venerdì 28 marzo 2014

SCAJOLA : "ASSOLUZIONE ILLOGICA" DICONO I PM. E STAVOLTA POTREBBERO AVERE RAGIONE

 
Io ricordo e so troppo poco di diritto penale per apprezzare una difesa "tecnica", e infatti non difendo in quell'ambito.
Devo dire che è un giusto scrupolo che vedo non abbastanza diffuso, e non solo tra gli avvocati, che rimbalzano con eccessiva disinvoltura da un campo all'altro, ma anche tra i PM.  Mi pare di percepire sempre di più tra i pubblici ministeri (ma anche tra i giudici) un approccio un po' nazional popolare, logico-dialettico più che tecnico giuridico, consacrato in teoremi strani quali, tra i più noti, il "non poteva non sapere". Ciò posto, se veramente l'assoluzione dell'ex ministro Scajola si è fondata sulla "non conoscenza" dell'intervento dell'imprenditore Anemone per perfezionare il saldo del VERO prezzo della sua ormai famosa casa al Colosseo, bè anche a me qualche perplessità è venuta. Ammettiamo pure che il ministro non sapesse il vero prezzo dell'immobile, però 200 mq sul Coloesseo 600.000 euro non potevano costare MAI !! E quindi come mai questo costo incomprensibile ?
In altri tipi di acquisto, sarebbe scattata l'accusa di ricettazione, che se compro un SH nuovo per 1500 euro quando il suo prezzo è 3.000 difficile che me la cavo con "non sapevo". 
Ma  anche nel campo civilistico troviamo l'intervento del legislatore nel caso di sperequazioni troppo forti tra prestazioni contrattuali :  la lesione "ultra dimidium", che scatta quando la sproporzione eccede la metà del valore (come nel nostro caso). SOno meri esempi, che non c'entrano NULLA con l'ipotesi di reato contestata a Scajola (finanziamento illecito) ma che spiegano come nel diritto questi eccessi, queste differenze abnormi tra prestazioni e valori vengono guardate con sospetto e possono arrivare  a concretare un illecito, di natura civile o penale a seconda dei casi.
Quindi, senza ricorrere  alle solite, tipiche iperboli dei PM, arrivati a dire che a Roma con 600.000 euro non si compra neppure un appartamento in remota periferia, che è una emerita fesseria, è però indiscutibile che con quella cifra NON ci compri un appartamento con vista sul Colosseo di 200 mq. E infatti il prezzo fu più del doppio (1.700.000, però ristrutturato...).
Tutto il resto lo lascio agli esperti, ma sulla non verosimiglianza della ricostruzione che viene alla fine proposta, quella poi contestata dai PM che infatti hanno proposto appello, stavolta devo essere d'accordo con l'accusa, ricordando però sempre ai lettori che queste sono considerazioni fatte in ragione di quanto i media riportano, che pochissimi, al di là dei diretti interessati, ha VERA conoscenza delle carte processuali.
SI discetta sic stantibus rebus, dando per sufficientemente veritieri i resoconti di cronaca.
In questo caso, quello che segue è del Corriere della Sera


Il Corriere della Sera - Digital Edition

«Assoluzione illogica» I pm ricorrono
in appello sulla casa di Scajola



ROMA — A Roma, con seicentomila euro — mutuo di cui disponeva all’epoca Claudio Scajola — non si compra neppure «un immobile economico in una remota periferia», figurarsi un appartamento (di 200 metri quadrati) al Colosseo. L’inconsapevole ex ministro si sarebbe dovuto chiedere da «uomo politico di grande esperienza» («che al momento del fatto ricopriva un incarico di vertice ai massimi livelli») quello che anche un «uomo medio», al suo posto, si sarebbe chiesto: chi paga per la differenza? La procura ricorre in appello contro la sentenza del giudice Eleonora Santolini che, assolvendo Scajola con formula piena, valorizzava la tesi dell’inconsapevolezza (il famoso «a mia insaputa») finendo per attribuire al politico doti d’ingenuità e sprovvedutezza. Sentenza «illogica» e conclusioni «acritiche», dice l’accusa. È compatibile tanta genuinità, «mancanza di accortezza, consapevolezza, senso della realtà» con la figura del parlamentare Scajola? Ovvio che la risposta, per i pm Roberto Felici e Ilaria Calò, è no. Per l’appartamento di via del Fagutale, va ricordato, furono versati alle proprietarie, le sorelle Papa, un milione e settecentomila euro. Soldi sborsati dall’imprenditore Diego Anemone del giro della famosa cricca, quella che interloquiva con l’ex provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci. Ora, al processo, (dove Anemone è stato prescritto) non è mai emersa traccia di curiosità sul prezzo dell’immobile da parte di Scajola. Mai una volta che, a fronte dell’acquisto imminente o dei lavori di ristrutturazione sostenuti (pagati sempre da Anemone), il ministro abbia chiesto di conoscere il vero prezzo della casa, peraltro pari a tre volte il suo budget. Non solo, ma l’allora ministro si assentò nel fatidico momento della sottoscrizione del contratto — tramite versamento di assegni circolari relativi ai 900 mila euro versati da Anemone — e dunque non partecipò all’unico momento in cui sarebbe stato impossibile ignorare il prezzo pagato per l’appartamento al Colosseo. Per i pm «non sussiste alcuna plausibile ragione, neanche si trattasse del più importante e coinvolto uomo di Stato, per cui l’acquirente di un immobile di ingente valore non debba presenziare alla stipulazione dell’atto pubblico». A meno che non vi sia «la volontà di precostituirsi la prova di una presunta inconsapevolezza di quanto stava accadendo». L’inconsapevolezza come strategia, dunque. Quanto al finanziatore Anemone, navigato imprenditore dei Grandi eventi, pare inverosimile che abbia elaborato un raggiro del genere per mettere Scajola un domani di fronte al fatto compiuto e dunque rivendicare appalti per le sue imprese. La procura parla di «clamoroso errore prospettico» da parte del giudice al quale contesta anche le date sulle quali si gioca la prescrizione. Il reato non si consumò con la fine dei lavori di ristrutturazione (2006) ma il 30 aprile 2007, data dell’approvazione del bilancio omissivo dell’impresa di Anemone.
Ilaria Sacchettoni

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