mercoledì 31 dicembre 2014

MEGLIO LA RUSSIA DEGLI STATI UNITI ?



Si torna ai tempi della guerra fredda ? Con USA e Occidente da una parte e la Russia, non più URSS,  dall'altra ? Ma, soprattutto, è veramente possibile che, passata la sbornia idelogica del comunismo al potere, ci sia tanta gente che preferirebbe un'egemonia russa in Europa ? Nel suo editoriale odirno il prof. Panebianco risponde a queste inquietanti quesiti.


 L’antico gioco dell’Egemonia sull’europa di Angelo Panebianco



 Putin ha varato la nuova dottrina militare della Federazione russa in sostituzione della precedente, del 2010. Già allora veniva contestata l’architettura della sicurezza globale in polemica con gli Stati Uniti. Ora, con la crisi ucraina, ciò che era implicito o più sfumato è diventato esplicito. La Nato è il nemico. E gli Stati Uniti sono una minaccia incombente grazie al Prompt Global Strike , il programma americano di difesa che prevede contrattacchi fulminei, e allo scudo antimissili in Europa. Putin fa sul serio. Si è ricostituita una permanente rivalità politico-militare.
La nuova dottrina rispecchia i sentimenti russi: senso di accerchiamento, orgoglio nazionalista, volontà egemonica. Chi spera di tornare ai tempi del vertice di Pratica di Mare (anno 2002), ai rapporti di amicizia fra russi, americani ed europei, sbaglia.
L’imperialismo russo torna ad essere una minaccia per le Cancellerie occidentali proprio come lo fu, nell’Ottocento, dopo il logoramento del Concerto europeo (l’intesa fra le grandi potenze che seguì alla sconfitta di Napoleone). In Ucraina la guerra continua. È detta di «bassa intensità» e ha già fatto migliaia di morti. Quando il sangue scorre nulla può tornare come prima. È nel giusto chi dice che sull’Ucraina bisogna arrivare a un compromesso (che, tuttavia, non farebbe venir meno il gelo russo-occidentale). Le ragioni sono tre. La prima è che in Ucraina l’Occidente non può vincere. La seconda è che non si può lasciare aperta una ferita sanguinante che minaccia di sfuggire al controllo.

Quando Putin dice che potrebbe prendersi Kiev in due settimane dice il vero. Ma non dice che in tal modo ci porterebbe sulla soglia di una guerra nucleare. La terza ragione è che, con la ferita ucraina sempre aperta, la Russia è spinta fra le braccia della Cina e offrire un tale vantaggio ai cinesi non è saggio.
Serve un compromesso che dia garanzie di autonomia ai russofili dell’Ucraina dell’Est, ma anche garanzie di legami con l’Occidente alla maggioranza ucraina. Nessun compromesso può reggere se calpesta le aspirazioni delle persone. Perché ci si arrivi occorre che gli occidentali sappiano usare fermezza. Senza di che, Putin può pensare di ottenere comunque ciò che vuole.
Ma gli europei sono divisi. Da un lato, c’è la Gran Bretagna, con gli scandinavi, i baltici e gli altri Paesi ex comunisti che invocano la linea dura. È vero che la Gran Bretagna è allineata agli Stati Uniti, ma sta anche giocando un ruolo che le è congeniale e che ha svolto per secoli: di contrasto alle minacce egemoniche continentali. Ci sono poi, allineati agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, quelli che stavano sotto il tallone sovietico e che odiano e temono i russi. Chi può dar loro torto?
Al polo opposto, rispetto al partito della fermezza, troviamo l’Italia, la più morbida con Putin. Non sarà l’antico «Franza o Spagna» ma un po’ vi somiglia: le sanzioni ci danneggiano, dobbiamo accordarci ad ogni costo, e tanti saluti alla Crimea e al resto. In mezzo, con diverse sfumature, stanno i restanti Paesi europei. Ma se si vuole un buon compromesso sull’Ucraina, la compattezza è d’obbligo.
In una prospettiva più ampia, non dovrebbe sfuggire che siamo ora tutti impegnati in un antico gioco, che ha per posta l’egemonia sull’Europa. Gli europei non si unificheranno politicamente molto presto (se mai lo faranno). Il che significa che anche in futuro avranno bisogno, per la loro sicurezza, di un Lord protettore. Ci sono forti correnti di simpatia per Putin in Europa, ci sono europei che troverebbero accettabile sostituire la Russia agli Stati Uniti nel ruolo di Lord protettore.
Era ciò che volevano anche i filorussi occidentali ai tempi dell’Urss. Si pensi all’ultimo grande braccio di ferro (anni Ottanta): sulla questione dei missili Cruise e Pershing che gli occidentali decisero di schierare per riequilibrare i missili sovietici. C’era il rischio di un possibile decoupling (il distacco dagli Stati Uniti) e della «finlandizzazione» dell’Europa. Ciò che appunto volevano coloro che riempivano piazze e strade europee contro gli euromissili.
I filorussi di oggi non hanno le motivazioni ideologiche di un tempo (se ne trovano a destra come a sinistra) ma mantengono una forza ragguardevole. In forme mutate, decoupling e «finlandizzazione» restano sullo sfondo. Anche se la Russia è economicamente debole, la sua forza militare e le sue dimensioni, a fronte di un’Europa disunita, non lasciano dubbi su chi condizionerebbe maggiormente chi, una volta consumato il distacco fra Europa e Stati Uniti.
C’è una relazione che dovrebbe essere evidente (ma non lo è per tutti) fra il ritorno dell’autoritarismo in Russia e il ritorno dell’imperialismo russo. L’autoritarismo di Putin ha risuscitato il nazionalismo (garanzia di continuità e di durata del suo potere) e le tradizionali visioni e ossessioni geopolitiche della Russia zarista e poi sovietica. Vero che ci sono stati errori occidentali (nella vicenda ucraina e non solo), vero che il comportamento di Putin ha anche giustificazioni dovute al fatto che l’Occidente ne ha a lungo sottovalutato le esigenze. Ma, ciò riconosciuto, resta il legame fra l’autoritarismo interno e l’aggressività in Europa.
Il gruppo di Gorbaciov fece la rivoluzione alla fine degli anni Ottanta perché, mirando alla democratizzazione dell’Urss, non temeva, a differenza dei predecessori, un attacco americano. Se così non fosse stato, non avrebbe mai accettato l’unificazione tedesca. Il senso di accerchiamento e la paura di (impossibili) attacchi occidentali a freddo, sono propri delle élite autoritarie russe, non di quelle democratiche.
È falso che la Russia sia oggi «fuori dalla storia». È invece un perfetto prodotto della propria storia. 

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