mercoledì 8 ottobre 2014

JOB ITALIA. COME E PER CHI FUNZIONA


In un altro Post ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/il-job-italia-lo-studio-di-ricolfi-per.html ) abbiamo illustrato l'idea del JOB Italia così come la presenta il suo pricipale ideatore, Luca Ricolfi 
In questo riportiamo una scheda esemplificativa, assai più sintetica, su come il sistema dovrebbe funzionare, i suoi costi, a chi si applica e le sanzioni per combattere i sempre possibili abusi.

Job-Italia, un meccanismo che non costerebbe nulla allo Stato


L’idea generale  
L’idea del job-Italia è di consentire alle aziende di creare nuovi posti di lavoro, e ai lavoratori di percepire l’80% del costo aziendale anziché il 50% circa come attualmente succede per la maggior parte dei contratti (vedi grafico). Questa presentazione illustra solo alcuni principi generali, che richiedono di essere tradotti in un disegno di legge. 

Come funziona  
Fatto 100 il costo aziendale, il netto percepito in busta paga è pari a 80. Simmetricamente: fatto 100 il netto in busta paga, il costo aziendale è 125. La differenza fra costo aziendale e netto in busta paga viene automaticamente destinata a due impieghi: 
a) pagamento integrale dell’Irpef dovuta 
b) contributi sociali a Inps e Inail 
L’importo versato a Inps e Inail è esattamente pari alla somma che rimane dopo il pagamento integrale dell’Irpef. La retribuzione netta in busta paga non può essere inferiore a 10 mila euro l’anno (il job-Italia non è un mini-job alla tedesca) e non può superare i 20 mila euro l’anno. 
Un esempio  
Con il job-Italia più povero (10 mila euro annui netti in busta paga) il lavoratore percepisce 12.500 euro lordi così suddivisi: 10.000 in busta paga, 700 pagamento Irpef, 1.800 accantonati a fini pensionistici (Inps).  
Il costo aziendale è 12.500 euro. Il lavoratore percepisce subito, in busta paga, 10.000 euro, ossia l’80% del costo aziendale.  
I contributi sociali mancanti vengono pagati dallo Stato. 
Il job-Italia si finanzia da sé  
Si potrebbe pensare che il job-Italia riduca il gettito della Pubblica Amministrazione, visto che il nuovo contratto abbatte fortemente i contributi sociali, che corrispondono a circa il 30% delle entrate totali. Ma non è così. Per capire perché, bisogna considerare due circostanze. 
La prima è che i posti di lavoro incrementali (creati da aziende che aumentano l’occupazione) sono una frazione molto modesta delle assunzioni totali, che nella stragrande maggioranza dei casi sono semplici rinnovi di contratti precedenti o sostituzioni di lavoratori andati in pensione. Questo significa che l’eventuale perdita di gettito riguarda comunque una frazione modesta delle assunzioni totali. Giusto per dare un ordine di grandezza: i posti di lavoro incrementali sono 3-400 mila all’anno, su un totale di 10 milioni di assunzioni.  
La seconda circostanza da considerare è che ogni nuovo posto di lavoro genera un valore aggiunto, di cui il salario è solo una componente. Su quel valore aggiunto non gravano solo i contributi sociali (che con il job-Italia si riducono fortemente), ma anche tutte le tasse che, come cittadini e come aziende, normalmente paghiamo alla Pubblica Amministrazione: Irpef, Iva, Ires, Irap, solo per menzionare le quattro più importanti. E le tasse, con il job-Italia, non spariscono affatto, e pesano molto di più (fra il doppio e il triplo) dei contributi sociali. Per capire come mai il job-Italia aumenta il gettito, facciamo un esempio concreto, il più prudente possibile, dove per “prudente” intendiamo il più pessimistico per le entrate della pubblica Amministrazione. In questo scenario il moltiplicatore del job-Italia, che dalle nostre ricerche risulta 2.64, è ridotto a 2, e la quota del gettito contributivo sulle entrate totali è posta eguale a 1/3.  
Per fissare le idee, supponiamo che non ci sia il job-Italia e che le imprese che aumentano l’occupazione creino 100 mila nuovi posti di lavoro (scenario 0). In questo caso la Pubblica Amministrazione incasserà circa 1 miliardo di euro in contributi sociali e circa 2 miliardi di euro sotto forma di altre tasse. 
