato di avere molto scatto televisivo ma poca profondità di analisi, una notevole capacità immaginifica ma scarsa attenzione ai dettagli. Soprattutto è ancora troppo solo, perché intorno a lui non si è finora visto crescere l’abbozzo di una classe dirigente in grado di governare il Paese.

Ma il vero formidabile ostacolo che dovrà affrontare è la complessità quasi disperata del rebus italiano. Per risolverlo, a partire dal tassello centrale della legge elettorale, servirà una grande capacità di alleanze e di persuasione: la chiarezza della direzione di marcia non dovrà mai trasformarsi in arroganza. E bisognerà resistere alle sirene dell’opposizione, che lo spingono ad affrettare bottini elettorali destinati a risultare poi inutili per governare. Questa, soprattutto, è la svolta cui Renzi è chiamato. Fino a ieri la sua forza è consistita nell’essere all’opposizione di tutto: del passato, della nomenklatura, dell’establishment . Da stamattina è invece il capo del maggior partito di governo, chiamato a realizzare, e presto, le cose tanto predicate. Sarà capace il sindaco di Firenze, nei due giorni alla settimana che intende passare a Roma, di trasformarsi in un uomo di governo? Per come è messo il nostro Paese, bisogna augurarselo.

2 commenti:

  1. MASSIMILIANO ANNETTA

    Analisi perfetta: non a caso Antonio Polito e Stefano Turchetti sono due degli analisti che piu' apprezzo

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