domenica 1 dicembre 2013

POCHE RISORSE ? DESTRA E SINISTRA NE GESTISCANO METà PER UNO E SCELGANO DOVE DESTINARLE. LA PROVOCAZIONE BRILLANTE DI RICOLFI


Alternarsi al comando. Una provocazione di Luca Ricolfi che mi piacerebbe molto vedere messa in pratica.
In sostanza Ricolfi ripercorre un'idea già espressa nel suo ultimo libro, La Sfidahttp://ultimocamerlengo.blogspot.com/2013/06/luovo-di-colombo-di-ricolfi-la-destra.html ), affidare alla Destra la gestione della tasse, reperendo risorse per abbassarle dal recupero dell'evasione, e alla Sinistra quello del welfare (escludendo il campo troppo vasto della previdenza), reperendo le risorse dall'eliminazione degli sprechi e delle ruberie. Un buon modo per interrompere il giochino : "io ho dato, ci pensino gli altri". 
L'idea Ricolfi la espresse quando il governo di larghe intese aveva altri numeri, ma tuttora senza il voto dei "Moderati", vale a dire quelli NON di sinistra ( il centro di Monti e Casini, divisi ma lì, e i diversamente responsabili di Alfano) il governo Letta cadrebbe, e quindi il discorso del bravissimo socio politologo sarebbe ancora di attualità . Ma a prescindere dalla contingenza particolare, non sarebbe l'uovo di colombo ? Nell'articolo che posto, Ricolfi stringe il campo agli interventi concreti di un esecutivo che fa capire come abbia poche risorse e, afflitto com'è dall'assalto ai forni di tutti i settori della politica e della società, finisce per elargire misere mance a pioggia che non servono a nessuno. 
Come provare a rimediare, visto che tanto le riforme vere sono di là da venire ( verranno mai ? forse un giorno saremo costretti, da altri, a farle) ?
Ricolfi ripropone, in formato ridotto, la sua idea originale : si prendano queste risorse e vengano divise a metà, una parte verrà gestita dalla "destra", che abbasserà le tasse che vuole. Ritiene che è la casa il bene da preservare (tenendo conto della triturazione selvaggia che già c'è ) ? Lo faccia. Oppure pensa che al momento sarebbe meglio ridurre la pressione fiscale sulle imprese, anche per favorire un inizio di ripresa economica ? Bene, destini lì il suo piccolo tesoretto.
La stessa cosa vale per la Sinistra. Che ci vuole fare con la sua "dote" ? Aiutare veramente i deboli ? Bene, investa il suo gruzzolo sulla social card.  Vuole più asili nido ? Allora lì. Borse di studio ? Ok. TUTTO NON SI PUO'.
Sono solo esempi, che partono dalla realtà di una saturazione delle risorse. E sarebbe anche un tentativo di fare discorsi, seri, responsabili.
Oltretutto si scoprirebbe come l'idea buona per una parte, se realizzata in modo efficace,  produce anche dei rimbalzi utili per l'altra : se i poveri hanno soldini in più, mica li metteranno da parte ma li spenderanno, aiutando i consumi, e se le imprese avranno resporo fiscare potranno assumere, favorendo l'occupazione.
Per questo l'idea di Ricolfi è buona, ed è per questo che è una provocazione.




Tasse e spese: alternatevi al comando


La politica economica dei governi italiani è come l’edilizia universitaria in una città come Torino. Come ha funzionato, fino a non molti anni fa, l’edilizia universitaria?

Più o meno così. Quasi tutte le Facoltà avevano bisogno di spazi, ma non c’era un piano preciso che permettesse a ogni Facoltà di sapere con ragionevole precisione se, quando e dove avrebbe avuto gli spazi di cui aveva bisogno. Conseguenza: ogni volta che si liberava un edificio, una palazzina, una ex scuola, tutte le Facoltà in sofferenza si precipitavano a rivendicarne l’uso. Non volendo scontentare nessuno, le Autorità non sceglievano a chi dare i nuovi spazi, ma li lottizzavano fra le Facoltà postulanti. Con la conseguenza di dare a tutti qualche piccolo contentino, ma senza risolvere il problema di nessuno, e al prezzo di un notevole disordine organizzativo.

Così è la politica economica in questo Paese. Non appena i governanti annunciano di aver trovato delle risorse (ma come fanno a «trovarle»? non si tratta piuttosto di «decidere» dove tagliare, o dove tassare?) tutti si precipitano a rivendicarne l’uso. C’è chi vuole ridurre una tassa, c’è chi ne vuole ridurre un’altra.

C’è chi vuole introdurre degli sgravi per la categoria A, chi per la categoria B. C’è chi considera assolutamente prioritaria la spesa X, chi la spesa Y. La confusione che ne deriva alimenta incertezza e sfiducia, provocando danni all’economia e alla crescita.

