mercoledì 1 gennaio 2014

"UN MARADONA, SE C'è, LO RICONOSCI FIN DA PICCOLO". L'ITALIA POLITICA FUTURA IN MANO AI "MEDIANI".


Chissà, magari ispirato dalla fine dell'anno, Giuseppe Caldarola si è lasciato andare ad una cavalcata lunga quasi 70 anni, toccando a volo d'aquila i nodi della storia italiana dalla fine della guerra ad oggi.
DIce molte cose vere, e le dice con una malinconia che non diventa mai cedimento nostalgico né tantomeno retorica. Le conclusioni sono poche e chiare : partiti non ve ne sono più, leader tanto meno, Berlusconi è stato l'unico personaggio vero di questi ultimi venti anni, e non se ne vedono successori, il che è anche un bene, per vari motivi. Renzi, che pure gode delle simpatie di Caldarola, non pare avviato ad essere, alla resa dei conti, né una cosa (leader) nè l'altra (personaggio longevo) .
Che, come dice il bravissimo giornalista "un Maradona, se è tale, lo riconosci fin da piccolo"
Buona Lettura


"Seppelliamo l'anomalia italiana, ormai non potremo più stupire il mondo"
 
Ho ascoltato Napolitano dire cose serie e dignitose. Quell’altro non so che cosa abbia detto, non m’importa di lui. So che rappresenta un umore di massa ma la dovuta attenzione a questi fenomeni popolari non può spingersi fino al masochismo di ascoltare sciocchezze anche a fine di un anno brutto.
So che quest’anno balleremo perché la situazione così non tiene. Lo sfarinamento della politica, per usare un’espressione del caro Rino Formica, si incrocia forse con il più diffuso malcontento che abbiamo ascoltato in decenni di inchieste sulla politica. Il 2013 ha finito di completare l’opera distruttiva del 92-94 sui partiti. Non ci sono più.
La destra ha fallito la possibilità di ritrovarsi dentro un grande contenitore liberale alla maniera dei nuovi conservatori d’Occidente, cioè non più ”legge e ordine” ma voglia di rivoluzionamento della società, delle sue istituzioni e del suo linguaggio. Il suo leader è stato assediato ma si è anche fatto del male da solo. Per esempio non creando una classe dirigente e una cultura invece limitandosi a metter su un circo Barnum, l’idolatria del capo, la sintesi più ardita fra populismo e destra, abituando la propria gente a un linguaggio vittimistico e violento.
La sinistra, quella che veniva da lontano, non è andata lontano. In un certo senso si è rimpicciolita, con i suoi leader ammaccati, alcuni fuori dal gioco altri incaponitisi nel rientrare. E’ sul piano delle idee che ha fallito. Non ha voluto essere più comunista, accorgendosi in grave ritardo di questo necessario passaggio, ma non ha cercato di essere socialista. Ha scavato nel proprio bagaglio tutte le anomalie italiane e dall’eurocomunismo è passata, senza revisioni culturali, alle terze vie fino ad approdare oggi a un “lavorismo” senza progetto.
I nuovi movimenti sono la parte emersa del grande rifiuto degli italiani di praticare la politica per come l’hanno conosciuta. Non hanno torto, ma si sono imbarcati in un viaggio senza meta con un nocchiero che li porterà a sbattere sugli scogli.
Napolitano in questo incrocio di fallimenti è diventato, in tarda età, quello che i suoi compagni del vecchio partito credevano impossibile: cioè un leader vero, un uomo duro da piegare, un inflessibile sostenitore del passaggio graduale da una storia da un’altra.
Ma qual è l’altra storia? Come italiani, e come italiani di sinistra, ci siamo illusi di essere un laboratorio per l’Occidente. Chi guardi al nostro passato pensa che quel laboratorio lo siamo stati anche se guardiamo ai fenomeni di destra. Il modello del fascismo, l’invenzione della Resistenza come fatto popolare di massa, mentre in gran parte del paese si assisteva attoniti al cambiamento dentro le ferite aperte dalla guerra, poi i grandi partiti e fra essi due strane giraffe, la Dc e il Pci, gli scontri sociali con la celere e i morti in piazza, l’emigrazione di massa ma anche la nascita di un’Italia moderna, le città che crescevano, l’industria, grande e piccola, che stupivano il mondo.
