E' la figlia di un boss e quindi le si chiede di non partecipare alle elezioni comunali, Accade a Bari e, per fortuna, accade nelle liste del PD, che figuriamoci fosse accaduto ad un altro partito.
Certo, la premessa di tutti è che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli, però poi, in concreto, meglio "un passo indietro", che magari ci accusano di andare a prendere i voti dei mafiosi.
Capisco l'imbarazzo di chi, almeno a parole, ha il mito della moglie di Cesare, notoriamente esempio di fedeltà e condotta irreprensibile, e quindi sulla quale non poteva sorgere alcun sospetto.
Più semplice la scelta per quelli, come me, che pensano che la responsabilità è roba individuale, ognuno si prende la sua per le cose che fa LUI, non i parenti, e ne risponde in prima persona e solo per se stesso. E se tuo padre appartiene ad un noto clan criminale e si è fatto 24 anni per omicidio, questo ti ha già rovinato la vita abbastanza senza che ti debba pregiudicare per sempre.
Naturalmente non manca il magistrato che tira in ballo l' "inopportunità di certe candidature agli occhi delle vittime innocenti".
Dr. Digeronimo, anche Esperanza Diomede è innocente. E un po' anche vittima, se non altro di gente come lei.
La notizia è presa dal Corriere della Sera
Bari, la figlia del boss
in lista col
centrosinistra
L’imbarazzo del Pd
MILANO — «Sono consapevole che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli», è la premessa di Antonio Decaro, candidato sindaco di Bari. Eppure quel nome, anzi quel cognome, in una delle 13 liste al tavolo del centrosinistra, qualche imbarazzo gliel’ha creato. Esperanza Diomede, 22 anni, parrucchiera, è candidata al consiglio comunale con Semplicittà, lista che sostiene Decaro. È la figlia di Michele Diomede, esponente di primo piano della criminalità locale degli anni 90, fratello di due boss, tornato libero nel 2012 dopo aver scontato 24 anni per omicidio. Quando Decaro ha notato quel cognome, che non passa inosservato a Bari, si è rivolto al capolista di Semplicittà, l’assessore Elio Sannicandro, chiedendogli di convincere Esperanza Diomede a fare un passo indietro: pur consapevole che «per la ragazza sia importante emanciparsi da una famiglia che può apparire “ingombrante” — ha scritto — una campagna elettorale non è certo un palcoscenico adatto a questo tipo di rivincita personale e sociale».
Ma la diretta interessata non ha alcuna intenzione di ritirarsi, come spiegato al Corriere del Mezzogiorno : «Con la malavita io non c’entro niente. E anche mio padre, oggi è un altro uomo». E, ricordando di averlo conosciuto solo dopo il carcere, esclude qualsiasi legame con la criminalità: «Ma se mi hanno rubato il motorino nel mio quartiere!».
Per lo stesso capolista, Sannicandro, «la ragazza, cresciuta con la madre, è un buon esempio di integrazione, perché è stata seguita dai servizi sociali del Comune e della parrocchia». E il parroco del quartiere San Paolo (quello della ragazza, tra le zone di Bari considerate a rischio) ha offerto al candidato altre rassicurazioni. Che non lo hanno convinto. Perché Decaro (amico del ministro Maria Elena Boschi, che con lui si cimenta con il barese in uno spot elettorale) dal canto suo teme di dare l’impressione di cercare «consenso e voti facili» a discapito dei «valori più importanti»: «Presentando le liste ho firmato la carta di Libera», codice etico dell’associazione antimafia. Ha ribadito di non volere quei voti (precisando poi: «non voglio i voti della criminalità, senza nessun riferimento diretto alla ragazza»). Solo la diretta interessata, però, può decidere di ritirarsi.
Esploso il caso, i riflettori si sono accesi anche su altri nomi. Come Danilo Dammacco, figlio di un pregiudicato, candidato nella lista Decaro per Bari, che ha deciso di lasciare la corsa. O di Francesco Laraspata, figlio di Leonardo, ucciso nel 2000 nella guerra tra clan. Gli avversari attaccano. Il magistrato Desirée Digeronimo, in testa a una lista civica, si chiede se non siano «inopportune» certe candidature «agli occhi delle vittime innocenti». Per Domenico Di Paola, candidato del centrodestra: «Si assuma le responsabilità delle sue azioni». Ma per Decaro a fare le spese dei «campioni di etica a giorni alterni» sarà proprio la «povera ragazza alla quale ho chiesto più volte un passo indietro, poiché, invece di ottenere il riscatto sociale a cui giustamente ambisce, rischia di essere ricordata per sempre solo come “la figlia del boss”».
Renato Benedetto
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