mercoledì 5 febbraio 2014

I PROBLEMI DELLA FRANCIA CON LA FAMIGLIA, PRESTISSIMO SUI NOSTRI SCHERMI



Sono brutti giorni per Hollande in Francia si sa. LA crisi economica che non molla (Letta, ma non ti erano bastate le faluche sullo spread colpa di Berlusconi ? Ora iniziamocon quelle della crisi ormai alla fine ? ), il fallimento del piano "tassiamo i ricchi e il resto resti come era",  la non bella figura personale con prime dame che escono e che subentrano. A tutto questo, l'opposizione "familista" che fa slittare la legge sulla riforma della Famiglia all'anno prossimo. Meglio prendersi una pausa.
SU questo tema, nel particolare sulla Francia, e in generale sulla questione "famiglia" ho trovato interessanti e stimolanti due articoli : il primo (bellissimo) di Massimo Nava , sul Corriere, il secondo di Davide Giacalone.
Avvertenza . il secondo personalmente l'ho dovuto rileggere, che nonostante l'autore sia molto apprezzato anche per la chiarezza espositiva, stavolta di primo acchitto non avevo compreso bene il pensiero del "nostro".
Magari è stata defaillance mia, però suggerisco maggiore attenzione per non saltare a frettolose conclusioni.
Che la materia è svivolosa.
Buona Lettura

Massimo Nava
"Re Illuministi contro il Popolo. L’eterna Rivoluzione Francese" 

 

In un clima esasperato, la Francia vive uno psicodramma collettivo attorno all’uso di parole che investono la condizione umana, i diritti dei cittadini, lo spirito delle leggi e che — una volta sulle barricate — dividono le coscienze e mettono i francesi gli uni contro gli altri. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, di cui la Francia è la patria, potrebbe di questo passo essere reintitolata «dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e della donna» e — per essere più aderenti al clima di questi giorni — della donna e dell’uomo. Rigorosamente in ordine alfabetico, ammesso che non si voglia sottolineare anche l’indifferenza sessuale. Prospettiva non così paradossale, se si prendono alla lettera proposte del governo socialista e norme in discussione nella sfera della società civile e della famiglia: parità di genere, abolizione del concetto di «buon padre di famiglia», introduzione della dizione «genitore 1 e genitore 2» nel caso di figli adottati da coppie omosessuali, progetti per educare i bambini a liberarsi dagli stereotipi sulle differenze sessuali. La «rivoluzione» linguistica e culturale è conseguenza di una rivoluzione del codice civile che ha introdotto il matrimonio fra persone dello stesso sesso e che potrebbe preludere al diritto per tutti alla fecondazione assistita e alla fecondazione per procura, ossia l’«utero in affitto». Su questi ultimi due punti il governo frena, ma come negare un nuovo diritto universale nella patria dell’égalité ?
Dopo la grande mobilitazione, il governo ha deciso di rinviare all’anno prossimo l’esame del progetto di legge sulla famiglia. Un passo che può essere interpretato come un segnale di debolezza, ma che sembra piuttosto dettato da buon senso. Non solo per la delicatezza della materia, ma anche per non appesantire un clima già esasperato da ben altre problematiche di natura sociale ed economica.
Domenica, nelle piazze della Francia, si sono mobilitate le forze contrarie a quella che ritengono una deriva distruttrice dei valori della famiglia e, in un’ultima analisi, dei valori nazionali. Uno schieramento eterogeneo, in cui si mescolano moderati e reazionari, in una confusione di slogan e parole d’ordine che contengono anche malcontento populista, un po’ di razzismo e omofobia e l’ombra lunga del Fronte nazionale di Marine Le Pen. L’altra Francia — quella che ritiene di marcare un’ulteriore tappa nell’evoluzione progressista dei costumi del Paese — reagisce con giudizi sprezzanti, teme una versione francese dei «Tea party» americani, intravede il fantasma di Pétain che attenta ai valori della Repubblica laica. Insomma la butta in politica: da una parte la conservazione, dall’altra la Francia di Hollande, nel solco di Mitterrand.
Ma la faccenda è più complessa e il governo di Hollande, di fronte alla mobilitazione di massa e ai rischi di lacerazione sociale, sembra averlo compreso. La sinistra non condivide in blocco l’approccio radicale di molti esponenti del governo socialista. L’opposizione gollista, che ha nel suo Dna le libertà civili, non si è mobilitata a fianco dei «difensori» della famiglia.
Traspare un genere di contrapposizione che ha segnato la storia del Paese dai tempi della Rivoluzione: la provincia contro la capitale, giacobini contro girondini, la Francia popolare contro le élite intellettuali — straordinariamente efficaci nello stabilire, in salotto, il bene comune e teorizzarlo sui giornali.
Non è scesa in piazza soltanto una Francia reazionaria e omofoba, ma anche una Francia che ritiene insopportabile la tentazione molto francese di legiferare su tutto, il vizio cartesiano-monarchico di rendere riconducibile alla norma — e quindi alla dimensione immanente dello Stato — le scelte private dei cittadini, la presunzione di codificare diritti individuali in materie che toccano la sensibilità di minoranze o addirittura di maggioranze. In tema di parità, peraltro, nessuno dà il buon esempio.
Come sempre avviene in questi casi, gli estremismi rischiano di confondersi. L’«indifferenza dei generi» alimenta, per reazione, il pregiudizio omofobo e la propaganda più ottusa. Il sacrosanto principio della parità fra sessi vorrebbe stabilire grottesche spartizioni di posti anche nell’Olimpo delle più alte personalità della cultura e della scienza. L’affermazione di diritti biologici per tutti — come ha detto l’accademico Jean Clair — avrebbe fatto in un’altra epoca la felicità dei nazisti.
L’introduzione di norme che modifichino il linguaggio per codificare l’evoluzione dei comportamenti e della mentalità collettiva sembra non tenere conto che il linguaggio è appunto la forma della complessità sociale: l’espressione di identità e diversità, di cultura tollerante e valori condivisi. Si dice «lingua madre», ma non è detto che la definizione resista nella Francia di Holland


