venerdì 14 marzo 2014

TOH, CHI SI RIVEDE : OSCAR GIANNINO DA' LA PAGELLA A RENZI


Visto ieri Renzi a Porta a Porta di Vespa. Nulla da dire, il giovanotto conferma la stoffa comunicativa, che del resto anche i suoi più velenosi critici non gli contestano. Anche quando parla di numeri economici, sa non essere noioso, infilando qua e là qualche battuta, e cercando di non dilungarsi.
Rispetto a Grillo, non è incazzoso e anche rispetto a Berlusconi si mostra più dialogante. E' vero che, al momento, anche Sallusti sembra affascinato da Renzino e quando esprime qualche dubbio sui miracoli promessi dal neo Premier, lo fa con un garbo desueto al personaggio.
Ciò posto, continuiamo con la rassegna dei commentatori specializzati, che si sono espressi su questa prima parte di programma esplicitata da Renzino.
E oggi lo facciamo con un personaggio un tempo apprezzatissimo tra i liberali e oggi caduto in rpofonda disgrazia. Oscar Giannino.
Io vi invito a leggerlo, senza l'adorazione di prima, ma nemmeno il pregiudizio di oggi.
So che è difficile, però si può provare
Buona Lettura


Le 4 novità, i voti e le stroncature 

alle misure di “Cesare” Renzi

 