Ma il bello è che questo meccanismo di frammentazione agisce non solo fra ipotesi largamente eterogenee, come possono esserlo la proroga della cassa integrazione e la riduzione dell’Irap, ma anche all’interno di una scelta apparentemente omogenea. Il governo medita di abbassare l’Irpef? Non fa a tempo di far trapelare l’intenzione, che si scatena una guerra per stabilire su quali scaglioni di reddito si dovrà agire. Il governo annuncia l’intenzione di abbassare il cuneo fiscale? Si scatena la medesima guerra: bisogna beneficiare di più le imprese o i lavoratori dipendenti? E fra le imprese, quali imprese? E fra i lavoratori, quali lavoratori?
Insomma, tutti vogliono tirare la coperta delle cosiddette risorse dalla propria parte, con il risultato che – per accontentare il maggior numero possibile di votanti – il governo finisce per spalmare il suo intervento su così tanti soggetti che nessun beneficiario si accorge di alcun beneficio. Come un paziente operato in anestesia totale.

Proprio perché questa logica mi pare leggermente demenziale, e in ultima analisi autolesionistica per il governo stesso, ho provato un timido moto di sollievo quando, nei giorni scorsi, ho cominciato a sentir parlare di concentrare le risorse, ad esempio erogando lo sgravio del cuneo fiscale in una sola tranche di 150-200 euro (almeno te ne accorgi) anziché diluito in 15 euro al mese (mezzo caffè al giorno). Ma anche quando, giusto due giorni fa, il premier Letta ha ipotizzato di procrastinare la riduzione del cuneo fiscale e convogliare la maggior parte delle risorse a beneficio dei ceti più poveri.

Naturalmente immagino che dietro questa piroetta ci siano motivi contingenti (beghe nella maggioranza?), e non mi stupirei che alla fine prevalga la solita logica di dare un contentino un po’ a tutti. Però l’occasione è buona per sollevare un dubbio di fondo, che si porta dietro anche una proposta bipartisan.

Il dubbio è questo: non è molto inefficiente varare misure spezzatino? E non è da stolti dividersi sempre su ogni singola misura?

Forse, sarebbe il caso di prendere in considerazione una strada diversa. E cioè che, visto che (per ora) sono condannate a governare insieme, la destra e la sinistra la smettano di varare misure-inciucio, che sedano le liti ma producono effetti modestissimi, e abbiano invece il coraggio di varare misure di parte ma che almeno siano efficaci. Una volta a te, una volta a me. Una volta in base ai più ragionevoli fra i principi della destra (alleggerire la pressione fiscale sui produttori), un’altra in base ai più ragionevoli fra quelli della sinistra (aiutare gli ultimi, ossia i veramente poveri). E che i cittadini finalmente si accorgano di qualcosa.

Faccio due esempi. La sinistra ha il chiodo dell’aumento «esponenziale» delle diseguaglianze? La destra ha il chiodo dell’oppressione fiscale?

Benissimo, visto che il governo afferma di disporre di x miliardi per varare delle politiche, se ne mettano la metà a disposizione della destra e l’altra metà a disposizione della sinistra, e vediamo che cosa riescono a combinare.

Se vuole spendere, ed è preoccupata dei poveri, la sinistra li metta pure, anche tutti, sulla social card, almeno aiuta veramente i deboli, che con gli sgravi fiscali non avrebbero invece alcun beneficio (perché sono «incapienti», ossia privi di redditi tassabili). Quanto alla destra, riduca le tasse che vuole. Se è fissata sulla prima casa, metta pure lì le sue risorse (se il valore delle case è precipitato, una bella responsabilità ce l’hanno le troppe tasse sulla casa). Se invece la preoccupa di più il soffocamento dell’economia, usi pure tutto il suo gruzzolo per alleggerire le tasse sui produttori, a partire dall’Irap, una tassa assurda perché si paga anche quando si è in perdita.

In entrambi gli scenari, quello di una politica risolutamente rivolta agli ultimi e quello di una politica di sgravi fiscali incisivi, vi sarebbero effetti percepibili, e i vantaggi sarebbero apprezzati anche dagli «altri»: più soldi ai poveri significa sostenere la domanda di consumo (gli ultrapoveri non possono permettersi di risparmiare), meno tasse sulle imprese significa sostenere l’occupazione (un’impresa in perdita costretta a pagare l’Irap non assume proprio nessuno).

Gli esempi possono piacere più o meno, e certamente se ne possono fare di migliori, o più interessanti. Ma il punto che mi preme sottolineare è, per così dire, di metodo. Mi piacerebbe che destra e sinistra la smettessero di combattersi stravolgendo e svuotando le proposte altrui, e cominciassero a pensare che c’è un modo migliore di essere sé stessi: quello di alternarsi al comando. Mi piacerebbe che la sinistra varasse il provvedimento migliore che riesce a concepire, senza bastoni fra le ruote dalla destra. E viceversa.

Non sarebbe un dramma, ed eviteremmo il solito scaricabarile: la mia idea era buona, ma non ha funzionato perché tu me l’hai svuotata, annacquata, stravolta. E forse avremmo anche politiche più efficaci di quelle attuali.

Del resto, non ci vuole molto.

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