domenica 3 agosto 2014

E' DOWN ? NON LO PRENDIAMO. LA BRUTTA STORIA DI UN AFFITTO ANDATO MALE


Bé qualcosa di buono pare che la rete la produca pure, se è vero che grazie ad essa sono stati raccolti già 120.000 dei 150.000 dollari necessari ad operare un bambino down affetto oltretutto da una grave malformazione cardiaca. E' l'unica nota lieta di una storia per tutti gli altri versi assai brutta, e che molti conosceranno già. La riassumo brevemente per gli altri. Una coppia di benestanti australiani affitta l'utero di una giovane donna thailandese. Anche i civili del nuovissimo mondo preferiscono rivolgersi a quelli dei paesi poveri, dove comunque si è sicuri di risparmiare...
Durante la gravidanza, si scopre che la donna aspetta due gemelli e soprattutto che uno di questi è affetto da sindrome down. A quel punto i due acquirenti, che non vogliono merce avariata, chiedono alla donna di abortire il gemellino "fallato", ma la donna, per motivi religiosi ( ognuno ha la soglia che vuole : l'utero in affitto sì, l'aborto no. Si può non condividere ma magari sforzarsi di comprendere ) rifiuta. Conclusione, i due australiani si prendono la bambina nata sana, pagano il prezzo convenuto e si disinteressano di tutto il resto.
Come detto all'inizio, la storia si è risaputa e qualcuno si è dato da fare per cercare di aiutare la donna e il suo sfortunato piccolo, con il buon risultato accennato.
Pare che i due australiani siano sotto attacco web di ogni tipo di insulti. Ma non credo che a gente così facciano un grande effetto. Certo sarebbe diverso se si venisse a sapere chi sono. Allora non vorrei essere al loro posto, seguiti per sempre dal giusto disprezzo della gente che li circonda. 
Non voglio fare considerazioni sul delicatissimo problema della disciplina della fecondazione assistita, strumentalizzando questo caso.
Diciamo solo che il pericolo dell'eugenetica non è un falso tabù. 

Di seguito, il commento sul Corsera di Isabella Bossi Fredigrotti
 




il Bimbo down dall’Utero in Affitto 
Abbandonato perché Manca una Legge



Una storia che comincia come una vicenda di oggi, con la scienza che sa risolvere ogni problema, e che finisce come una vicissitudine di ieri, di selvaticheria ed egoismo allo stato puro. Una benestante coppia australiana si rivolge a una bisognosa ragazza thailandese, già mamma di due bambini, per una maternità surrogata di due gemelli, un maschio e una femmina: ormai tutto è facile, possibile, basta volere (e pagare). Quindicimila dollari sono il prezzo pattuito per l’utero in affitto, e il particolare mercato è assai fiorente in Thailandia dove la pratica, al contrario dell’Australia, non è regolamentata.
A un certo punto della gravidanza si scopre, però, che uno dei due gemelli è affetto dalla sindrome di Down; i genitori biologici chiedono, pretendono l’aborto, ma la madre naturale lo rifiuta in quanto contrario alla sua fede buddista. Perciò quando — sei mesi fa — nascono i bambini, la benestante coppia australiana decide di portarsi via soltanto la femmina sana, abbandonando alla bisognosa mamma thailandese il maschietto ammalato. Paga il pattuito, ma non un dollaro in più per la cura del piccolo che, tra l’altro ha anche un difetto cardiaco che richiede una costosa operazione.
All’ombra della non legge, protetti, oltretutto, dalla distanza e dall’anonimato, i due genitori commissionanti sono irrimediabilmente tornati all’età della pietra del sentimento, livello zero del cuore, insomma. E, in verità, è probabile che bisognerà compatire la bambinetta sana portata via senza il suo fratellino: un padre e una madre così saranno anche agiati con bella casa e bel conto in banca, ma come dispensatori di affetto, protezione ed educazione non sembrano davvero promettere granché alla loro figlioletta.
Per fortuna che c’è la Rete, capace, a volte, di grandi miracoli. In questo caso ha fatto giustizia: non soltanto ha mandato a dire di tutto alla brava coppia australiana ma ha anche già raccolto 120 mila dei 150 mila dollari necessari per operare il piccolo Gammy (nome scelto dalla ragazza thailandese, perché neppure di questo dettaglio i genitori biologici si erano voluti interessare).

Isabella Bossi Fedrigotti

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