Sandro Bondi appartiene alla categoria di persone che francamente ho in antipatia. Melliflue, scivolose, untuose...
Ex comunista, si è innamorato di Berlusconi con toni di adorazione imbarazzanti.
Adesso che è stato emarginato, prende carta e penna e scrive alla Stampa per dire che Forza Italia ha fallito - il che è vero - e che ora è il momento di Renzi.
E anche questo sembra che sia vero.
Solo che sarebbe meglio che il poeta, che ormai si descrive come un osservatore esterno della politica italiana, tenesse un più basso profilo perché troppe giravolte fanno male alla testa, specie ad una certa età.
Perché questo è quello che stona in certi persone. Uno può anche cambiare idea, ma se la virata è di 180 gradi - da comunista a liberale - qualche spiegazione tocca che la dai. Dopodiché va ancora bene che denunci il fallimento della nuova compagnia in cui ti sei infilato, però ricordando che in essa tu avevi avuto - probabilmente ben oltre meriti e capacità - un ruolo importante (era uno dei tre coordinatori degli azzurri...) e spiegando la tua parte di errori.
Nella sostanza, le cose che scrive sono anche condivisibili. Chi può negare la delusione dei liberali ?
Dopo 20 anni in Italia una politica liberale non c'è stata, un partito liberale forte non c'è, e la nazione, che doveva evolversi, con dimagrimento dello Stato, superamento della peggiore burocrazia, diminuzione delle tasse e degli sprechi, è rimasta ferma dov'era (anzi, la pressione fiscale è aumentata).
Sarà Renzi a fare questi cambiamenti ? Così dice Bondi, e già questo è un buon motivo per dubitare.
La speranza, di tanti, in mancanza di una Thatcher, di un Reagan, è che l'Italia abbia almeno trovato il suo Blair.
Io, che pure a mia volta - due anni fa - questo pensiero l'ho accarezzato, oggi ho fortissime perplessità.
Tornando a Bondi, c'è chi dice che l'uomo vorrebbe tentare il terzo approdo, sposando la causa del nuovo vincitore.
Se fosse vero, il calcolo si rivelerà sbagliato, che il "nostro" non è né giovane, né donna (e non è nemmeno uno che porta voti..).
Una brutta figura per nulla.
FI ha fallito, sosteniamo Renzi
Gentile Direttore,
la mia impressione, da osservatore esterno ormai alla vita politica
italiana, è che il centrodestra non solo sia diviso, com’è evidente, ma
soprattutto sia privo di una strategia per il futuro.
Tutto in fondo è affidato più ancora che nel passato al
carisma di Berlusconi, che suscita ancora un forte rapporto con l’elettorato
moderato e il cui intuito politico è tuttora capace di produrre esiti
inaspettati e sorprendenti.
In un recente libro del politologo Piero Ignazi, pubblicato dall’editore Il Mulino e intitolato: Vent’anni dopo. La parabola del berlusconismo, l’autore giunge a conclusioni molto severe per il centrodestra. Ignazi sostiene in sostanza che il berlusconismo terminerebbe sotto il segno di tre fallimenti: la costituzione di un grande partito liberal-conservatore; la modernizzazione del Paese e la rivoluzione liberale.
A mio avviso il centrodestra dovrebbe cercare di riflettere su queste conclusioni. Diversamente la corsa verso un successo elettorale potrebbe rivelarsi un’altra illusione e un’altra opportunità perduta per l’Italia.
C’è un dato innanzitutto da cui partire. Renzi rappresenta senza dubbio la prima vera cesura nella sinistra italiana rispetto alla sua tradizione comunista. Anzi, la sinistra di Renzi si colloca oltre la tradizionale socialdemocrazia europea, ed è più simile alla sinistra liberal americana di Obama e al nuovo labour party di Blair. Si potrebbe dire che Blair sta alla Thatcher così come Renzi sta a Berlusconi. Con la differenza però che Berlusconi non ha potuto portare a compimento una vera e propria rivoluzione liberale e una necessaria modernizzazione dell’Italia come ha fatto invece la Thatcher in Gran Bretagna, sia nella sfera economica che in quella dei diritti civili.
Un’autentica rivoluzione liberale Berlusconi non ha potuto farla perché i suoi principali alleati, da Fini a Casini, da La Russa a Bossi erano tutto fuorché liberali.
C’è poi da considerare che il dominus dei governi presieduti da Berlusconi, cioè il ministro dell’economia Giulio Tremonti, forte di un rapporto privilegiato con la Lega, ha imposto di fatto le sue concezioni, le sue ricette e perfino le sue idiosincrasie, all’intera compagine di centrodestra con risultati molto discutibili.
La forza di Renzi nasce in fondo dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente.
Per queste ragioni il centrodestra dovrà scegliere, soprattutto dopo l’esito delle elezioni europee, quale tipo di opposizione condurre al governo Renzi: contrastare il suo impeto riformatore e modernizzatore oppure incalzarlo e sostenerlo in un’opera di cambiamento dal cui fallimento nessuno beneficerebbe.
Questa sfida riguarda soprattutto Berlusconi, perché il suo partito in quanto comunità di valori e di solidarietà è assolutamente assente, riguarda il desiderio di Berlusconi di lasciare una memoria positiva della sua persona e del suo impegno politico a favore dell’Italia.
Mi piacerebbe che Berlusconi dicesse chiaramente che se Renzi farà delle cose giuste lo sosterrà e che lo criticherà o lo avverserà con fermezza solo se non manterrà fede alle sue promesse di cambiamento e di modernizzazione dell’Italia.
Forse questa scelta può essere l’unica a rendere possibile una ricostruzione delle basi ideali, politiche e programmatiche del centrodestra.
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