Chiedo scusa a Boskov, che me lo ero dimenticato nel gruppo dei grandi allenatori da me apprezzati per spirito, signorilità, capacità di sdrammatizzare in un mondo , quello del calcio, infarcito da faziosità, sonno catatonico della ragione, del quale anche in questi giorni abbiamo stomachevoli esempi.
I miei tre "grandi", spesso citati su queste pagine, sono Liedholm, Eriksson e Carlo Ancelotti. Bene, Boskov come e più di questi grandi personaggi dello sport pallonaro, era dotato dell'invidiabile e godevole dono dell'ironia.
Ogni volta che qualcuno cercava di tirarlo dentro una polemica, trovava una battuta per uscirne con eleganza. Tutti conoscono il suo indimenticabile "rigore è quando arbitro fischia" , a cui aggiunse altre perle similari. Gol subito dopo i tempi regolamentari ? Anche lì pronto a osservare che "partita è finita quando arbitro fischia" e quindi mai al 90' ! Oppure "meglio perdere una volta per 6-0 che sei volte per 1-0", che sa un po' di lapalissiano, ma detto da lui, col suo italiano accroccato (come Liedholm, non lo parlò mai benissimo. Meglio però chi parla con qualche errore di forma, rispetto a chi di errori riempie la sostanza...) fa sorridere.
Fu l'allenatore di una grande Sampdoria, dove, come a volta nella vita succede, si radunarono una serie di personaggi unici e indimenticabili, a iniziare dal Presidente, un galatuono raro come Mantovani, per proseguire con calciatori fantasiosi e bravi come Vialli e Mancini. I pettegoli dicono che erano i due dioscuri in realtà a fare la formazione e a stabilire la tattica di quella Samp, ma io non lo credo. Semplicemente, Boskov era uno bravo a convivere con campioni estrosi e anche un pò capricciosi (Mancio sicuramente lo era), lasciando loro briglia molto lunghe. Non devono tutti essere sergenti dei marines applicati al calcio.
Tra le nuove leve di Mister vedo francamente solo Montella, nel campionato italiano, ai livelli di signorilità del serbov. Non ne ha l'ironia, in effetti, però qualche tempo fa in una intervista gli sentii dire di Cuadrado " è un talentuoso che bisogna un po' lasciar fare. Certo, se magari segue anche un po' gli schemi del resto della squadra, aumentano le possibilità che i compagni non rimangano disorientati dalle sue giocate alla pari degli avversari...". Il virgolettato non è fedele, ma merito fiducia sulla sostanza.
Ebbene il grande Vujiadin disse una cosa simile del fantasista Carbone : «Con sue finte disorienta avversari, ma pure compagni».
Che la terra ti sia lieve, grande Mister
Lutto nel calcio, addio Vujadin Boskov
Il maestro dello scudetto con la Samp
Il tecnico morto alla soglia degli 83 anni. Il saluto del club doriano: «Ciao Vuja»
Allenò anche il Real Madrid e la Jugoslavia. A Roma fece esordire Totti a 16 anni
Allenò anche il Real Madrid e la Jugoslavia. A Roma fece esordire Totti a 16 anni
REUTERS
Vujadin Boskov
Uno degli uomini più istrionici che la storia del calcio ricordi. Ma anche un vincente: portò la Sampdoria alla conquista dello scudetto nel 1991. Un maestro di vita, un mostro d’ironia, tanto simpatico quanto pittoresco, ma anche sarcastico. Irresistibile e inimitabile. La sua competenza mancherà a tanti, in un calcio sempre più frenetico, meccanismo e molto poco umano. Boskov amava sdrammatizzare e, quando ad esempio parlava del fantasista Benito Carbone, ripeteva: «Con sue finte disorienta avversari, ma pure compagni». Celebre anche la sua faccia impietrita quando a Bari, nel bel mezzo di una polemica con Roberto Mancini - ripresa dalle telecamere a bordo campo - esclamò: «Chi ha sbagliato? Pagliuca?», proprio mentre il “Mancio” - da poco sostituito - lo apostrofava, parlando conil compagno Invernizzi. «Grandi squadre fanno grandi giocatori. Grandi giocatori fanno spettacolo e migliore calcio», era un altro aforisma che lo hanno reso immortale, personaggio a ogni latitudine. E che dire di «partita finisce quando arbitro fischia», che tirava fuori quando qualche cronista gli chiedeva un commento su un gol subito oltre il 90’?
Allenatore molto amato, in Italia come all’estero, il serbo Boskov, prima di guidarla dalla panchina alla conquista dello scudetto, è stato centrocampista della Sampdoria, esordendo in Serie A il 27 agosto 1961 (vittoria per 2-0 a Torino, contro la Juve). Dopo 15 anni, 512 presenze e 20 gol messi a segno nel Vojvodina, dopo 57 partite con la Nazionale jugoslava (dal 24 giugno 1951 al 19 giugno 1958, con due Mondiali e un’Olimpiade), Boskov colleziono’ 13 presenze in Italia, prima di chiudere la carriera nello Young Fellows.
Ha vinto dappertutto: in Olanda (Den Haag), in Spagna (Real Madrid) e in Italia. Prima di essere chiamato da Paolo Mantovani, nella Sampdoria, si sedette sulla panchina dell’Ascoli (una retrocessione in B e una promozione immediata in A), chiamato da Costantino Rozzi. Due personaggi senza bisogno di autore. Nel 1986 il ritorno a Genova, in una Samp che stava costruendo qualcosa d’importante. Nel 1989, Boskov perse una finale di Coppa delle Coppe contro il Barcellona e, proprio contro i blaugrana, rimediò un’altra storica beffa, due anni più tardi, a un minuto dai rigori della finale di Champions, quando Ronald Koeman superò Pagliuca con una punizione delle sue, gelando i genovesi che avevano affollato il vecchio Wembley. Un’altra Coppa dei Campioni se l’era vista scippare nel 1981 dal Liverpool, quando allenava il Real Madrid.
Con la Samp, oltre allo scudetto conquistato il 19 maggio 1991, grazie al 3-0 rifilato al Lecce, ha vinto due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe (1989/90, nella stagione dello storico tris italiano in Europa), ma anche la Supercoppa italiana contro la Roma, di cui l’anno dopo occuperà la panchina. Nella capitale allenò una sola stagione (1992-93) ebbe comunque il merito di far esordire in serie A un sedicenne Francesco Totti.
Guidò anche il Napoli e poi tornò nella Samp, prima di chiudere la propria carriera, salvando il Perugia. I suoi funerali si svolgeranno a Begc, vicino Novi Sad, martedì. Quel giorno forse qualcuno - anche per omaggiare la sua simpatia, forse, rispolverera’ una delle frasi più ottimistiche di “Zio Vuja”: «Dopo pioggia, viene sole». Ma sarà comunque un giorno molto triste per il calcio mondiale, che ha perso uno dei suoi simboli migliori.
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