Francamente, ero un po' indeciso se postare l'intervento settimanale di Piero Ostellino, che non mi ha particolarmente coinvolto. Non che scriva cose banali o non condivisibili. Ma l'ho trovato un po' "debole", uno sfiorare temi complessi e importanti, per poi lasciarli lì, senza approfondirli.
Insomma, più un articolo figlio dell'obbligo di riempire la rubrica del sabato.
Per carità, la mia è solo una sensazione personalissima, però mi induceva a non metterlo sul Blog.
Poi ho pensato che diversi lettori (alcuni me lo hanno simpaticamente scritto) sono ormai abituati a questo appuntamento, l'"angolo" di Ostellino sul Camerlengo...e allora eccolo qui.
Buona Lettura
È anche colpa nostra
se lo Stato non funziona
È difficile seguire i dibattiti alla tv — dove tutti parlano all’unisono per dire le stesse cose di certi sprovveduti avventori del bar Commercio — o leggere i giornali, che grondano buonismo fuori dalla realtà e/o scrivono solo delle beghe di Palazzo. Sono convinto che anche gli italiani e il loro sistema informativo siano fra i responsabili delle molte inefficienze pubbliche. La funzione dei media, in una democrazia rappresentativa, quale è la nostra, è (dovrebbe essere) quella del cane da guardia del sistema politico. Ne dovrebbero rilevare, e denunciare, carenze e distorsioni soprattutto quando si riflettono sulla vita delle Persone. Ma, a parlare della centralità e della sacralità della Persona è stato, davanti al Parlamento europeo, solo un Pontefice di matrice terzomondista. La ragione per la quale, da noi, si comprano, e si leggono, sempre meno i giornali è probabilmente che non si occupano delle libertà del cittadino, ma unicamente del Palazzo, che ne è responsabile, e delle sue beghe.
Dalle Commissioni parlamentari sono sfornati, quasi quotidianamente, leggi e regolamenti che paiono fatti apposta per rendere difficile la nostra vita. Mi chiedo se chi le pensa, le approva e le applica, ne conosca le conseguenze. Il legislatore e il burocrate sembrano, da noi, totalmente privi di etica della responsabilità, cioè della consapevolezza degli effetti che ha il loro operato. Eppure, chi fa politica o fa il burocrate, dovrebbe chiedersi se le leggi che approva, e applica, siano giuste. È, perciò, inutile prendersela con la politica se, poi, chi ne fa le spese, i cittadini, non se ne fa parte in causa. Se lo Stato si sta sfaldando; se nella Pubblica amministrazione è in corso una deriva autoritaria e non pare ci sia rimedio, la responsabilità è anche di noi cittadini e di noi giornalisti.
È in crisi la convivenza civile. «Per Stato — aveva scritto Jean Bodin — si intende un governo giusto che si esercita con un potere sovrano su più famiglie e su tutto ciò che esse hanno in comune fra loro». Era l’idea di Stato che si aveva ai suoi tempi. Ma non pare essere questo il modello di governo giusto col quale abbiamo oggi a che fare. I francesi, forse grazie alla Rivoluzione, hanno forte la consapevolezza dei propri diritti. In Italia, la sensazione è che i cittadini percepiscano i propri diritti o come privilegi clientelari o come qualcosa di estraneo alle loro vite. Vogliamo rifletterci tutti quanti?
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