Perché si fa un processo ? Perché dopo tre anni e mezzo di indagini, quando finalmente gli inquirenti - forze dell'ordine e pubblici ministeri - ci dicono : lo abbiamo trovato, è lui, non lo si condanna subito, magari a morte, come vuole la gente che si raduna ed urla fuori dalla caserma dei carabinieri di Bergamo ? Perché così facevano anche nell'antichità, almeno nelle società più progredite e sicuramente in quella romana, che fu la culla di un diritto ancora studiato e in parte copiato. Perché si può sbagliare, ed è bene che le tesi dell'accusa siano sottoposte al controllo di una difesa e all'esame finale di una giuria. E fino a quando questo non avviene, l'accusato avrebbe addirittura. incredibile dictu, il diritto di essere considerato non colpevole. Ma capisco che questo sarebbe troppo pretendere, anche se stranamente stavolta questa cosa l'ha ricordata il procuratore di Bergamo, Dettori, niente di meno che al Ministro Alfano, troppo sbrigativo nell'annunciare "abbiamo preso l'assassino di Yara".
Tra l'altro, nella vicenda Yara già c'era stato un primo "colpevole". Lo avevano trovato subito :
il marocchino Mohamed Fikri, che lavorava in un cantiere edile di Mapello, vicino a Brembate, e fu fermato a bordo di una nave diretta a Tangeri. Contro di lui alcuni indizi, tra i quali un’intercettazione ambientale in cui sembrava avesse affermato “Allah perdonami non l’ho uccisa”. Ma la traduzione era sbagliata. Mohamd Fikri si proclamò innocente. Riuscì a dimostrare che le sue vacanze in Marocco erano programmate da tempo e che non stava fuggendo. La sua posizione fu archiviata perchè l’immigrato risulterà del tutto estraneo alla vicenda.
Poi ci si è concentrati sul DNA, ormai lla madre di tutte le prove ormai, nonostante che in questi anni se ne siano viste di cotte e di crude. Non tanto perché la prova in sé non abbia quel criterio di certezza (quasi assoluta) scientifica che ben ci conforta quando si deve decidere della sorte di un uomo, quanto per gli errori umani che non raramente vengono commessi nel raccoglierla. Ed un errore tecnico inizialmente c'era stato anche nel caso di Yara, che costrinse gli inquirenti a ricominciare da capo.
Insomma, la prova regina, specie per la gente, a volte non è nemmeno principessa, come con simpatica ironia ha chiosato un nuovo amico di FB.
Di recente a me viene in mente Busco, condannato in primo grado per l'omicidio di Simona Cesaroni e poi definitivamente assolto (in appello, con conferma in Cassazione, e c'è chi vuole eliminare l'appello....ma l'anima di chi vè muorto ! ), e anche lì col DNA si pasticciò abbastanza.
Insomma, ben venga la scienza, assolutamente, che più si limita la sfera della discrezionalità, ancorché logica, e meglio è per tutti. Ma, come detto, l'errore è in agguato, e quando un caso diventa ossessione, perché sono oltre tre anni che ci stai sopra senza risolverlo, e la gente e i superiori ti pressano, magari è anche più facile commetterlo.
Ciò non per dire che Bossetti è innocente, che magari confessa stanotte come ha fatto Carlo Lissi, e la gente mi dirà "che t'avevo detto ?!?!" , ma semplicemente che la non cultura del mostro ci deve far stare in guardia.
Chiudo con una bellissima riflessione del mio amico di litigi (denominato così perché non siamo quasi mai d'accordo su nulla ) Cataldo, che quando filosofeggia, invece di polemizzare, è da leggere :
"A leggere certi commenti di tanta "gente per bene" sara' meglio ricordare questa frase, lineare e bellissima di uno dei padri della psicologia forense
"Le belve, se un giorno dovranno giudicare gli uomini, porteranno come atto d'accusa contro di noi, la ferocia degli uomini sani contro gli uomini folli". Bruno Cassinelli, "Storia della pazzia",
Lo ha scritto pertinentemente riferendosi all'incredibile vicenda di Motta Visconti, ma vale sempre.
Gli aggiornamenti di cronaca sono presi da La Stampa
I pm: “Yara fu seviziata con crudeltà”
Prima notte in carcere per Bossetti
La madre: “Se è stato lui deve pagare”
Il presunto killer respinge le accuse e si avvale della facoltà di non rispondere
I carabinieri: «Il dna sul corpo della ragazzina è compatibile con il suo al 100%»
I pm ad Alfano: volevamo riserbo. La replica: si chiedano chi ha diffuso i dettagli
I carabinieri: «Il dna sul corpo della ragazzina è compatibile con il suo al 100%»
I pm ad Alfano: volevamo riserbo. La replica: si chiedano chi ha diffuso i dettagli
ANSA
Il presunto assassino di Yara
Gambirasio, Massimo Giuseppe Bossetti mentre viene portato nella caserma
del comando provinciale dei Carabinieri a Bergamo
bergamo
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La pista «Ignoto 1» ha ora il nome del muratore Giuseppe Massimo Bossetti: per i carabinieri il suo Dna è lo stesso del materiale biologico ritrovato sugli slip di Yara, i test lo confermano al 100%, la compatibilità è assoluta. Lo scrive il pm di Bergamo Letizia Ruggeri descrivendo la morte della tredicenne di Brembate di Sopra, scomparsa il 26 novembre del 2010: Massimo Bossetti secondo l’accusa ha seviziato Yara Gambirasio con crudeltà, l’ha accoltellata ripetutamente prima di abbandonarla, agonizzante, in un campo isolato fino alla sua morte. Nel provvedimento di fermo nei confronti del muratore di 44 anni, il magistrato contesta a Bossetti il reato di omicidio con l’aggravante dell’aver operato sevizie e di aver agito con crudeltà, ma senza ipotizzare la premeditazione. Altri elementi emergono dal provvedimento di fermo: «Polveri riconducibili a calce» ritrovati nei polmoni di Yara, residui comunemente usati in edilizia e compatibili quindi con la professione di muratore di Bossetti. E ancora, l’analisi delle celle telefoniche: il giorno della scomparsa di Yara il cellulare di Bossetti aggancerebbe la cella di Brembate in un orario compatibile con la scomparsa della 13enne.
