Ma che fine faranno i due gemellini, quando verranno al mondo ? Mi riferisco naturalmente alla storia dell'errore occorso all'Ospedale Sandro Pertini di Roma dove nell'utero di una donna è stato impiantato l'embrione sbagliato, appartenente ad una coppia diversa.
La questione giuridica credo che sia complessa, perché se si è in grado di accertare, e penso che sia già avvenuto, chi siano i genitori biologici dei due gemelli, quale diritto prevarrà ? Quello della donna che li sta crescendo in grembo, e che voleva e vuole essere madre (quindi non parliamo del caso degli utero in affitto, da noi per ora vietati ma vedrete che presto cadrà anche questo muro al nostro delirio di onnipotenza ) oppure quella che vanta il DNA dei nascituri ?
E se la prima decidesse di abortire ? I genitori biologici potrebbero proibirglielo ? Sono certo di no, che sappiamo come chi porta in grembo il feto ha diritto di vita e di morte assoluto fino allo scoccare del quarto mese. Però sarebbe un altro tragico scenario.
A questo punto arriva il suggerimento di Grazia Attili, una psicologa dell'età evolutiva, docente alla Sapienza di Roma, che cita l'episodio delle due madri che scoprirono di uno scambio in culla delle due figlie, quando queste avevano già tre anni (ricordate il divertente film di Ficarra e Picone ? Il 7 e l' 8 ? Ecco, lì si rideva, nella realtà no) e decisero di fare da mamme ad entrambe, costituendo una famiglia allargata, di cui molto si parla ma la cui riuscita è rara e faticosa.
Sarebbe questo un compromesso possibile per il caso del Sandro Pertini, conciliando la forza del DNA (del sangue si sarebbe detto un tempo) con l'imprintig della gestazione ?
Intanto, ricorda la dottoressa, l'errore, colposo ma anche doloso ( si pensi al classico e affatto raro caso degli adulteri), sulla vera genitorialità dei figli arriva fino al 30% dei casi !! 3 su 10 !!
Mi sembra un dato pazzesco (io ero fermo al 10% e già mi sembrava grande ! ).
Poi certo, vale il principio popolare che "I figli sono di chi li cresce". Ma in questo caso la disputa possibili è proprio su chi crescerà i due gemellini.
«L’unica soluzione
è che vivano
con 4 genitori»
MILANO — Se è il «successo riproduttivo» a determinare inconsapevolmente una maternità/paternità, è inevitabile che un genitore non voglia rinunciarci. «Siamo programmati in maniera tale da avere come fine ultimo della nostra esistenza non solo la sopravvivenza, ma anche quello di lasciare in quanti più individui possibile ciò che ci contraddistingue dagli altri; il colore della pelle o dei capelli, la forma degli occhi o del naso, il tipo di viso, la struttura corporea».
Così scrive Grazia Attili, psicologa evoluzionista docente alla Sapienza di Roma nel suo L’amore imperfetto (Il Mulino), nel quale esplora le varianti di genitorialità partendo da quelle due mamme di Mazara del Vallo le cui figlie furono scambiate nella culla: se ne accorsero quando le piccole avevano già tre anni e decisero, con fatica (e, con il senno di poi, con saggezza) di formare un’unica grande famiglia allargata.
Lei parla in maniera molto chiara della «voce del sangue», che in quel caso ebbe la meglio. È così forte il Dna?
«È forte il nostro bisogno di immortalità, di replicarci nei nostri figli e nei figli dei nostri figli. Una sorta di imperativo evoluzionistico fa sì che i genitori cerchino di occuparsi in prima persona della prole. Ma l’esigenza di successo riproduttivo è talmente forte che quando non si riesce ad avere figli propri si cerca di adottarli. I progressi scientifici oggi permettono di superare anche l’adozione e, come nel caso delle coppie romane, di concepire un bambino in provetta per fare poi l’impianto dell’embrione».
Questo caso è diverso rispetto a quello delle due mamme di Mazara del Vallo. Qui una madre sta già sentendo crescere dentro di sé figli biologicamente non suoi.
«Sì infatti, e non è un dettaglio da poco. Non possiamo considerarlo un utero in affitto. Il legame di attaccamento tra i due gemelli e la madre è già cominciato. Loro riconoscono il battito cardiaco della mamma, lei li sente muovere. Il cervello della donna sta già cambiando, la sua emozionalità pure. Non mi sorprende che non voglia rinunciare ai bambini».
La madre è evidentemente coinvolta. Ma il padre può dirsi tale?
«Certo. Anche lui sta partecipando alla gravidanza. E dopo il parto prenderà in braccio i bambini, se ne occuperà, darà loro da mangiare, se ne prenderà cura. Poi può accadere di tutto, chi può dirlo? Una ricerca condotta a livello mondiale ha fatto emergere che dal dieci al 30 per cento dei bambini non sono figli del loro padre anagrafico, ma sono nati da un adulterio. È un dato di fatto, anche se non si può dire».
Abbiamo parlato della mamma incinta. Ma l’altra, la biologica, che in questo momento potrebbe avere in grembo figli non suoi oppure potrebbe essere una donna per la quale l’inseminazione non è andata a buon fine, quali diritti può avanzare?
«Se ci fosse reciprocità, cioè se fosse rimasta incinta pure lei, sarebbe più semplice. E in questo caso suggerirei di provare a vivere vicini, come a Mazara. Farei allevare i figli da tutti e quattro i genitori, ovviamente con la preponderanza di una figura, che poi è quella che si prende cura dei piccoli ed è riconosciuta come figura principale».
Lei che idea si è fatta del caso dell’ospedale Sandro Pertini di Roma?
«È una situazione pazzesca, molto molto complessa. Noi siamo l’unica specie animale che, oltre ad essere spinta da un diktat biologico analogo a quello di tutti gli altri animali verso la replicazione genica e “culturale”, ha anche consapevolezza che la genitorialità genetica può essere diversa da quella gestionale e affettiva».
Nessun commento:
Posta un commento