Un'autentica intemerata quella di Davide Giacalone contro l'ultima iniziativa demagogica e populista del presidente del consiglio, che, se continua così, da Renzino - diminutivo vagamente sfottente - diventerà RONZINO, per l'efficacia della sua falcata governativa.
L'articolo è stato scritto in occasione del consiglio dei ministri che ha varato le nuove norme anticorruzione. La Legge Severino, scritta piuttosto male, come abbiamo visto, con spunti di anticostituzionalità, sfuggiti quando riguardavano Berlusconi ma individuati quando per le pesti era Giggino De Magistris, folcloristico sindaco di Napoli, non aveva lo stesso scopo ? Ah, ci fa sapere Giacalone ( ma era intuibile anche da soli, pensandoci) che nel mondo si domandino, con tutta questa attività normativa contro la corruzione, se da noi prima fosse lecita...
Sappiamo come funziona. Le leggi ci sono, ma i malandrini continuano a delinquere. Qualcuno osserva che forse il problema non sta nell'entità della pena, quanto nell'inefficienza del sistema, per il quale corrotto e corruttore sperano di farla franca, con buoni motivi. Come scriveva giustamente proprio ieri Michele Ainis ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/12/se-35000-fattispecie-di-reato-o-8000.html ), 8 o 10 anni, in questo caso, che cambiano ?
I nostri governanti, e Renzi non si sottrae al malcostume, anzi, sono come quei genitori che constatando che intimando ai figli piccoli di fare una certa cosa non ottengono risultati che soluzione adottano : ripetono il comando, solo alzando progressivamente, e istericamente, la voce. Non devono aver letto quel passo illuminante di Einstein : vera prova di insanità mentale è ripetere continuamente la stessa condotta pensando che il risultato prima o poi cambierà.
Parole durissime, e sacrosante, anche per la prescrizione.
In un paese dove i processi sono interminabili, che ti fanno quei geni del governo ? Ne allungano sine die la durata, eliminando anche la loro interruzione per eccesso di tempi.
Da "fine pena mai" a "imputato per sempre".
La gente plaude queste minchiate del demagogo di turno, pensando che tanto a loro non toccherà mai di essere indagati e imputati...
Sicurezza stupida, ché, con 35.000 fattispecie di reato, la querelite imperante, la litigiosità acuita dalla rabbia da benessere svanito, è un soffio finire nel cassetto sbagliato della legge.
Pena e antipolitica
Invocare l’inasprimento delle pene è antipolitica. Considerandosi tale non il misurarsi di opinioni e proposte diverse, ma lo spararle rumorose per attirare l’attenzione e il consenso, ben sapendo che quel che si strombazza è del tutto inutile a risolvere quale che sia problema. Anzi, li aggrava. Oggi il Consiglio dei ministri ha in programma il fare le pernacchie a Cesare Beccaria e le boccacce ad Alessandro Manzoni. Che s’ha da fa’, per cavalca’ il populismo. Ma, occhio, perché qui il renzismo, evoluzione senile del berlusconismo, smentisce sé stesso e si genuflette al suo opposto.
Che aumentino le pene per i corrotti. Certo, come no, e vada a farsi benedire il “Dei delitti e delle pene”: disincentiva dal delinquere non l’enormità della pena, ma la certezza di doverla scontare. Che si urli contro la corruzione, invocando leggi che siano grida, o controllori unici che storcono il diritto anziché rafforzarlo. Si proclami la condanna universale del male, che tanto se ne frega, perché non funziona la sola cosa che potrebbe incutergli timore: la giustizia. Poi si chieda, con immediatezza, alcune cose fondamentali: il pignoramento dei beni provento di reato e la possibilità che il patteggiamento comporti la galera. Il che è già previsto dalla legge, è già nel nostro ordinamento. Ma le parole e i toni contano più dei fatti, tanto che giuristi insigni (mi riferisco a Sabino Cassese) fanno finta di non sapere quel che sono tenuti a sapere: c’è di già, quel che si chiede. E, del resto, se il patteggiamento non porta ad una pena inferiore di quella prevista con una condanna allora nessuno patteggia, il che arreca un danno alla giustizia. Nei sistemi che funzionano i processi sono l’eccezione e il patteggiamento la regola. Da noi si disincentiva un patteggiamento che tanto pochi fanno, perché chi è veramente colpevole spera sempre che il processo si suicidi, grazie alle accuse grossolane e i tempi da bradipo.
E allunghiamo la prescrizione. Sì, perché non basta sputare in faccia a Beccaria e Manzoni, svillaneggiamo anche Cicerone. Basta con il passato, innoviamo. E rutto libero. Quindi: è vero che l’Italia ha processi incivilmente lunghi, ma noi, come soluzione, allunghiamo i tempi entro cui possono celebrarsi. Così procedendo aboliremo anche alcolizzati e drogati, innalzando la dose minima che ciascuno può assumere. In fondo già facciamo così con il debito: come si combatte il debito patologico? Aumentando il deficit, quindi il debito. Non fa una grinza. E vada a farsi benedire la civiltà del diritto, secondo cui è intollerabile che lo Stato tenga sotto processo eterno quelli che manco riesce a condannare. Non lo sapevate? La prescrizione è un principio avverso al dispotismo e alla statolatria. Ed è antipolitica cercare di abbatterlo chiamando alla rivolta smutandata contro i malfattori. E’ antipolitica da malfattori.
Quando si discuteva la legge Severino i giornali italiani titolavano a tutta pagina sull’urgenza di una legge contro la corruzione. Mi capitò, in giro, per il mondo, di sentirmi domandare: ma da voi, la corruzione era consentita? No, cribbio. Il diritto romano lo scrivevamo quando voi viaggiavate sulle liane! Sono queste cretinate a diffondere l’idea di un’Italia senza legge, senza diritto e senza testa. Comunque: era appena ieri. Ora s’inventano le pene severe, la prescrizione lunga, il pignoramento dei beni, il patteggiamento con galera. Analfabeti: c’è già tutto. Oh, per essere onesti: si sono inventati l’autoriciclaggio. Scommetto che si accorgeranno della bischerata: i proventi di reato sono già sequestrabili, senza bisogno d’istituire il reato di tentativo d’occultamento del reato. Due reati per un solo atto. Vedrete il casotto. Ma si punta al ruggito: facciamogliela pagare. A chi? A quelli che mi hanno fatto eleggere. Anzi no, sono pulito, non mi hanno mai eletto.
E che c’entra il renzismo? C’entra. Disse: riformeremo la giustizia, cominciando dal civile, ma anche nel penale. Disse: basta casi come quelli di Silvio. Bella battuta, per dire Scaglia. Ora Scaglia lo vuole processare per venti o trenta anni, considerando troppo poco l’anno di galera che gli hanno fatto fare da innocente (che è poi il morivo per cui ai patteggiamenti non segue la cella: c’è già stata prima). Meno la procura avrà prove e più proverà ad allungare il processo. Silvio lo crocifiggono, così. Troppa grazia? Vabbe’, lo bruciano a Campo de’ Fiori.
Suppongo che non saranno pochi quelli che storceranno la bocca, nel leggermi deprecare l’aumento delle pene e l’allungamento della prescrizione. Saranno tanti. A quei tanti pensa e parla Matteo Renzi, che in questo frangente ricorda i peggiori prodotti del politicantismo demagogico. Padre dell’antipolitica.
LUDOVICA GIORGI
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