Nel corso dell’interrogatorio nella caserma del comando provinciale di Bergamo l’uomo ha respinto le accuse e si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre i legali dei Gambirasio si dicono soddisfatti per i recenti sviluppi: «Sono un buon punto di partenza, perché da un’indagine contro ignoti siamo giunti a un’indagine con un indagato. Ma - aggiungono - nessuno ha esultato. I genitori di Yara sono persone molto pacate e misurate che hanno avuto fiducia nelle indagini». È ancora da chiarire se ci fosse stato un contatto tra la famiglia Gambirasio e il presunto omicida: «Saprete tutto nei prossimi giorni» è l’unica dichiarazione rilasciata dal questore di Bergamo, Fortunato Finolli. Insieme al comandante provinciale dei carabinieri Antonio Bandiera in queste ore è tornato nella casa della famiglia Gambirasio. «una visita di cortesia - ha precisato -, non c’entra nulla con le indagini».
INCASTRATO DAL DNA
Bossetti, 44 anni, padre di tre figli, una sorella gemella, incensurato, è stato incastrato domenica sera con un normale controllo stradale, durante il quale è stato sottoposto al test dell’etilometro: con questo espediente i carabinieri hanno estratto il Dna che è risultato «perfettamente coincidente» con quello trovato sugli slip di Yara Gambirasio. È lui l’assassino - ne sono convinti inquirenti e investigatori - «l’Ignoto 1» cui davano la caccia da anni. L’esame del Dna che lo indicava come figlio illegittimo dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, scomparso nel 1999 e a cui era riconducibile il profilo genetico trovato sugli slip di Yara, sarebbe stata solo l’ultima conferma, perché Bossetti era già stato individuato: apparteneva a quel gruppo di persone che gli investigatori ipotizzavano potessero essere, in qualche modo, coinvolti nel delitto. Erano partiti dal suo cellulare che era rimasto agganciato alla cella della zona di Brembate di Sopra nelle ore di quel 26 novembre del 2010 quando Yara era uscita dalla palestra per tornare a casa, distante poche centinaia di metri, e non era mai tornata.
LA MADRE DI BOSSETTI: «SE È STATO LUI DEVE PAGARE»
«Poteva succedere a un nostro conoscente, invece è successo a noi. Se è stato lui, deve pagare». È sconvolta Ester Arzuffi, la mamma del presunto killer. Al secondo piano della palazzina di Terno d’Isola, la donna è chiusa in casa, non risponde al citofono e al momento non vuole rilasciare dichiarazioni. Con lei, nell’abitazione ci sarebbe il marito Giovanni, e due donne, che sono arrivate in tarda mattinata. Solo a loro la madre di Bossetti ha aperto la porta. A Terno d’Isola, per un breve periodo dopo il matrimonio, avrebbe vissuto anche il figlio Massimo Giuseppe, assieme alla moglie e madre dei suoi tre figli, Marita Comi.
BOTTA E RISPOSTA PROCURA-ALFANO
Intanto, all’indomani dell’arresto di Bossetti, scoppia la polemica tra la procura di Bergamo e il ministro dell’interno Angelino Alfano sulla diffusione della notizia. A dar fuoco alle polveri, di primo mattino, il procuratore capo orobico Francesco Dettori. «Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo - dice - anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza». Immediata la replica del ministro: «Credo che il procuratore di Bergamo non ce l’avesse con me anche perché non ho divulgato dettagli, si dovrebbe chiedere invece chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni. Certamente non è stato il governo». «L’opinione pubblica - ha aggiunto - aveva il diritto di sapere ed ha saputo anche per essere assicurata». Nella tarda mattinata la controreplica di Dettori che getta un po’ d’acqua sul fuoco ma non arretra: «non c’è nessuna polemica ma questa situazione non mi è piaciuta».
La soluzione del caso di Yara Gambirasio è un grande risultato. Ovviamente la presunzione di innocenza vale per tutti http://t.co/wXCM7ga9vE
— Angelino Alfano (@angealfa) 17 Giugno 2014
«Non credo che il procuratore ce l’avesse con me, in quanto non ho dato nessun dettaglio - ribadisce il ministro - piuttosto si dovrebbe chiedere chi ha inondato i mass media di una quantità infinita di informazioni e dettagli. E certamente non è stato il governo». In ogni caso, sottolinea il titolare del Viminale, «l’opinione pubblica aveva comunque il diritto di sapere e ha saputo. Questo è un elemento rassicurante perché i cittadini devono sapere che in Italia chi delinque va in galera».
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