Per fortuna ci sono anche quelli che, tra un peana per la vittoria e una "approfondita riflessione" per la sconfitta, mettono l'accento sull'astensione che non frena, nemmeno nelle elezioni dl sindaco, quelle dove in teoria la conoscenza dei candidati è più forte e dovrebbe favorire una maggiore partecipazione. Mica che tutte le città sono come Roma con 3 milioni di abitanti ! Anzi, di metropoli c'è solo la Capitale, seguita a distanza da Milano,la metà, e Napoli e Torino che sfiorano il milione. Poi si scende, e velocemente. Ebbene, nonostante questa teorica maggiore vicinanza tra candidati e cittadini - o forse proprio per essa...- un italiano su due non va a votare.
Alle Europee non è che sia andata tanto meglio, con il 43% di astenuti.
Eppure questi numeri, non troppo confortanti per la democrazia, vengono da alcuni salutati come una "maturazione dell'elettorato". Ora, a parte che, come ha rilevato Michele Ainis, questa maturazione sarebbe avvenuta in modo un po' troppo repentino, che non si passa da fanciulli dissennati a barbuti savi nello spazio di una mattina, ma poi c'è un aspetto che viene sottovalutato. Se su 48 milioni di elettori, quasi 24 si astengono, che succede del tuo 41% (e 11 milioni di voti), se anche solo la META' degli astenuti rientra in partita ?? E' una delle riflessioni che suggerisce Massimo Franco, nella sua nota politica sul Corriere, che trovate di seguito, alla quale si aggiunge la valutazione politica delle strane alleanze "contro" che si sono realizzate pur di far perdere il nemico più detestato. Nelle poche occasioni in cui i grillini hanno vinto, decisivo è stato il soccorso azzurro in chiave anti PD. Ora, se questa cosa accade a Livorno, fa male, per motivi storici, ma alla fine non è che Renzi si straccia le vesti. Però immaginate se questa cosa avvenisse a livello nazionale, alle politiche, con Grillo che conquista il ballottaggio e riesce ad ottenere che al secondo turno lo spirito anti sinistra stoltamente si mobiliti a suo favore. Renzi perderebbe, ma soprattutto, con l'Italicum, veramente Grillo sarebbe padrone del Parlamento.
Non è fantapolitica, e vedrete che l'Italicum, così come è arrivato al Senato, sarà ampiamente riveduto e corretto, e non è detto che muoia in culla.
Il Pd rimane forte però rischia
di trovarsi da solo contro tutti
Renzi rivendica il «grande risultato», ma l’astensionismo è un’incognita
È difficile dare torto al premier Matteo Renzi quando avverte che i ballottaggi di domenica «segnano la fine delle posizioni di rendita elettorale». L’analisi del segretario del Pd va completata con quella del suo predecessore, Pier Luigi Bersani, che evoca «delle spine, dei problemi. Siamo in una situazione in cui il Pd è un po’ contro il resto del mondo». Non esiste più il bipolarismo, ma tre tronconi politici dai contorni ideologici più liquidi del passato; e la tendenza di FI e M5S a non disdegnare l’alleanza per battere la sinistra. Insomma, il partito del presidente del Consiglio non arretra. Eppure avanza perdendo qualche colpo, in un panorama nel quale gli avversari cercano antidoti per frenarne la vittoria.
Se un meccanismo del genere si trasferisce a livello di elezioni nazionali, l’idea di un sistema che prevede il ballottaggio evoca scenari imprevisti. L’ipotesi che al secondo turno la competizione sia tra Renzi e Beppe Grillo, con un centrodestra tentato di appoggiare quest’ultimo, fa riflettere. È vero che alle europee è successo il contrario: è stata proprio la paura di un’affermazione grillina a contribuire al trionfo del Pd anche con l’apporto di alcuni spezzoni moderati. Ma la sconfitta nella roccaforte storica di Livorno rappresenta la conferma che non si può più dare per scontato nulla. L’ex capo del governo, Enrico Letta, sostiene che l’esito è stato così bruciante da suggerire «una riflessione nazionale».
La preoccupazione del Pd, tuttavia, è che l’analisi si trasformi in una guerra tra vecchia guardia e nuovo corso renziano. Indubbiamente, si intravede una certa omogeneità di giudizio sulla tendenza dell’elettorato a premiare il cambiamento e a punire le nomenklature del passato. Il partito cerca di smussare la tesi, cara ad una parte dei renziani, secondo la quale la sinistra ha vinto dove sono emerse candidature e logiche nuove, mentre si è ritrovata isolata e perdente in alcune delle tradizionali «zone rosse», avulse dai cambiamenti imposti dal premier. Il timore palpabile, però, è che un’impostazione del genere ricrei tensioni interne.
Per questo il capo del governo preferisce sottolineare il «risultato straordinario». Le sconfitte in città come Livorno, Potenza, Perugia e Padova, a suo avviso non lo offuscano. L’idea di una «frenata» dell’effetto Renzi dopo le europee viene scansata con una punta di fastidio: anche perché le disomogeneità locali rendono difficile tirare somme sul piano nazionale. E gli ultimi risultati arrivati ieri dalla Sicilia sono confortanti per il Pd. In questa fase, è indubbio che il partito del premier si presenti come una sorta di unico perno del sistema. Il problema è che si tratta di un sistema in crisi. L’unico elemento sul quale quasi tutti si ritrovano d’accordo, infatti, riguarda il crollo della partecipazione, arrivata al 49,5 per cento.
Colpa degli scandali emersi nelle ultime settimane, che configurano responsabilità trasversali; e di una risposta inadeguata nei confronti di una corruzione endemica. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, propone «una rigida semplificazione delle regole per ricostruire un senso di responsabilità delle persone». Ma la percentuale crescente dei non votanti prefigura una massa di scontenti che può fluttuare da uno schieramento all’altro, da una forza all’altra a seconda delle circostanze; e dunque sconvolgere equilibri di potere e alleanze in maniera imprevedibile. È un «partito» eterogeneo eppure potenzialmente maggioritario, in attesa di trovare nuovi punti di riferimento: un universo volatile e per questo incontrollabile.
CATERINA SIMON
RispondiEliminaE' vero, a questo non avevo pensato! Che succede se anche solo la metà degli astenuti rientra in partita, e in funzione anti sinistra?......Urca...
Non sei la prima che me lo dice, ed è una cosa di cui sono contento
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