Davide Giacalone

Familiarizzando



Interessante quel che succede in Francia, sul fronte della famiglia. Significativo quel che è successo da noi: nel 2000 i gruppi familiari composti da madre-padre-figli erano il 43.8%, nel 2012 il 35.8. L’approccio moralistico non serve a capire la politica o l’economia, meno ancora il mondo in cui viviamo. Non sarò certo io, da laico, a richiamare valori sacramentali. Ma è ipocrita non avvertire che quel che accade ha ed avrà conseguenze. Anche sul modello di welfare. Questi mi paiono gli aspetti più evidenti.
1. Il “modello famiglia” è ancora fortissimo, tanto che ogni forma di convivenza tende a volervisi uniformare. Il numero di due ha un senso in chiave riproduttiva: maschio e femmina fanno figli. Se si esce da quello schema, perché devono essere “coppie”? Solo per emulare il matrimonio, quindi la famiglia “tradizionale”.
2. Si dirà: se non sono coppie si legalizza la poligamia. E’ già successo: i pari diritti dei minori (giustissimo) e i pari diritti dei genitori (giusto), già consentono legami multipli e ripetutamente figlianti. Con una singolare postilla: la poligamia è solo maschile, perché una donna può bene avere tutti i compagni e le compagne che crede, ma non può condurre due gravidanze contemporaneamente (Hugh Grant sì).
3. Già sento, nonostante la premessa, l’accusa di moralismo e tradizionalismo, ma a me pare il contrario. Tanto è vero che a forza di familiarizzare tutto (come hanno fatto in Francia) è andata a finire che si vuol criminalizzare la prostituzione, negando che in quella possa esserci libera scelta delle donne. E cos’è, questa, se non una posizione moralistica?
4. E non è la sola contraddizione, perché mentre la prostituzione è da combattere in nome della “mercificazione” si cerca di regolamentare “l’utero in affitto”. Dubito che l’organo sia meno merce dell’essere nel suo insieme (e nego che funzioni senza l’insieme).
5. Per una strana contorsione logica la fuga dalla famiglia (ma solo quella matrimoniale ed eterosessuale) è considerata una forma di liberazione. Progressista. Mentre va nell’ombra il lato relativo alla fuga dalle responsabilità e dai doveri. Che magari non sono variopinti e allegri, ma è sicuro che la società dei diritti senza doveri è una società di adolescenti viziati, che moriranno senza essere cresciuti. Poi vai in tribunale e vedi vite distrutte dalla ricerca della felicità.
6. In Italia la rete delle famiglie è (era?) la più solida struttura del welfare. Privato. Che il padre abbandonasse il figlio al suo destino, quando grande e secondo uno stereotipo anglosassone, ci faceva orrore. Così per i piccoli e gli anziani non autosufficienti. Posto che i servizi alla famiglia e ai genitori non sono cresciuti, ho l’impressione che lo stop alla crescita porterà molti a rimeditare sul valore di quell’istituto. 
7. L’ho detto in modo troppo gretto? Ma la vita mica è una lunga scampagnata, manifestante e spinellante, giuliva e promiscua, passata a bere e magnare senza sudare e lavorare.
8. Le “conquiste” del passato, a cominciare dal divorzio, non si toccano. Semmai si sveltiscono e alleggeriscono. Ma richiedono senso di responsabilità e adempimento dei doveri. Altrimenti sono dissolutezza. Come sostenevano i loro avversari.
Significativo che l’allarme sia suonato in Francia. La patria del bacio à la francese e del mal francese, da sempre terra di libertà, vuol serrare le prostitute. Al tempo stesso la patria della laicità vede sfilare le famiglie, con tanto di simboli religiosi. Direi che la lezione è interessante: quando i lumi finiscono in mano agli oscurantisti dell’egocentrismo e la ragione s’alloggia presso l’irragionevole negazione

1 commento:

  1. Non è questione di essere reazionari o progressisti, l'utero in affitto è la mercificazione dell'atto sessuale.

    RispondiElimina