Sinceramente non capisco gli stupori al “metodo Renzi” della conferenza stampa di ieri. Evidentemente, ancora moltissimi giornalisti e, soprattutto, politici, non hanno capito che il premier ha scelto da anni un metodo molto diverso da quelli ai quali la politica ci ha abituato. Non ha nulla che spartire con la compunzione dei tecnici, che non comunicano se non provvedimenti già definiti nei dettagli e collimati alla virgola con i direttori generali ministeriali, e lo fanno con la voce bassa e i toni noiosi connessi da sempre a una certa idea di “serietà”, rispetto alla concitazione e alla polemica permanente della politica italiana. E non è neanche figlio o erede del “sorriso in tasca” del Berlusconi dei migliori anni, come molti invece pensano e scrivono.  Ciò che li unisce è la deliberata volontà e capacità di parlare direttamente  alle tasche e alla pancia degli italiani, ai loro difetti prima che ai loro pregi, bypassando ogni filtro. Ma Berlusconi  è sempre stato un populista “antagonista”, pronto a vantare col sorrisone sparato a 32 denti anche  un suo fazzoletto come prova irrefutabile della sua irriducibile superiorità rispetto ai comunisti, deideologizzato appellativo in cui comprendere e liquidare chiunque per qualunque ragione non la pensi come lui: anche se magari è semplicemente un liberale coerente, a differenza sua. Renzi è un populista “inclusivo”, un arcitaliano che non cerca nemici, gli avversari preferisce liquidarli in due battute senza concedere loro alcun “Libro nero”.
La sinistra italiana ha dunque il suo Cesare, con tanto di veni –vidi- vici in 32 slides di cui la prima è una katana sguainata che annuncia “100 giorni di lotta”. Nel Pd è già aperta la gara a trovare i Bruto e i Casca, per farlo fuori.  E’ tutto da vedere, se Cesare Renzi vincerà guerre vere o si ridurrà a guerricciole e veleni come uno dei tanti duchi Valentino cari a Machiavelli. Ma se per caso qualche guerra vincesse, anche la destra dovrà smuoversi dal contemplare la reliquia imbalsamata di Berlusconi. Mica sarebbe male.
Detto questo, è il caso di tentare di fissare e discutere alcune impressioni sulla “svolta” illustrata da Renzi.
Novità 1: le coperture.   Dai tagli di spesa “Cottarelli” vengono solo 3 miliardi per il 2014, veramente pochini. Renzi ha pensato che procedere pubblicamente a un’illustrazione dei tagli complessivi proposti da Cottarelli, anticipandone il più possibile all’anno in corso e al 2015 invece di rinviarne il più al 2016, avrebbe riacceso un dibattito incentrato sul “rigore”. Sarebbe stato depressivo, pensa Renzi. Peccato, la vera svolta verrà quando si capisce che è dalla spesa che si comincia, vista la sua adiposa pesantezza, per dare benzina a tagli alle tasse e alla crescita. Il più delle coperture viene invece dai risparmi sugli interessi del debito pubblico – grazie allo spread incatenato al ribasso dai flussi di capitale in fuga dai paesi emergenti – internazionale – nonché dalla decisione di tornare al 3% di deficit sul Pil, venendo meno all’impegno europeo di continuare  a scendere anno dopo anno verso l’azzeramento del deficit.
Novità 2: l’Europa. La Bce, questa mattina, nel suo bollettino mensile ha subito richiamato il governo Renzi all’attuazione delle misure concordate nel patto di stabilità. E’ ovvio che il testo del bollettino era scritto prima della conferenza stampa di Renzi, e non è una risposta alle sue misure. Ma Renzi propugna un’altra linea. Da quanto ne sappiamo, senza aver ancora convinto  i vertici tecnici del MEF, a giudicare dagli spifferi gelati giunti dalle loro stanze alla stampa negli ultimi tre giorni.  “In Europa ci vado io, a spiegare che quel margine mi serve per crescere di più nel breve, è interesse di tutti e non solo dell’Italia”, ha detto per chiaruire che NON saranno i tecnici – Padoan è avvisato – a avere l’ultima parola per l’Italia in Ecofin. E’ un rischio. ma Renzi lo prende a suo carico, in vista del semestre europeo. E del fiscal compact che ci impone di ridurre il debito pubblico dal 2015 di un ventesimo l’anno della quota eccedente il 60% del PIl. Non regge, a questo proposito per covincere l’Europa, il ritornello dell’argomento-Fortis” – siamo un paese virtuoso, in 21 anni degli ultimi 22 anni (unica eccezione il 2009) siamo in avanzo primario.  L’avanzo primario permanente ventennale – cioè le entrate che superano la spesa al netto degli interessi – realizzato attraverso aumento verticale del drenaggio fiscale e ciò malgrado con effetto di debito pubblico crescente al galoppo, è la fotografia di un paese non virtuoso ma malato, e a crescita zero per eccesso pubblico.
