sabato 12 aprile 2014

BERLUSCONI E IL SILENZIO OBBLIGATORIO : L'INCREDIBILE POTERE DI GIUDICARE PER E SU SE STESSI

 
Ha ragione da vendere Pierluigi Battista quando nel suo editoriale di oggi descrive Forza Italia come un partito che non fa politica ma si limita a stare al capezzale del capo, colui che ha garantito cariche e prebende per 20 anni e adesso sembra veramente al canto del cigno. Magari, aggiunge l'ex direttore del Corriere, per l'ennesima volta (sarebbe almeno la quinta ! ) il Cavaliere smentirà tutti e come la nota Araba di Fenice risorgerà nuovamente dalle sue ceneri. Però le sensazioni sono brutte, e stavolta in piazza ci sono due nuovi personaggi entrambi dotati di carisma mediatico : Renzi e Grillo. 
E comunque, si tratterebbe semmai e sempre di miracolo elettorale, resterebbe il vuoto politico.
Ciò posto, come non stigmatizzare l'infelicissima uscita del PG di Milano in occasione dell'udienza che doveva decidere il prossimo futuro di Berlusconi, condannato a scontare la pena di un anno per evasione fiscale a seguito del processo "Mediaset" ? 
La dichiarazione del PM, se fedelmente riportata dalla stampa, svelerebbe il classico riflesso pavloviano. Qualsiasi condannato ammesso ad una misura restrittiva più favorevole, se la vedrà revocata in caso di commissione di nuovi reati. Qualsiasi essi siano !! Invece il sostituto ha freudianamente citato SOLO quello di diffamazione dei giudici, come se per gli altri non valesse lo stesso principio. Ah, avrebbe anche detto che per carità, tutti possono criticare i magistrati, ci mancherebbe, ma non diffamarli. Giusto. Peccato che sono poi loro a decidere cosa è critica e cosa è diffamazione. 
E' diffamazione dire che c'è una parte della magistratura  politicizzata? Che la categoria difende un potere corporativo e ostacola qualunque riforma che cerchi di limitarlo ? Che da 30 anni almeno è in corso una violazione degli equilibri istituzionali, con un ordine di valenza pubblica che si contrappone al potere esecutivo e governativo ? Che per 20 anni Berlusconi è stato "il colpevole più perseguitato della storia repubblicana" ? 
Anche a me piacerebbe avere il potere di far punire a comando uno che mi muove critiche dure, sentendomi offeso e/o diffamato. Ma non ho fatto il concorso...


Berlusconi e l’obbligo di tacere sui giudici
 
Ciò che pensa della magistratura l’ha detto per venti anni, perciò a Berlusconi basterebbe tacere per far capire quel che (forse) in campagna elettorale non ripeterà. D’altronde il suo scontro con le toghe ha segnato la storia della Seconda Repubblica. La sua linea programmatica si è sempre retta su due capisaldi: la riforma del fisco e quella della giustizia. Insomma è l’essenza stessa del Cavaliere a evocare il conflitto che ha diviso il Paese prima ancora che il Palazzo. Perciò — se il tribunale di sorveglianza dovesse consentire all’ex premier di far campagna elettorale — sarebbe complicato far coincidere l’«agibilità politica» per Berlusconi con l’avvertimento che gli ha lanciato il procuratore generale di Milano durante l’udienza di due giorni fa: non diffamare i magistrati, pena la revoca dell’affidamento ai servizi sociali.
A prima vista si tratta di un appello al buon senso, anche per porre fine alla «guerra dei vent’anni». Se non fosse che è arduo stabilire per un capo di partito qual è il confine tra un giudizio politico e un’ingiuria, specie se a decidere quel confine è parte in causa. E il precetto sembra travalicare anche il verdetto, che ha dichiarato «Berlusconi Silvio colpevole di frode fiscale»: quindi è da questo reato che il Cavaliere si dovrebbe «redimere» con la messa in prova, non dalle sue opinioni sulla «magistratura politicizzata».
In attesa della sentenza che deciderà il suo destino per i prossimi dieci mesi, il Cavaliere ha però accettato i consigli degli avvocati, ha accolto le suppliche di amici e familiari, ha preso per buoni i suggerimenti dei consiglieri a lui più vicini. Di più, li ha trasmessi ai dirigenti di Forza Italia, esortandoli alla «massima prudenza»: «Mi raccomando, il momento per me è delicato». Ed è così che si è attivata nel partito una sorta di «no fly zone» per le dichiarazioni sulla giustizia, a tutela della persona Berlusconi.
Ma il problema si porrà quando e se il tribunale concederà al politico Berlusconi di impegnarsi in campagna elettorale, perché il punto non è se lo spinoso tema della magistratura — sondaggi alla mano — non fa più presa sulla pubblica opinione, oggi concentrata sul dramma del lavoro. Il punto è se al «condannato Berlusconi» l’autorizzazione a comiziare sarà circoscritta ad alcuni temi e non ad altri, quasi gli venisse assegnata un’agenda, una scaletta, che lo mutilerebbe. È una questione che il Cavaliere ha sollevato ai legali, perché a suo giudizio una simile «limitazione» non gli offrirebbe certo il ripristino delle garanzie democratiche minime che chiede.
Per ora tace, gli è imposto dalla strategia di Franco Coppi e Niccolò Ghedini, sebbene mediti qualche colpo mediatico con cui evidenziare i limiti a cui (eventualmente) sarebbe costretto: magari simulando in pubblico l’obbligo di tenere la bocca chiusa, o riesumando dalla storia l’idea dell’acronimo, che ai sostenitori del Risorgimento consentiva di gridare «viva Verdi» davanti agli austriaci. Pur di risalire dagli inferi del consenso in cui è precipitato, Berlusconi le sta pensando tutte, sebbene non è per le vicissitudini giudiziarie che nei sondaggi è diventato il capo di un «terzo polo», ma per i suoi errori politici.
Di sicuro, se il tribunale gli consentirà di salire su un palco e di andare in tv per la campagna elettorale, vorrà parlare di giustizia. Lo s’intuisce dal dossier che si è fatto preparare sulla riforma della magistratura, che agli occhi di Berlusconi vale più della modifica del Titolo V della Costituzione e del Senato: ce n’è per tutti i gusti, dal doppio Csm alla netta distinzione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri; dall’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale alla responsabilità civile delle toghe.
È vero, non è su questi punti che il Cavaliere ha mandato Denis Verdini a trattare con Matteo Renzi, ma su una possibile revisione degli accordi sulla legge elettorale, dato che se dalle urne emergesse un risultato negativo per Forza Italia, l’impianto dell’Italicum così com’è non gli starebbe più bene. Ma siccome della necessità di riformare la giustizia parlò il presidente del Consiglio nel suo discorso per la fiducia alle Camere, Berlusconi chiede che dalle parole passi ai fatti. Renzi finora si è ben guardato di inserire il tema tra le sue priorità, consapevole che — se lo facesse — finirebbe come ai tempi della Bicamerale di Massimo D’Alema.
Resta da capire se e come il Cavaliere otterrà l’agibilità politica che invoca, ma sul nodo della magistratura ha già una base di partenza: è il disegno di legge costituzionale che presentò quando era ancora premier, e che portava la firma del Guardasigilli del tempo, Angelino Alfano. Chissà se — come scriveva ieri il Foglio — «le prigioni di Berlusconi» avvicineranno Forza Italia e Nuovo centrodestra, è assai improbabile però che questo basterà per arrivare alla riforma della giustizia e recuperare venti anni di occasioni perse.

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