Sempre meglio guardarsi dagli amici, che contro i nemici si è già in genere allertati. Molta acqua è passata sotto i ponti rispetto ad una intervista di Travaglio a Grillo di alcuni anni fa, che fu un esempio esemplare di zerbinaggio giornalistico che suscitò addirittura l'imbarazzo dell'editore de Il Fatto Quotidiano.
L'approdo dei grillini in Parlamento e l'uso - o meglio "non uso" - degli stessi fatto dal capo, suscitarono già in passato le prime perplessità del principe dei manettari, che cominciò a muovere qualche larvata critica. Capirai, apriti cielo. Il risultato è stato che, nella lista dei giornalisti da epurare perché ostili alla rivoluzione ortottera (dove per esempio Pierluigi BAttista è al secondo posto, Giuseppe Caldarola tra i primi 5 ...), pubblicata quest'estate che raccoglieva i voti del popolo internauta del M5S, compare niente popodimeno che il fedelissimo (un tempo) Travaglio.
Ecco, dopo l'ultimo editoriale del "nostro", che parla di "comunicazione disastrosa" rivolgendosi all'ormai ex amico Grillo, c'è da scommettere che le posizioni in classifica di quella lista nera saranno poderosamente scalate.
Entrata a gamba tesa
Marco Travaglio contro Beppe Grillo: "La tua comunicazione è disastrosa"
Un editoriale che si ricorderà, firmato dal fiero alfiere pentastellato Marco Travaglio, che punta il dito contro le Cinque Stelle che "stanno a guardare". Il vicedirettore del Fatto Quotidiano tira in ballo un vecchio articolo di Indro Montanelli,
"Il tricheco di sinistra", in cui si parlava dell'incapacità della
sinistra di proporre un progetto alternativo al berlusconismo. E, scrive
Travaglio, "Grillo, Casaleggio e gli eletti M5s
farebbero bene a leggerselo e rifletterci". Già, perché per Marco
Manetta, "sostituendo qualche parola quell'editoriale può tornare utile
anche a loro".
Immobilismi - Travaglio passa poi all'attacco: "Chi è oggi, cosa dice, cosa fa il M5S nel momento in cui le larghe intese Renzusconi annaspano e dimostrano di non essere le dispensatrici di miracoli che molti elettori avevano creduto che fossero? Si decide ad assumere un nome, un volto, un programma, o vuol continuare a fare delle prove d'orchestra alla Fellini?". Una dura accusa all'immobilismo pentastellato. Marco Manetta continua: "Ciò che manca però è un progetto complessivo che risulti credibile e autorevole. Ma anche visibile".
Chi ci sa fare - Il vicedirettore del Fatto ha un'idea, e premette: "Affidare la comunicazione al blog di Grillo e alle sue uscite per metà azzeccate e per metà goliardiche, scombiccherate, estemporanee e cacofoniche (...) è un errore madornale". Insomma, "manca una figura credibile e autorevole che ogni sera enunci ai tg e ai giornali (i talk show visti finora sono i salotti del Nazareno) la posizione della prima e spesso unica forza d'opposizione". Insomma, serve "un portavoce eletto dagli eletti" che "non snaturerebbe il movimento né lo trasformerebbe in partito. Che sia Di Maio o un altro, poco importa: purché ci sappia fare". Un colpo bassissimo, per il grande capo Beppe.
Immobilismi - Travaglio passa poi all'attacco: "Chi è oggi, cosa dice, cosa fa il M5S nel momento in cui le larghe intese Renzusconi annaspano e dimostrano di non essere le dispensatrici di miracoli che molti elettori avevano creduto che fossero? Si decide ad assumere un nome, un volto, un programma, o vuol continuare a fare delle prove d'orchestra alla Fellini?". Una dura accusa all'immobilismo pentastellato. Marco Manetta continua: "Ciò che manca però è un progetto complessivo che risulti credibile e autorevole. Ma anche visibile".
Chi ci sa fare - Il vicedirettore del Fatto ha un'idea, e premette: "Affidare la comunicazione al blog di Grillo e alle sue uscite per metà azzeccate e per metà goliardiche, scombiccherate, estemporanee e cacofoniche (...) è un errore madornale". Insomma, "manca una figura credibile e autorevole che ogni sera enunci ai tg e ai giornali (i talk show visti finora sono i salotti del Nazareno) la posizione della prima e spesso unica forza d'opposizione". Insomma, serve "un portavoce eletto dagli eletti" che "non snaturerebbe il movimento né lo trasformerebbe in partito. Che sia Di Maio o un altro, poco importa: purché ci sappia fare". Un colpo bassissimo, per il grande capo Beppe.
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