Novità 3: l’intendance suivrà.  Lo disse sprezzantemente De Gaulle nel 1958, a proposito del fatto che i grandi leader prendono decisioni di fondo, e ai vivandieri cioè all’amministrazione pubblica spetta seguirli senza far troppe storie, giudicando di legalità e legittimità ma NON le direttive politiche da seguire.  E’ la ragione per la quale ieri Renzi ha svolto la sua relazione elencando le misure da assumere da maggio in poi, non ha consegnato i singoli provvedimenti.  Può essere un buon metodo per un paese che attende davvero svolte profonde, ma al solo patto di modificare in profondità il rapporto tra politica e vertici ministeriali, i veri detentori del potere di veto scrittura e interpretazione autentica del procedimento normativo italiano. Vedremo, perché il diavolo è nei dettagli e le riforme italiane non funzionano mai innanzitutto perché chi le scrive ne attenua programmaticamente ogni impatto “eversivo” dei processi organizzativi sino a quel momento invalsi.
Novità 4. Niente concertazione. Una delle cose migliori: basta processioni preventive di sindacati vari e diversi. La Cgil ci è cascata in pieno, tra annunci di sciopero preventivi e il quasi ridicolo 10 dato ex post dalla Camusso ieri.  Speriamo che Renzi non torni mai, ai sinodi della sala Verde con 55 sigle “sociali” schierate. Sindacati e imprese dicano e scrivano in documenti come la pensano e  cosa vogliono, ma la politica decida e si faccia giudicare per i fatti suoi. Rispetto alla sinistra – ma anche alla destra di Berlusconi – una sana rottura di continuità.
Veniamo, telegraficamente , al merito della raffica di annunci.
Lavoro: la parte di gran lunga migliore, merita un 10. Aumentare da 12 a 36 mesi il rapporto di lavoro a tempo determinato e abolire il “causalone”, cancellare le rigidità imposte dalla riforma Fornero all’apprendistato, sono due tra le misure migliori per alzare la propensione all’offerta di impiego.  Accolte le richiese delle imprese, senza distinzioni tra piccole e grandi, ma è di grande benficio soprattutto alla piccola.  Bene non aver dato retta ai no sindacali. Eì’ servito con gli interessi, chi aveva dubbi sul ministro Poletti.
Debiti PA-Imprese: giudizio sospeso. Apprezzabilissimo  l’impegno entro luglio di mettere a disposizione altri 68 miliardi di euro – dopo i 22 del 2013 – per il pagamento completo dei debiti pubblici commerciali. Ai giornalisti finanziari risulta però ancora del tutto aperta la questione del metodo seguito per farli “rilasciare” da Cdp.  La proposta Bassanini, di cui si era parlato, non convince né il MEF né la Commissione Europea.  Vedremo. Certo è che 70 bn di liquidità sarebbero la parte monetaria più essenziale del combustibile alla ripresa lato-aziende.
Casa: 6 e mezzo.  Personalmente distinguo: è da 8 aver innalzato a 900 euro la detrazione fiscale per affitti a chi ha meno di 15.493 euro annui di reddito. Non capisco però perché debba valere solo per chi ha canone concordato. Continuo a non capire l’enfasi sul canone concordato, attraverso la pur apprezzabile discesa dal 20 al 10% della cedolare secca, riservata appunto solo ai canoni concordati. E’ il vecchio riflesso condizionato a sinistra a favore dei “calmieri” dioclezianei ai prezzi.   La solita tiritera della “lotta all’evasione” si è rivelata con armi spuntate: il canone concordato non è decollato per gli aggravi ingenti sull’intera tassazione immobiliare, che ha messo l’intero settore alle corde. Lo Stato deve capire che se continua a far salire le tasse sulla casa, non è con la cedolare secca che ricrea il margine per proprietari  alla disperata ricerca di rendimenti non negativi.
Ammortizzatori : giudizio sospeso. Si parla di una delega, da esercitare poi entro 6 mesi dall’approvazione. Buono l’intento di dare copertura veramente universale a tutti coloro che perdono il lavoro, compresi gli esclusi oggi da Aspi e mini-Aspi. Buona anche l’abrogazione della Cassa in deroga, discrezionalmente gestita dalle Regioni. Al di là di questo però manca ogni dettaglio per capire davvero di che si parla e le coperture, che in questo caso sono da immaginare per miliardi “a pacchi”.
Agenzia Nazionale Occupazione: mah… i Centri Regionali per l’impiego in Italia funzionano solo per i loro dipendenti, ma se l’Agenzia Nazionale nasce per somma di tutti i loro dipendenti più tutti quelli che sotto il ministero del Lavoro si occupano centralmente di politiche attive , e per di più senza levare la programmazione alle Regioni, beh la probabilità che nasca un carrozzone immondo è matematica certezza.  Il contratto di inserimento a tutele crescenti – anche qua, senza testi può voler dire modello –Ichino, modello-Boeri o modello-chiacchera -  è subordinato all’approvazione del nuovo codice del lavoro, incaricato di rivedere le diverse tipologie contrattuali. Manca sinora una scelta coraggiosa: aprire ai privati, che gestiscono il più dell’incrocio domanda-offerta, l’appartenenza a pieno titolo al sistema pubblico convenzionato per l’impiego. Certo, i sindacati insorgerebbero. Ma su questo, altrimenti, il rischio-fallimento per  Renzi resta molto forte.

