Un collega ieri era disorientato : aveva fatto i calcoli, secondo uno schema fornito dalla Cassa Forense, e dopo 27 anni di contributi versati, la previsione era di una pensione pari a circa 800 euro LORDI.
Oggi sarebbe andato direttamente presso gli uffici della Cassa previdenziale per verificare la giustezza dei conti e capire se veramente avrebbe avuto un trattamento pensionistico di 200 euro superiore alla pensione sociale minima.
Io temo ci sia poco da capire : abbiamo una percentuale di contributi previdenziali del 12%, meno di un terzo di quella dei lavoratori dipendenti, che pure, col contributivo, avranno pensioni ben inferiori a quelle del passato, quando l'ultimo stipendio percepito, vale a dire il più alto, corrispondeva quasi integralmente alla pensione. Finiti quei tempi.
Peraltro, sempre il collega mi spiegava che comunque la Cassa prevede un tetto massimo al livello della pensione, per cui puoi lavorare anche 40 anni e versare fior di contributi, perché sei un avvocato di quelli bravi e fortunati che guadagnano centinaia di migliaia di euro l'anno, ma più di 2.500 euro non li prenderai ! Il resto va in solidarietà ai più sfortunati colleghi. Mi pare francamente incredibile, però nulla so in materia e quindi per ora mi limito a rimanere a bocca aperta.
Intanto che comunque trovo confermata la convinzione che già avevo e quindi se potrò fare una vita dignitosa dopo aver smesso di battere - in senso ampio - i marciapiede dei tribunali, lo dovrò a prudenza e risparmio esercitati negli anni buoni (quindi NON gli attuali), non certo alla pensione della Cassa.
Dopo questo dialogo, mi ritrovo con l'articolo di Repubblica che spiega come decine di avvocati milanesi, città comunque non tra le povere d'Italia, anche con la crisi, non pagano la tassa d'iscrizione all'albo e vengono per questo sospesi. Ora, che uno si dimentichi, è facile, che ignori l'avvertimento del Consiglio di pagare , pena la sospensione dalla professione fino all'adempimento, bè mi pare un atto sciocco ed autolesionista, avendo la possibilità di saldare il debito.
Che poi, si tratta di 250 euro l'anno (noi cassazionisti di più), che sarebbe meglio restassero nella mia tasca, ma insomma, è molto grave se mi trovo nell'impossibilità di pagarli !
Se per 250 euro stiamo messi così, cosa accadrebbe se simile conseguenza, la sospensione in caso di mancato versamento, si estendesse ai contributi previdenziali, che solo il contributo minimo sono oltre 3.500 euro l'anno ???
Mala tempora currunt, si sa. Per gli avvocati non c'è solo il problema, grave, della crisi economica della società, e quindi dei potenziali clienti : imprenditori, professionisti e cittadini . Ad esso si aggiunge l'invasione dei dirigenti mancati, quelli che presero la laurea in giurisprudenza non per fare l'avvocato (o il notaio o il magistrato), ma per avere un pezzo di carta da spendersi nella scalata ad un impiego sicuro nello stato o nelle grandi società, a livello quadri e superiore. Da molto tempo quel canale è chiuso (pubblico) o assai accidentato (privato), mentre superare i concorsi per le altre due professioni specificamente legali è ben più arduo che l'esame di abilitazione forense, e quindi eccoci diventati 250.000 da circa 50.000 che eravamo 30 anni fa. Un'inflazione del 500% quale professione non distruggerebbe ?
E così si è iniziato finalmente a parlare anche per Giurisprudenza di numero chiuso, come da molti anni funziona a Medicina (con buoni risultati : l'inflazione dei medici è stata superata).
Ma intanto le cose stanno così, e anche la libera professione inizia a guardare allo Stato come al salvatore, attraverso l'ampliamento del patrocinio a spese della collettività, aumentanto sia la piattaforma dei cittadini che ne possano fruire che i compensi.
Quando i problemi diventano grandi, noi italiani abbiamo poca fantasia, la soluzione è sempre quella : ci deve pensare lo Stato !
La crisi colpisce gli avvocati: 53 sospesi a Milano per non aver pagato l'iscrizione all'Ordine
Il presidente Giuggioli:
"Sono ancora tantissimi, forse troppi, i giovani che scelgono
giurisprudenza e poi si avviano verso una professione che però sta
diventando sempre più dura e difficile"
di EMILIO RANDACIOIl recordman dei ritardatari è sospeso dal 26 giugno 2010. Da allora l'avvocato X non ha più versato un centesimo di iscrizione all'Albo del suo ordine professionale. E da quel giorno il suo nome è tra i "sospesi". Niente professione, fino a quando non salda il conto. In fondo basterebbe versare 251 euro per ogni anno saltato. Ma nel periodo della crisi, della grande depressione, il lavoro non è un problema solo per gli operai, i neolaureati, gli aspiranti artigiani. No. Anche tra i cosiddetti colletti bianchi la recessione si fa sentire sempre di più. "Certo - ammette il presidente dell'Ordine di Milano, Paolo Giuggioli - anche questo è il sintomo di una professione che sta vivendo la crisi economica".
Nella bacheca dell'Ordine, fino a qualche mese fa, erano inseriti solo i nominativi dei legali che subivano una radiazione, una sospensione, o addirittura una cancellazione. Dietro c'erano disavventure con la giustizia, in alcuni casi arresti, in altri, molto più banalmente scorrettezze professionali, atteggiamenti con i clienti poco o per nulla deontologici. I sospesi per il mancato versamento della quota annuale di iscrizione all'albo erano una prassi quasi sconosciuta. "Ora no - ammette Giuggioli - ora anche fra i colleghi c'è chi ha serie difficoltà a versare la quota annuale. Ma noi non possiamo fare altrimenti, applichiamo semplicemente la legge".
Che non sia una semplice dimenticanza, è dimostrato dall'iter che segue in queste circostanze l'Ordine. Nel caso un avvocato dimenticasse per una umanissima svista un versamento, l'Ordine dopo alcuni mesi invia una raccomandata in cui comunica che se entro 30 giorni non fa fronte all'onere, scatta la sospensione automatica. Che significa? Fino a quando non vengono versati i 251 euro, nessun atto può essere firmato - pena la sua decadenza - nessuna udienza può essere seguita. La professione viene di fatto congelata. L'ultimo aggiornamento - che risale al 26 settembre scorso - riferisce di 53 avvocati, la maggioranza civilisti, sospesi in base a una legge che risale al 1949. Qualcuno dirà un'inezia, rispetto ai circa 20mila professionisti iscritti. Vero. Fino a pochi mesi fa, però, queste sospensioni si contavano sulla punta delle dita.
"È un termometro che rispecchia perfettamente l'andamento della professione oggi - prosegue Giuggioli - Vengono all'Ordine ogni giorno un numero crescente di colleghi disperati, che ci dicono che non hanno più lavoro. Chiedono consigli, un aiuto". E se le cose non cambieranno, anche per i giovani aspiranti avvocati il futuro sarà nero. "Sono ancora tantissimi, forse troppi, i giovani che scelgono giurisprudenza e poi la carriera di avvocato - conclude il presidente dell'Ordine - Ragazzi anche di 28 anni, quasi sempre preparati, che però non si accorgono che la professione sta diventando sempre più difficile e dura".
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