lunedì 28 aprile 2014

LA TRAGEDIA DI PESCARA : QUANDO MEDEA E' UOMO

 
Alla maturità classica portai come materie prescelte ( all'epoca era in vigore la provvisoria riforma dell'esame, che doveva durare due anni e ne governò quasi 30 : dal 1969 al 1997 ) Italiano e Greco.
Come opera rappresentativa della tragedia greca avevo la Medea di Euripide. La storia, nella sua essenzialità, è nota : Medea, che per amore di Giasone ne fa di ogni, alla fine si vede scaricata dal bel giovanotto che per diventare re di Corinto decide si sposare la figlia del re Creonte, Glauce, mollando la madre dei suoi due figli. Ebbene Medea per vendicarsi non solo riesce a far fuori re e figlia, ma uccide anche i suoi , tanto per fare un "dispetto" a Giasone. 
A 18 anni erano in pochi quelli che non registravano come follia inaccettabile quella di Medea, indisponibili a qualsiasi forma di giustificazione drammatico-esistenziale, di pathos ed epos, e a ritenere inverosimile la storia inventata dal drammaturgo.   Da grandi si scopre che non è così, e una delle grandezze della tragedia greca era la rappresentazione del buio dell'animo umano. Da adulti si è costretti a convivere con il fatto che la vita non sia semplice come la si vedeva da giovani, quando i confini del giusto e dell'ingiusto, del bianco e del nero, erano così facili ed evidenti. Pure ci sono delle cose che restano insopportabili e e condannabili senza esitazioni, e tra queste resta proprio l'atto di Medea : uccidere i propri figli per punire chi ci lascia. 
Queste cose mi sono venute in mente mentre scorrevo impressionato l'episodio di cronaca di Pescara, dove un uomo si dà fuoco in auto, mentre con lui ci sono la figlia più piccola - 5 anni - e la moglie separata. 
Padre e bambina muoiono, la donna è grave.
Leggo che l'uomo si era innamorato perdutamente di questa figlia ultima arrivata, al punto da trascurare gli altri fratelli di lei. Attenzioni particolari, accudimento diverso, con cibo migliore, vestiti più curati...
Ci si era accorti che qualcosa nella mente dell'uomo non andava bene, e, una volta separati i coniugi, il padre poteva vedere la piccola solo alla presenza di un assistente sociale. Forse per pena, più probabilmente per paura, la madre consentiva che il padre vedesse anche in qualche altra occasione la bambina, trasgredendo alla disposizione giudiziaria. Questo probabilmente ha salvato la vita all'assistente, che quando uomini così si determinano, è ben difficile fermarli, visto che la vita, compresa la loro, non ha nessun valore. 
Sulla Stampa ho trovato queste righe

 

Il sacrificio degli innocenti 

Come un appuntamento, ogni volta avvolto dall’orrore per l’inspiegabile. E gli esperti ci diranno di suicidio allargato, della propria morte estesa alle persone avvolte da un distorto amore. Ci diranno della condanna a un’inimmaginabile sofferenza inflitta a chi sopravvive, facendo scontare attimo per attimo l’assassinio di un figlio da parte di chi ne ha condiviso la venuta al mondo.  
 
Racconta la cronaca che quest’uomo voleva incenerire tutte e tre le vite travolte dal suo senso di sconfitta. Altre cronache hanno narrato il sadismo meditato: a inizio 2011 un uomo fuggì dalla Svizzera con le gemelline di sei anni e, quando lo trovarono a Cerignola suicida sotto un treno, delle bambine nulla si seppe. 
Ricorre - talora come estensione della propria fine, talora come pena inflitta con volontà a chi resta - il sacrificio degli innocenti. E, per quanto ci si sforzi di scovare pietà anche per chi dell’orrore è artefice, si è sgomenti di fronte alla presunzione d’immenso potere dell’assassino, al delirio maturato in una società sempre più individualista (e sprezzante della morte) della quale tutti siamo frammenti. 

Abbiamo assistito - a volte dimenticando troppo presto - alla vendetta per un abbandono, con l’acido scagliato o fatto scagliare in volto per deturpare non soltanto i lineamenti ma il futuro della persona malamata. Ci siamo commossi ai funerali trasmessi dalla tv di creature uccise nel pieno del loro stupore e le abbiamo scordate come se se ne fossero andate vie con i palloncini bianchi liberati al cielo fuori dalla chiesa. 
Per noi, come è logico, viene domani. Per le madri o i padri superstiti di quelle vittime viene la quotidiana, insanabile sofferenza inferta da una fragilità, una viltà anche, che si è follemente innalzata all’onnipotenza di un dio malvagio.

Nessun commento:

Posta un commento