IRPEF: per me il voto è 5. E’ il “cuore di sinistra” della manovra renziana. Aver scelto di concentrare 10 bn di risorse a regim e 6 bn nel 2014 – il più da aumento di spesa in deficit, come abbiamo visto – sulla maggiorazione delle detrazioni alle fasce basse di reddito del solo lavoro dipendente (da quel che si è capito ieri, nella dizione ”e assimilati” NON rientrano gli autonomi), e agli “incapienti” sotto gli 8mila euro di reddito annuo (ma non si dice come).  Inutile ripetere quanto già detto: abbattere l’IRAP sarebbe stato meglio. Ma per la sinistra  confondere le ragioni della ripresa – ridare margini a imprese estenuate – con quelle della redistribuzione è errore antico. Ricordare il titolo del libro di Yoram Gutgeld: più uguali più ricchi. Peccato che non sia vero. Tuttavia scolpiamoci bene in mente una cosa: se Renzi riesce davvero a dare mille euro in più a chi ne guadagna fino a 1500 al mese, sarà la maggior operazione di sgravio tangibile agli occhi di 10 milioni di italiani da decenni a questa parte.
Tassa sul risparmio: il mio voto è zero. Abbattere un 10% dell’IRAP privata – pesa 24 bn, a cui se ne aggiungono 10 bn di “partita di giro” pubblica – con l’innalzamento dal 20 al 26% della ritenuta su risparmi bancari e redditi azionari-obbligazionari, escludendo come al solito Poste e titoli pubblici, è una boiata pazzesca. Sommandosi alla patrimoniale conto-titoli – che quest’anno sale al 2 per mille – e alla Tobin Tax “all’italiana” vigente da noi e non adottatat dai grandi paesi europei, l’effetto è di un’aliquota ben superiore al 32%. Per di più regressiva, mentre invece i redditi da capitale a qualunque titolo dovrebbero confluire nel reddito complessivo IRPEF ed essere soggetti dunque ad aliquota progressiva. In Germania ad esempio l’aliquota ordinaria del 25% da redditi da capitale, con sovraliquota del  5,5% come contributo solidarietà all’Est tedesco (e un ulteriore 8% che si può liberamente scegliere di destinare a una confessione religiosa) convive con la libera scelta del contribuente a minor reddito di portare tutto in Irpef, se sotto la soglia dell’aliquota del 25%, con franchigia esentassa fino a 8mila euro e per il resto tassazione al 14%.  Qui da noi la tassa è regressiva perché per chi ha minor reddito la libera scelta di portare i redditi da capitale in IRPEF non c’è,  ma c’è pure una patrimoniale secca aggiuntiva, c’è una Tobin Tax, e a pagare sono solo le persone fisiche mentre imprese e intermediari finanziari portano i proventi a reddito IRES. Quando vi dicono che sul risparmio stiamo adottando una “tassa europea”, vi celano queste essenziali caratteristiche, che mancano al prelievo italiano di cui Renzi dispone l’aggravamento.  La sua spiegazione è semplice, è una sola e l’Europa non c’entra. Lo Stato ha sete, dunque penalizza qualunque altro impiego del risparmio diverso da quello destinato a lui. Si chiama “repressione finanziaria”, di modello giapponese: a me fa schifo.
Energia: giudizio sospeso. Carlo Stagnaro ci insegna che tagliare il 10% della bolletta elettrica alle imprese  è cosa possibile e buona, ma il problema è rimodulando quali dei tanti stranded cost oggi presenti in bolletta e a carico di chi. La cosa migliore sarebbe colpire per quota parte tutti i maggiori interessi oggi ipertutrelati in bolletta: fare una scelta di campo, significa esporsi pro o contro tra rinnovabilisti ed energivori. Quindi, allo stato attuale impossibile giudicare. Dalle parole del ministro Guidi, si è capito che passeranno alcuni mesi, anche perché giustamente ci si confronterà prima con l’Autorità di settore. Ma la Guidi può fare un opttimo lavoro, rispetto alla somma in bolletta di sussidi-per-tutti sin qui seguita.
Scuola: voto 7. Buona l’idea della cabina di regia a palazzo Chigi per sbloccare qualche miliardo sull’edilizia scolastica, anche in deroga al patto di stabilità per amministrazioni locali che abbiano residui attivi “congelati”

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