Proviamo ora a introdurre il job-Italia (scenario 1). I nuovi posti di lavoro passano da 100 a 200 mila (perché la reattività delle imprese è 2), il gettito contributivo diventa molto piccolo (per semplicità lo poniamo eguale a zero), mentre il gettito delle altre tasse passa da 2 a 4. 
Dunque, prima la Pubblica Amministrazione incassava 1 miliardo di contributi e 2 di altre entrate, ossia 3 miliardi. Ora incassa 4 miliardi (di entrate non contributive), dunque 1 miliardo in più. Che fare? 
La soluzione più semplice è usare 2 dei 4 miliardi per assicurare una contribuzione piena a tutti i lavoratori con-job-Italia, che nel frattempo sono passati da 100 a 200 mila, e quindi non costano 1 miliardo di contributi ma ne costano 2 (scenario 2). Quel che avanza, 2 miliardi, è esattamente eguale a quel che la Pubblica Amministrazione incassava prima, sotto forma di altre entrate. 
L’unica differenza fra lo scenario 0 (senza job-Italia) e lo scenario 2 (con job-Italia e redistribuzione del gettito) è che ora abbiamo 100 mila posti di lavoro in più, tutti perfettamente tutelati come prima.  
Quali aziende possono attivarlo  
Il job-Italia è un contratto riservato alle aziende, di qualsiasi forma giuridica, che incrementano il numero di occupati. Per lavoratori “occupati” si intendono i lavoratori dipendenti in senso proprio (compresi gli apprendisti) e i CoCoPro; dal computo degli occupati sono invece esclusi gli stagisti e le partite Iva. 
Il nuovo contratto può essere attivato per un numero di lavoratori pari all’incremento occupazionale annuo. Se, ad esempio, fra il 2014 e il 2015 un’azienda passa da 10 dipendenti a 12 può attivare 2 job-Italia, perché ha incrementato l’occupazione di 2 unità. Dopo il primo anno il job-Italia può essere rinnovato per un periodo massimo di 3 anni, purché l’azienda che nel primo anno ha aumentato l’occupazione non la diminuisca nel periodo di rinnovo del job-Italia. 
Durata del contratto  
Il job-Italia è un contratto a tempo determinato o a tempo indeterminato con durata minima di 1 anno. Nel caso esso sia a tempo determinato la sua durata massima è di 4 anni. Nel caso sia a tempo indeterminato, al temine del 4° anno si trasforma automaticamente in un contratto ordinario a tempo indeterminato, con tutti gli oneri connessi. 
Quali lavoratori possono usufruirne  
Il job-Italia non è riservato a categorie particolari di soggetti. Chiunque può essere assunto con il job-Italia, anche da aziende differenti in periodi differenti. 
L’unico caso in cui un lavoratore non può essere assunto con un contratto di job-Italia è quello in cui abbia già usufruito di uno o più contratti job-Italia per un periodo complessivo superiore a 3 anni (in tal caso aggiungere 1 anno ai 3 anni passati farebbe sforare il tetto complessivo dei 4 anni). 
Sanzioni contro l’uso improprio  
La legge prevede sanzioni nel caso di uso improprio del job-Italia. Per uso improprio si intendono tutti i casi nei quali l’incremento occupazionale è fittizio. Ad esempio: la singola azienda aumenta l’occupazione ma una o più aziende “cugine”, controllate dal medesimo soggetto, la riducono; l’azienda riduce l’occupazione nell’anno t, per poterla aumentare nell’anno t+1 usufruendo del job-Italia; eccetera. 
Estensioni  
Nulla impedisce di estendere il job-Italia alle imprese di nuova costituzione. In questo caso il legislatore dovrà essere particolarmente attento ad evitare gli abusi.  
Si può prevedere, ad esempio, che nel caso delle aziende di nuova costituzione, il job-Italia possa essere attivato solo se l’azienda assume un soggetto alla sua prima occupazione o un lavoratore non occupato da almeno 1 anno, in modo da evitare il caso di aziende che chiudono e rinascono al solo fine di usufruire del job-Italia.  
Lo scopo fondamentale del job-Italia, infatti, è quello di creare nuova occupazione.

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