Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
mercoledì 15 gennaio 2014
LA CONSULTA HA BOCCIATO IL TRUCCO DEI PARTITI DI SOSTITUIRE CON I PREMI I VOTI. CHISSA' SE HANNO CAPITO
I post sulla legge elettorale li leggono in pochi. Qualcuno avverta Renzino, che gli italiani non sono poi così appassionati della cosa e un domani che la riforma elettorale si farà non è che saranno più contenti.
In realtà forse hanno capito che siccome negli altri paesi in qualche modo si governa con TUTTI i modelli presentati come possibili alternative, allora magari il problema non sta lì....
In GB c'è il maggioritario coi collegi uninominali (simil Mattarellum ), in Germania c'è il proporzionale, e in Spagna hanno un sistema loro, un maggioritario con collegi piccoli e meccanismi correttivi un po' complicati. In Francia c'è il doppio turno MA anche il presidenzialismo. Ecco, Antonio Polito ricorda ai nostri politici, ma credo principalmente alla sinistra, questa ultima cosa. Che in Italia il problema non sta solo e tanto nella legge elettorale quanto soprattutto nello scarso potere dell'esecutivo. La governabilità passa da lì.
E se c'è una cosa che la Consulta ha detto chiaro e forte è che non si può drogare il sistema maggioritario con un premio che prenda il posto dei voti mancanti nelle urne.
Renzi - e Violante - sanno leggere ?
Buona Lettura
"LA DEBOLEZZA DEL POTERE"
Una buona legge elettorale è ovv i a m e n te n e cessaria per la tanto agognata governabilità. Però credere che un sistema elettorale, qualsiasi sistema elettorale, sia anche sufficiente a risolvere il problema è una grande illusione, nella quale purtroppo stiamo cadendo di nuovo. Si dice: se c’è un premio di maggioranza la sera delle elezioni si sa chi ha vinto, e chi ha vinto governa per cinque anni. Ma il premio di maggioranza c’era dal 2005, e nessuno di quelli che lo hanno vinto è poi riuscito a governare per cinque anni, nemmeno nell’epoca del bipolarismo pre-Grillo: Prodi ha resistito due anni, Berlusconi meno di tre (dall’uscita di Fini in poi il suo governo era finito).
Rivendichiamo giustamente una legge maggioritaria per un nuovo inizio, ma tendiamo a dimenticare che quella precedente non era certamente poco maggioritaria, è stata anzi giudicata incostituzionale proprio perché era ipermaggioritaria.
Del resto in nessuna nazione democratica una buona legge elettorale basta di per sé a g a r a n t i re m a g g i o r a n ze parlamentari omogenee.
Ai fautori del sistema spagnolo andrebbe ricordato che Zapatero per due legislature ha governato senza avere la maggioranza assoluta alle Cortes; ai fautori del collegio uninominale che nemmeno in Gran Bretagna l’attuale premier ha ottenuto col voto una maggioranza a Westminster. E in Germania la Merkel ha stravinto le elezioni, e ciò nonostante ha dovuto fare la grande coaliz i o n e co n g l i a v ve r s a r i socialdemocratici.
Che cos’è allora che dà stabilità e governabilità alla Spagna, alla Gran Bretagna e alla Germania, se non basta la legge elettorale? Innanzitutto la cultura politica: partiti antichi, elettorati pragmatici, media responsabili. Poi il monocameralismo: una sola Camera dà la fiducia al governo (a questa anomalia italiana pare che finalmente si voglia porre rimedio, speriamo). Ma, forse più di tutto, contano l’investitura e i poteri del ca p o d e l g ove r n o . C h e non a caso in Spagna si chiama presidente del governo, e in Gran Bretagna primo ministro, e in Germania cancelliere, e solo d a n o i p r e s i d e n te d e l Consiglio, cioè niente più che un primus inter pares, un’eredità che ci portiamo dietro dallo Statuto Albertino.
Da anni è chiaro che servirebbe invece un primo ministro padrone della sua maggioranza, in grado cioè di guidarla o di mandarla a casa se gli si ribella. Ma finora le necessarie modifiche costituzionali sono sempre state bloccate dalla diffidenza storica della sinistra nei confronti di ogni rafforzamento dei poteri del premier, nel timore che Berlusconi potesse ritagliare sulla sua figura i panni di un moderno tiranno. Adesso però Berlusconi è interdetto da Palazzo Chigi, e il nuovo capo della sinistra, Renzi, non sembra proprio uno che ha paura di un governo forte guidato da un leader forte.
Perché allora il tema è stato completamente abbandonato da tutte le forze politiche? Perché non si affronta adesso, insieme al bicameralismo, in questo anno di legislatura che forse ci resta? C’è un modo ambizioso di affrontarlo (forse troppo ambizioso per il Parlamento attuale) ed è quello di introdurre l’elezione diretta del capo dell’esecutivo.
Ma c’è un modo più modesto, seppure di non di modesta efficacia, che consisterebbe nel dare al premier il potere di essere eletto dalla Camera ricevendo una fiducia individuale, e di sostituire o licenziare i suoi ministri (che non sarebbero investiti dello stesso rapporto fiduciario); nell’obbligare chi volesse votargli la sfiducia a raggiungere la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea per farlo cadere, oppure nel dare a lui la possibilità di chiedere lo scioglimento del Parlamento se la sua maggioranza viene meno; e infine nel concedergli il tempo parlamentare necessario per far passare le sue proposte di legge e realizzare il programma cui si è impegnato con gli elettori, invece di diventare un fabbricante di decreti peraltro esposti al racket degli emendamenti. C’è oggi una formidabile finestra di opportunità: accoppiata con una buona legge elettorale, una riforma del genere cambierebbe il volto della politica italiana. Letta, Renzi, Alfano, Toti o chi per lui, non dovrebbero lasciarsi scappare questa occasione. Chiunque di loro governerà l’Italia di domani sarebbe altrimenti costretto a passare sotto le stesse forche caudine di Prodi e Berlusconi, che pure erano stati entrambi eletti con leggi maggioritarie.
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