giovedì 31 luglio 2014

PERFETTA LA CRITICA DI BATTISTA ALL'IGNAVIA EUROPEA. BASTA SOLO ESTENDERE IL TUTTO ALL'ONU.


Assolutamente corrette le critiche di Pierluigi Battista all'ignavia europea su ogni questione internazionale, concentrando l'attenzione ovviamente sul secolare problema israelo-palestinese ma estensibile a qualsiasi scenario di crisi . Ne fa un veloce ma significativo elenco : Siria, Libia,Nigeria, Iraq. Per non parlare dei dati incredibili della "segreta" guerra in corso in Ucraina, dove in 4 mesi ci sono 1.300 morti, 800 "missing", 100.000 sfollati... E la persecuzione dei cristiani, di cui parlava vanamente Galli della Loggia nel suo editoriale di domenica scorsa ? 
L'Europa, forse bloccata dalle decine e decine di milioni di morti delle due guerre mondiali, forse arroccata a difesa del suo pasciuto ancorché declinante benessere, non ha più voce in capitolo su nulla, non conta più nulla, e quello dei suoi rappresentanti è solo un chiacchiericcio addirittura fastidioso per quanto è inutile. 
Tutto giusto, ahinoi. Ecco, questa stessa analisi potrebbe essere estesa, inasprendo i toni di critica, a quel palazzo insulso che si chiama ONU.
E il cerchio sarebbe compiuto e perfetto


Gaza e le persecuzioni dei cristiani 
Uno sguardo malato di ipocrisia
di PIERLUIGI BATTISTA 

 L’Europa politica non è capace di dire una parola sensata sulla tragedia di Gaza. Ma il vuoto viene riempito dalle star del cinema, Pedro Almodóvar in testa, che spacciano via Twitter proclami manichei e dipingono Israele come un covo di assassini efferati dediti a un’insensata strage di bambini.  
 L’Europa non esporta più valori, scelte, strategie, modelli, bandiere. In compenso, in questi ultimi giorni, fabbrica a getto continuo quelle che Rosellina Balbi chiamava «parole malate»e spurga i miasmi di un nuovo antisemitismo aggressivo sebbene ammantato di un finto umanitarismo. L’Europa vive anni di pace interna come mai nella storia. Ma in Germania hanno attaccato una sinagoga a colpi di bottiglie molotov e in Francia ne hanno assaltata una al grido di «Mort aux juifs».
L’Europa non sa dire una parola ai conflitti che insanguinano il mondo, a un passo da casa. Non si sa cosa pensi di tutte le tragedie che costellano l’agenda internazionale. Le immagini della morte a Gaza lasciano senza fiato, ci schiacciano, sono intollerabili, ogni bambino ucciso ci travolge, e ci fa tremare quando papa Francesco grida «basta, fermatevi». Il suono delle sirene di Israele che chiamano le famiglie nei rifugi dove ripararsi dai razzi di Hamas ci fa disperare: quando finirà tutto questo, se mai finirà. Ma l’Europa avrebbe il dovere di dire una parola, di cercare soluzioni, di costruirsi un profilo di interlocutore autorevole. E invece dove sta l’Europa? Se ne sta inerte, muta, impotente, marginale, irrilevante. Scrutiamo le mosse dell’America di Obama, ci domandiamo quale forza dissuasiva possa avere l’Egitto che dà il suo patrocinio a tregue regolarmente violate. E la Turchia di Erdogan, che sta con i terroristi e paragona oscenamente Israele a Hitler (e che ne è del Kurdistan turco, con i suoi oltre 30 mila morti ammazzati?). E il Qatar. E l’Iran. E il ribollire del mondo islamico, dilaniato dalla guerra tra sunniti e sciiti. Ma l’Europa, mai. Mai che ci si chieda quale compito possa svolgere l’Europa. I suoi vertici sono come noi: spettatori annichiliti di uno spettacolo atroce senza nessuna influenza sui fatti, solo qualche dichiarazione verbosa, l’annuncio di qualche inutile summit.
L’Europa è muta perché sono anni che non si pensa più come protagonista. Non è solo la sua debolezza politica, o la fragilità delle sue istituzioni, o la riduzione della sua identità alla moneta unica ed all’elemento economico-finanziario. È una marginalizzazione culturale, un deficit di pensiero sul mondo. Con l’esplosione delle primavere arabe avrebbe potuto far da sponda democratica, esserci, favorire le forze laiche, battersi per evitare la deriva fondamentalista e fanatica, ma non ha detto niente e nessuno, al Cairo come a Tunisi, ha guardato all’Europa come a un faro e un alleato. Quando è intervenuta, ha combinato un pasticcio, come in Libia, disarticolandosi e dividendosi. Ora la Libia è di nuovo nel baratro della guerra tra clan e tribù e l’Europa si ritrae silenziosa e imbarazzata dalla scena: che altro potrebbe dire, e a chi?
Un’Europa fiera di sé, dotata di un pensiero, di una strategia, di un’idea del mondo potrebbe pur dire qualcosa ai governi di Israele, sostenerli contro chi vuole annientare lo Stato degli ebrei, ma anche pronunciarsi sulla sventurata strategia dei nuovi insediamenti, costringerli al dialogo con Abu Mazen e con i palestinesi che oggi non seguono la deriva terrorista e criminale di Hamas. Ma chi lo può dire, in Europa? Che credibilità può avere l’Europa se nega a Israele il diritto di difendersi e se si mostra ambigua con Hamas? L’Europa sembra vivere fuori dal mondo. In Siria è in atto da anni un massacro di dimensioni apocalittiche (almeno 160 mila i morti: civili, bambini, innocenti). Qualcuno ha notizia di quale sia la posizione europea, che non siano i soliti balbettii e le indignazioni a comando? E nel Califfato in cui i cristiani sono braccati e perseguitati, si bruciano le chiese, a Mosul, in Iraq, in cui o le case dei cristiani sono marchiate d’infamia con la N di «Nasara» (cristiano) per indicarli alle milizie jihadiste che vogliono fare sterminio degli infedeli, in quelle terre sfortunate si sente forse l’eco di una voce europea? Il nulla. Il nulla persino nel cuore dell’Europa, in Ucraina, dove un aereo di civili è stato abbattuto e secondo l’ultimo report delle Nazioni unite, lo riferisce Paola Peduzzi su Il Foglio , da aprile a oggi nel silenzio e senza le immagini raccapriccianti che ci vengono da Gaza, si contano 1.130 morti (di cui moltissimi civili), 3.500 feriti, 800 «desaparecidos», oltre 100 mila sfollati. Un disastro a pochi chilometri dalle grandi metropoli europee: specchio dell’impotenza e dell’incapacità di agire. Anche questo contribuisce a rompere l’argine e a far tracimare nuove barbarie, intolleranza, odio per gli ebrei, indicati come i responsabili di ogni male, bersagli facili da minacciare. Un silenzio impotente che rischiamo di pagare molto caro.

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