venerdì 11 aprile 2014

"NON MORIREMO RENZIANI" , UN SUPERBO GIACALONE


Bellissimo l'articolo di Davide Giacalone, che mi era sfuggito ma che ho facilmente ritrovato sul suo sito, che visito con regolarità , e di cui condivido analisi e conclusioni.
Evidenzio alcuni aspetti, che tanto il post lo trovate integrale più appresso :
1) Renzi ha studiato da Berlusconi. E il termine studio è il più corretto visto che Renzi ha caratterialmente poco in comune con il Cavaliere, e questo anche per radici regionali - che contano eccome, chiedere anche al più scalcinato psicologo - . Entrambi sono ambiziosissimi, narcisi, e quindi fortemente egocentrici. Ma poi il primo nasce come imprenditore, la sua fortuna la cerca e la realizza attraverso l'impresa e gli affari, i politici sono utili referenti in funzione dell'Azienda. Il secondo fin da giovane si butta in politica, del resto seguendo un solco familiare già minimamente tracciato. Berlusconi vuole piacere a tutti, le sue battute sono soprattutto barzellette, quelle contro gli avversari sono eccezione. Renzi è Toscano, per lui la polemica è aria da respirare, e le battute salaci verso i competitor sono la regola. Il Cavaliere è un gaudente, un vorace della vita, cui piace l'apparire (TV e squadra di calcio ottimi per questo), il lusso e le donne. Matteo è un cattolico praticante, bulimico televisivo ma soprattutto per ambizione politica, mentre più di basso profilo per il resto. Insomma, i due uomini sono MOLTO diversi. Però Renzi è l'unico che ha studiato BENE il fenomeno Berlusconi, le ragioni del successo popolare, e lo ha brillantemente riadattato a sé e al campo nel quale doveva impiantarlo, obiettivamente meno recettivo, cioè la Sinistra. 
2) Finora la sensazione è che il movimentismo renziano sia molto pubblicitario mentre la sostanza rischia, quando la polvere si sarà finalmente posata e le proposte - diktat  del Premier saranno divenute leggi, di essere deludente.  Il timore è che l'uomo si stia scontrando non solo con le fortissime resistenze che chiunque provi a cambiare l'Italia incontra ma anche una certa impreparazione giuridico-costituzionale. Insomma riformare un paese che si è incartato come il nostro, con migliaia di leggi, norme, regolamenti e perfino circolari (!!!) , con cerberi come i giudici amministrativi,  contabili e mettiamoci pure quelli costituzionali a tutelare lo status quo creatosi, con molteplici interessi e privilegi cui è stata data copertura legale, è difficile non solo politicamente ma anche se non soprattutto giuridicamente. Leggo che i grandi dirigenti di Stato sono già pronti coi loro ricorsi al TAR per i tagli che sono stati ventilati nei loro confronti, ed è solo un misero esempio, l'ultimo in ordine cronologico, che è un discorso  esteso a tutto. Per questo Ricolfi, in un altro bellissimo articolo (chi non lo avesse letto, gli suggerisco vivamente di farlo : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/03/ricolfi-e-il-mostro-invincibile-della.html ), ricordava che riformare è una cosa SERIA, che richiede STUDIO oltre che Volontà e Determinazione politica. Ecco, Renzino ha queste ultime, ma sembra proprio che gli manchi il primo, e certo non suppliscono i consiglieri di cui si è circondato (almeno per la stragrande maggioranza).
3) I moderati, cioè tutti coloro che non appartengono ad una chiesa ideologica, sono da sempre la maggioranza nell'Italia Repubblicana. Non sono necessariamente di destra, conservatori, anzi, ma sicuramente non sono arruolabili (e infatti non ci sono mai finiti) nella sinistra radicale, massimalista (ieri bastava dire comunista : era più facile e ci si capiva subito). Renzi oggi propone un PD dove quella Sinistra è stata messa in minoranza. I moderati guardano con grande interesse questa evoluzione, tanto più che l'esperimento dell'altra sponda è fallito (l'Italia NON è cambiata) e si sta esaurendo per consunzione anche anagrafica del leader. Di qui i consensi molto più al premier che non al suo partito. Non si può dire, oggi, che quello dei moderati sia un abbaglio. E' una speranza, e non ci sono elementi certi per dire che la stessa sia fondata o no.  Quello che è molto probabile, è che Renzi non ha la forza economica e mediatica per resistere in caso di forte delusione, e nemmeno può giocarsi l'asso sempre buono della barriera anti-sinistra, di cui il Cavaliere ha sempre fruito anche quando la sua spinta si era esaurita. 
Insomma, in un momento di crisi grande dell'economia, di stanchezza e di timore, Renzi non ha allo stato avversari nel proporsi come possibile riscossa ( Grillo è calamita per gli arrabbiati, non per i moderati, e i primi sono tanti, sempre di più, ma alla fine minoranza, e poi gli ortotteri in quest'anno in Parlamento non è che hanno dato un bell'esempio di unità e di chiarezza di obiettivi) ma è una cambiale con scadenza. 
In passato, ci sono stati grandi leader che sono diventati tali DOPO essere arrivati in cima.
Vediamo se varrà anche per l'Enfant Prodige, che le qualità mostrate finora sono servite per arrivare dov'è, NON per ben governare.