Non ci siamo fatti mancare niente. Veri o presunti colpi di Stato. Un assassinio politico, quello di Aldo Moro, che ha cambiato la nostra storia, l’emergere di una personalità robusta come quella di Craxi che ha diviso e affascinato fino al drammatico finale fuori dal suo paese, la scomparsa di Enrico Berlinguer, leader indecifrabile, sostanzialmente un grande e severo conservatore di buoni propositi.
L’altra repubblica, quella alla cui agonia assistiamo e partecipiamo, è stata travolgente e tutta nata a destra con un imprenditore che ha voluto scioccare il mondo e poi è finito nelle vignette dei giornali internazionali. La sinistra cercava di trovarsi attorno a qualcosa e qualcuno, sprecava un paio dei suoi, e si affidava a un leader improbabile come Prodi e al suo cerchio magico chiuso come un’armatura medievale.
L’irruzione di Renzi ha dato l’idea che il cambiamento potesse, e possa, diventare realtà. Giovani all’arrembaggio, vecchi politici maltrattati, schemi politici destrutturati, l’annuncio di un nuovo inizio. Quel che appare chiaro nella storia della seconda repubblica e nell’inizio della terza è che, senza che i protagonisti se ne siano accorti, è finita l’anomalia italiana. Non siamo quel paese che scrutava la Cia e imbarazzava Mosca, non siamo una singolare e curiosa stranezza che intrigava le socialdemocrazie europee, non siamo quel paese che guidato dai clericali è riuscito a mantenersi laico e a darsi anzi leggi molto laiche, grazie ai radicali e ai socialisti.
Niente più, storia finita. Ci tocca essere normali. Prendere in mano un libro di storia e uno di geografia con annesso testo sulle istituzioni occidentali e fare, più o meno, come si fa altrove. La destra con la destra, la sinistra con la sinistra, un’area radical da una parte e una dall’altra parte con annessi fenomeni di protesta e anche di violenza.
L’Italia ha avuto solo un grande personaggio nella seconda repubblica, dico “personaggio” e non leader, ed è stato Silvio Berlusconi. Gli altri hanno ballato alla sua musica, anche i giudici che ne hanno concluso la vicenda politica. Non me ne voglia Renzi e soprattutto i suoi sospettosi supporter se penso che non avremo nei prossimi anni né un leader carismatico e faticheremo a trovare “il” personaggio. Ripeto: vi tocca essere normali, studiare l’Occidente e spezzare le catene dell’anomalia italiana. Non siamo più in grado di stupire il mondo. “La grande bellezza” è un bel film ma non vale la “Dolce vita”, pubblichiamo bei romanzi di scrittori nostrani, l’ultimo è il “Tutti” di Francesco Piccolo, ma leggiamo voracemente capolavori che vengono solo da oltreoceano. Si è tutto abbassato di tono e di qualità.
Non è detto che non sia uno svantaggio se vincerà, lo dico sapendo che uso un linguaggio da vecchio meridionalista, il popolo delle formiche e se, come disse Aldo Moro, scopriremo il mondo del dovere. Qui non c’è bisogno di una classe dirigente di fenomeni, se c’è Maradona lo vedi subito, fin da piccolo e qui non c’è Maradona. Ci basta una classe dirigente di mediani, magari arrabbiati e scontrosi, che sappiamo fare squadra. Più la situazione si incancrenirà più cresceranno gli apolidi che non avendo fatto sconti a se stessi non li fanno agli altri. E che soprattutto chiedono che muoia questa retorica dell’anomalia italiana. Non se ne può più. Anomalia dopo anomalia siamo quasi finiti fuori dall’Occidente.

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