domenica 9 novembre 2014

GRAMELLINI, I GIUDICI ED IL CANE DI PAVLOV


 Uno dei cani di Pavlov con impianto di cannula per misurare la salivazione (Pavlov Museum, Ryazan, Russia, 2005)

Molte persone apprezzano Gramellini. Ne leggono gli articoli - spesso si tratta di "pillole", a volte i libri, lo seguono in tv da Fazio.
Personalmente non sono tra queste, anche se talvolta ho condiviso qualche sua esternazione.
Lo reputo un piacione, uno di quelli che sa come accerezzare il pelo e la pancia di un certo pubblico, di fatto dando loro voce. Avete presente quella sensazione per cui uno che fa fatica a mettere tre parole in riga, si esalta nel leggere un articolo che riflette esattamente il suo pensiero ?? Quel senso di gratificazione che viene pensando : oh, ma questo è esattamente quello che volevo dire io !
Ecco, Gramellini fa questo, per lo più.
Almeno, questa è l'idea che ho di lui.
Facci ieri lo ha attaccato accusandolo di scarso coraggio (in realtà il giornalista usa parole più dure...) nei confronti dei magistrati, ancora oggi che, non essendo più in corso la guerra Berlusconi - Toghe, un atteggiamento meno azzerbinato nei confronti della casta tribunalizia sarebbe meno traumatico. 
Con il suo solito sarcasmo Facci ricorda al collega che proprio in questi giorni, nei quali Gramellini finalmente scopre che solidarizzare a prescindere con i magistrati non è più obbligatorio (veramente non lo era nemmeno ieri, ma si sa, c'era il problema B), sono uscite le notizie - non da tutti i giornali riportate - di diverse assoluzioni scottanti, per via della pena preventiva scontata dai riconosciuti innocenti. 
Ebbene, non è a questi casi (Caltagirone, Alcamo, Zornitta)  che Gramellini fa riferimento per prendersela coi giudici italiani. Anzi, in realtà sono proprio i giudici italici ad essere ignorati, ché Gramellini ce l'ha con quelli portoghesi, rei di non so bene cosa ! 
Pur disapprovando, se po' capì : come fai dopo 20 anni a iniziare a criticare in modo obiettivo i magistrati ?
A parte il coraggio - che chi non ce l'ha non se lo può dare, notoriamente - ma poi è una questione di riflesso pavloviano : il cane di pavlov, a forza di vedere che al suono di un campanello seguiva la carne, iniziò a produrre salivazione non appena sentiva quello scampanellio. Si chiama riflesso condizionato, ed è lo stesso per il quale, per certa gente, per 20 anni, i magistrati avevano sempre ragione. Adesso si vorrebbe cambiare, ma come si fa ??





Filippo Facci contro Gramellini: con i giudici "paraculo" e "appecoronato"

Filippo Facci contro Gramellini: con i giudici "paraculo" e "appecoronato"

Senti Massimo Gramellini, noi ti vogliamo bene: e allora dài, non farci incazzare. Se vuoi fare il Biagi del 2000 accomodati pure, no problem, ma delimita almeno la tua paraculaggine, datti un limite. Il tuo rubrichino sulla Stampa, ieri, diceva così: "Una delle cose che non perdonerò mai a Berlusconi è di averci costretto per vent’anni a solidarizzare con una categoria, i magistrati, che era sempre stata una delle più invise ai cittadini comuni".
Anzitutto, domanda: parlavi a titolo personale o a nome dei cittadini comuni? No, perché prima hai scritto "non perdonerò" e poi hai scritto "averci costretto": se il tuo è un travaglio interiore allora d’accordo, ma se cominci a fare il portavoce generale dei cittadini qualche problema c’è. Diciamo che sarebbe meglio se parlassi per te e per voi, Gramellini, perché vedi, in Italia c’è gente che aveva a cuore la giustizia addirittura prima della discesa in campo del Cavaliere, cittadini che si sono permessi, in tutti questi anni, di non forzarsi a "solidarizzare coi magistrati" soltanto perché l’aria che tirava era quella, o soltanto perché dall’altra parte, in effetti, mentre la giustizia continuava a fare schifo, c’era Berlusconi.
C’era persino gente, sai, che non era appecoronata e che semplicemente non si arrendeva all’onnipotenza della magistratura, categoria che in questi vent’anni ha pattinato alla grande sull’olio del conformismo: hai presente? E il bello è che questo conformismo paraculo oggi resiste e lotta insieme a noi, anzi, insieme a voi, e sai che cosa lo dimostra? Proprio il tuo rubrichino di ieri. A che titolo, infatti, dicevi che la magistratura ora si può criticare? Con chi ce l’avevi, con chi sei andato a prendertela? Ieri c’era l’imbarazzo della scelta. C’era quel manovale di Alcamo che è stato incarcerato ingiustamente per 22 anni (non è un refuso: 22) e che ora ha chiesto un risarcimento di 56 milioni allo Stato: ma la tua Stampa non ha neanche dato la notizia, forse l’aveva già data in precedenza, boh. Oppure c’era il racconto allucinante di Elvo Zornitta, il falso "Unabomber" che ha impiegato 10 anni a ottenere giustizia: ne ha scritto il Corriere della Sera sempre ieri. Oppure, chessò, c’era il caso del manager Silvio Scaglia a cui persino il Fatto Quotidiano, ancora ieri, ha lodevolmente dedicato una pagina intera: un anno di detenzione, milioni di euro in spese legali, assolto in primo grado con formula piena. Poi, se avessi aspettato qualche ora, Gramellini, avresti potuto scrivere dell’assoluzione del costruttore Francesco Caltagirone, rimasto in galera per 9 mesi: insomma il materiale non manca e ieri non mancava.
C’è chi se ne occupa da vent’anni e oltre, c’è chi si è beccato, perciò, le pernacchie e lo snobismo di quei forcaioli e conformisti che Berlusconi nello stesso periodo ha "costretto" a solidarizzare sempre e comunque coi magistrati, anche controvoglia, che fatica, eh? Ma ora è finita, Berlusconi è stato infilzato: ed ecco che tu, Gramellini, non sei più ostaggio del cui prodest, sei finalmente libero di scaraventarti contro i magistrati negligenti: quelli di Lisbona. Sì. Dopo aver premesso che Berlusconi per vent’anni vi aveva rattrappito le coscienze, Gramellini, ieri te la sei presa col Tribunale Supremo di Lisbona (Portogallo) per la faccenda di una signora a cui i medici avevano reciso un nervo e insomma non poteva più godere sessualmente.
Par di capire, caro Enzo, che sui giudici italiani non avevi trovato niente: non ieri, e neppure - per colpa di Berlusconi - negli ultimi vent’anni. Ma coraggio, la ricerca continua.

di Filippo Facci

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