lunedì 25 agosto 2014

SCARICATO IL MINISTRO DELL'ECONOMIA FRANCESE CHE LODAVA RENZI


Mi era suonato strano l'attacco, nemmeno tanto indiretto, svolto dal Ministro dell'Economia Francese Montebourg alla politica del rigore tedesca, fatto attraverso l'elogio della politica renziana, attribuendogli l'adozione di una nuova strategia ecomica, denominata  la «regola dei tre terzi» nella gestione dei risparmi di bilancio, lodandola e così descrivendola : «Un primo terzo va a ridurre il deficit, un secondo al sostegno delle imprese, l’ultimo alle famiglie per stimolare il loro potere d’acquisto e la crescita".
Io francamente questo programma non l'ho né sentito né soprattutto visto all'opera, comunque ne avevamo parlato nel post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/08/in-francia-parlano-di-modello-renzi.html 
dove avevamo ipotizzato - con un certo scetticismo peraltro - di un futuribile asse italo - francese in funzione anti Merkel. E invece oggi apprendo che si trattava di una uscita personale del ministro, in realtà in forte contrasto con l'attuale politica del governo Valls, al punto che quest'ultimo si è dimesso facendo cadere l'esecutivo e quindi i vari ministri, Montebourg in primis. Hollande ha già detto che ridarà l'incarico a Valls, e sicuramente il nuovo governo non imbarcherà ministri fuori linea.
La morale è che anche da quelle parti, quando l'aria è brutta e bisogna guidare un paese in grave crisi (e la Francia lo è !), ogni esecutivo ha le sue fibrillazioni e i suoi contrasti interni. 
 
 


Francia, scontro sull’austerità targata Merkel. Valls lascia, Hollande gli affida nuovo governo

Il premier in carica «lascia» dopo gli attacchi del ministro dell’Economia Montebourg contro la linea succube alla politica di austerità imposta all’Europa dalla Germania. Ma il presidente socialista lo incarica di nuovo: domani la presentazione dell’esecutivo.
AFP
Hollande con il primo ministro Manuel Valls 
Piove a dirotto su Francois Hollande. Bagnato, solo e gocciolante, il presidente francese sbaglia le parole, pensa e dice «parti» (partito) invece che «patrie» (patria) in un discorso celebrativo in Bretagna. Lontano da lui, a Parigi, la gauche è volata in frantumi, il governo Valls è da rifare e l’intera architettura della sinistra al potere rischia di crollare. 

È durato appena 147 giorni il primo governo del primo ministro Manuel Valls, l’uomo della destra socialista che si è immolato in una missione impossibile: la sua ottima quota di popolarità (45%) ha già perso 9 punti nel ruolo più ingrato della politica francese. Li ha sacrificati sull’altare di un tentativo di riaddrizzare una situazione compromessa, la stessa che ha sprofondato il capo dello Stato al 17% di gradimento nei sondaggi. La crisi economica, la disoccupazione, le imprese che chiudono, il potere d’acquisto crollato sono gli ingredienti del cocktail. A farlo diventare esplosivo è l’idea - condivisa ormai trasversalmente dall’estrema destra alla sinistra della sinistra - che sia tutta colpa della politica del rigore. 

E, quel che è peggio, è che questa politica viene inevitabilmente targata Bruxelles, Germania, Merkel. Contro di loro ha puntato il dito, con forza inedita sabato in un’intervista a Le Monde, il ministro dell’Economia, Arnaud Montebourg, da tempo definito dai commentatori una «bomba ad orologeria» nel governo. Così come destinata ad esplodere, da mesi, era la «fronda» socialista: 35 hanno votato contro la manovra finanziaria correttiva di luglio, e l’ampia maggioranza di cui godeva la gauche solo due anni e mezzo fa si riduce adesso al lumicino. 

Dal Front National di Marine Le Pen, ma anche da ampi settori della destra UMP, si levano voci che chiedono lo scioglimento del Parlamento. Una scelta che, al momento, sembra assolutamente esclusa, ma che diventerebbe possibile se nei prossimi mesi il governo si trovasse in difficoltà per far passare i suoi provvedimenti in Assemblea nazionale. I Verdi, ai quali si guardava con interesse, sono spaccati e hanno fatto sapere di non voler entrare nel nuovo governo. Montebourg se ne va facendo la voce grossa, con una conferenza stampa dopo essere uscito dal governo in cui rimprovera Hollande e Valls di non aver raccolto i suoi suggerimenti e di «aggravare la crisi» con la sua politica economica.  

Abilissimo a travestire la cacciata dal governo come propria scelta di non starci («era necessario che mi riprendessi la mia libertà, Valls ha accettato di restituirmela»), ha portato con sé Aurelie Filippetti, ministra della Cultura di origine italiana che ha scritto e diffuso una lettera al vetriolo contro Hollande e Valls: «Scelgo la lealtà ai miei ideali piuttosto che quella di governo». E molto probabilmente anche Benoit Hamon, ministro dell’Educazione, che ieri ha brindato al «risanamento della Francia» con Montebourg, sottoscrivendone le tesi. 

Negli ultimi giorni, la pressione dei dissidenti che chiedono il confronto duro con la Germania e la fine della politica di rigore era diventato insostenibile. Hollande, fermo sul suo «patto di responsabilità» all’interno e sulla ricerca di un ritorno della crescita ma senza contestare la politica europea, non poteva più lasciar correre: «Chi comanda in Francia, Hollande e Valls o Montebourg e Hamon?» twittava ieri provocatoriamente un dirigente UMP. 

A Parigi, dove la pioggia continua a cadere e non soltanto su Francois Hollande, l’attesa è febbrile, non tanto per scoprire le new entry nel governo che sarà annunciato domani, quanto per verificare la tenuta del nuovo esecutivo alle prime prove parlamentari.

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