Ei fu moderato

Non moriremo renziani. Intanto perché non c’è ragione di morire. Poi perché vivremo da italiani, il che comporta la coesistenza con democristiani, berlusconiani e renziani. Forme diverse che hanno in comune il rifiuto di consegnarsi prigionieri delle ideologie totalizzanti, a cominciare da quella che ha dominato la sinistra comunista. Gli italiani preferiscono il luogo comune all’ideologia. Molti nostri intellettuali sono eroi della banalità. C’è del buono, in tale atteggiamento, ma non manca lo stomachevole. Tre sono le domande da porsi: 1. che ne sarà del berlusconismo dopo la nascita del renzismo? 2. che ne sarà di Forza Italia dopo la trasformazione del Partito democratico? 3. che ne sarà della rappresentanza dell’elettorato moderato?
Le prime due sono facili e si può rispondere in breve: a. il renzismo è pianta che nasce nell’orto del berlusconismo, come si può vedere dal ruolo del leader, dall’evocazione dell’ottimismo, dal rivolgersi direttamente ai cittadini-elettori, considerando il partito più che altro un fastidio e selezionando i propri dirigenti per aderenza, idolatria ed estetica; b. né Forza Italia né alcuna altra forza del centro destra possono pensare di andare oltre l’era del fondatore e del conduttore schierando gruppi dirigenti composti da persone che il medesimo scelse e, in qualche caso, miracolò. Si può essere colpiti dai tradimenti o dalle fedeltà, gli uni e le altre hanno in comune il dato decisivo: l’assenza di autonoma identità.
La terza domanda è più complessa. L’elettorato “moderato” non è di destra o di sinistra, o, meglio, è di destra e di sinistra, ma sempre nella convinzione che la realtà va governata, assecondata, cambiata, ma non stravolta o rivoluzionata. I moderati sanno che chi persegue il paradiso in terra sta costruendo l’inferno. Si può essere moderati determinatissimi, come estremisti sudditi e conformisti. C’è più conformismo nel luogocomunismo che nel tirare su una serranda o aprire un ufficio. Questo elettorato è maggioritario fin dal 1948. Preesisteva a Silvio Berlusconi e vivrà oltre. Il merito storico di Berlusconi fu frapporsi alla liquidazione di quell’elettorato, per sostituirlo con il conformismo impunito e penitenziale dei falliti della storia. Quel merito è incancellabile.
Contro quel successo s’è scatenato l’inferno. Dall’assalto giudiziario alle barricate dei contrappesi istituzionali (presidenza della Repubblica e Corte costituzionale), divenuti presidi della conservazione e della scomunica del voto popolare. Ma errori madornali sono stati commessi anche dagli interpreti di quel successo. Sulla giustizia s’è avviata una guerra personale (da entrambe le parti), senza il coraggio di rompere, proporre riforme profonde e serie, portandole al giudizio degli elettori. Il fatto che non ci siano innocenti non significa che non ci siano colpevoli. La spesa pubblica corrente la si è lasciata correre, rinunciando alla demolizione dello Stato imprenditore e alla restituzione al mercato del vasto campo statalizzato e municipalizzato. Sull’istruzione s’è operato di bisturi e con tortura, incapaci di dare il via alla concorrenza e al merito, che richiedono l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Sull’Europa s’è detto è ripetuto che ne serviva di più (giusto), ma giunti al momento decisivo ci si è trovati con una divisione profonda all’interno del governo, finendo con l’accettare e votare quel che oggi genera il rigetto dell’Unione europea.
Intanto a sinistra si affermava un leader che individuammo subito, ai tempi della prima Leopolda, come estraneo alla sinistra ideologica. Se Renzi usa le mie parole non mi deprimo, me ne compiaccio. Solo che la politica non consiste nel recitar poesie, ma nel realizzare le idee. Questa è la sfida. Se il renzismo resterà un gargarismo finirà nel risciacquo. E in fretta. Altrimenti segnerà la nascita vera di una sinistra seria, il che consente alla destra di fare un salto di qualità programmatica. Sono le cose che scriviamo ogni giorno.
Non può esistere una rappresentanza dei moderati che usi le parole e i toni della paura. La paura è la principale nemica dei moderati, perché li fa fuggire o li trasforma in reazionari. Non può esistere una forza che misura le proprie posizioni su quelle altrui. Quelli che oggi, a destra, si regolano su Renzi, appartengono alla stessa famiglia di quelli che, a sinistra, si regolavano su Berlusconi: inutili in via di estinzione.
Rispetto al 1948 i moderati non sono diminuiti, ma aumentati. Il conformismo intellettualoide non s’è consolidato, ma ammosciato. Le ideologie sono state sostituite dai moralismi senza etica. Questo modifica sia la destra che la sinistra. Chi non cambia si candida a rappresentare la nostalgia. L’esatto opposto di quel che Berlusconi seppe fare, nel 1994.

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